Docu, l'inizio

[Scena premio - Docu] [Zaho]

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    Anastasia De Lovest
    Athèleian | Golia | Walker | Chief
    Rita Ch'en
    Athèleian | Ricercatore | NPC

    — Covetousness, parchetto, 08.20 PM

    -Ma gli hai tirato un calcio nelle palle!-

    -E quindi? Mi ha toccato il culo! Cosa avrei dovuto fare?-

    -Non tirargli un calcio nelle palle ad esempio!-

    -Se è per questo anche te ti sei data il tuo bel da fare. Ma dove hai imparato certe mosse?-

    -Mia madre ha una palestra e insegna autodifesa. È lei che mi ha insegnato a difendermi.-

    -Dovrebbe farti un ripasso sulle parate. Fa ancora male l'occhio?-

    Rita prova ad avvicinarsi con la mano all'occhio destro di Anastasia, ancora coperto da uno strofinaccio bagnato e da una lattina di birra ghiacciata poggiata sopra.

    Sembra dispiaciuta per ciò che è appena successo e per il fatto che la sua amica l'abbia dovuta difendere dagli amici di quell'essere che le ha palato il fondoschiena. Non fosse stata per lei, è sicura che ne sarebbe uscita con più di una cacciata dal locale.

    Anastasia, di contro, non sembra capire l'intento di Rita e si ritira, facendo così ondeggiare la giostra a forma di citrus su cui è seduta a cavalcioni.

    I loro neri abiti da sera, così come il trucco, orecchini e i canini finti, fanno presagire che il parchetto dei bambini, ora popolato da persone intente a passare la serata a fare "la colla", non era la loro destinazione finale.

    -Sto bene, sto bene. Però potevi evitare di fare quella scenata. Quel locale mi piaceva...-

    -E dai, ora non farne un dramma. Siamo a Covet. Me lo hai detto te che ogni buco in questa metropoli tiene un bar o un locale. Ce ne saranno altri in cui potrai trovare... beh, quel che vuoi trovare, no?-

    -Sì, ma quel posto era speciale...-

    -Per?-

    -Per le serate a tema, i bagni spaziosi e puliti. Il bere economico. E i divanetti. Cazzo quei i divanetti...-

    Lo sguardo schifato di Rita quando nomina quei divanetti appiccicosi di sudore e di chissà cosa si contrappone al dispiacere di Anastasia, la quale continua ad ondeggiare sulla giostra.

    -Non è comunque questo il punto. È che sei troppo...-

    -Troppo?-

    -...-

    -...-

    -...-

    -Beh?-

    -Troppo! Devi imparare a rapportarti con le persone!-

    -Io so rapportarmi con le persone. Non vedi come mi rapporto bene con te?-

    -Sì, ma non esisto solo io su Atonement. Dai, la serata non è ancora finita! Stasera rimorchiamo qualcuno, promesso!-

    -Eh? Cosa? Ma chi se ne frega! Ehi Meccanolcina, dove stai andando? Ehi?!?!-

    Rita prova ad fermare Anastasia, ma è troppo tardi. Dopo che la contrabbandiera si è alzata dalla giostra ed essersi sistemata l'abito, si dirige a passo malfermo verso i locali dall'altra parte della strada.

    Vuoi per le scarpe col tacco, vuoi perché ha già bevuto un bel po', barcolla, ma rimane comunque molto più rapida di Rita, la quale è notevolmente più lenta su quei trampolini che l'amica le ha obbligato ad indossare.

    Con ancora la lattina di birra mezza vuota e lo straccio sul volto, si dirige dentro il primo locale che trova, senza leggerne insegna ne altro.

    In effetti, per quanto ne potrebbe sapere, se non fosse per il fatto che riesce ad entrare, potrebbe trovarsi pure in un appartamento privato, ma a questo non ci fa caso.

    Non nell'immediato, perlomeno.
     
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    «Se io metto questo qui... E aggiungo un po' di nitrato d'ammonio stavolta...»


    Rimugino, fissando il campione nel suo bel dischetto di vetro, nella speranza di osservare una reazione positiva.

    Mhm...

    No. Non sembra volerne sapere.

    Che cosa manca, allora? Non riesco a capirlo.
    Da un'ora e mezza.
    Contando solo oggi.

    Guardo l'orologio e sospiro, con il viso imbronciato, per poi rassegnarmi.
    Guardo di nuovo la pianta: la mia rassegnazione dura poco, il mio cervello si ostina a elaborare, a cercare una soluzione.
    Sbuffo ancora.

    «Basta. Ci penserò domani.»


    Come da un paio di settimane a questa parte, d'altronde. Ho provato di tutto, e ancora non riesco a entrare in sintonia con questo esemplare raro.

    Scuoto le spalle, scrollandomi di dosso tutti i ragionamenti e la leggera frustrazione, e pulisco il tavolo da laboratorio. Devo obbligarmi a smettere, fisicamente, rimuovendomi dallo spazio in cui mi trovo. Queste piantine non andranno da nessuna parte anche se le lascio qui, invece io devo andare altrove e non posso trattenermi un minuto di più.
    Cioè, posso, come ho effettivamente fatto nell'ultima mezz'ora, ma devo smetterla di trascorrere la mia vita in questa serra meravigliosa: ci sono altri esseri viventi, là fuori e non solo, a cui voglio dedicare la mia attenzione. A me stesso, per esempio: esattamente come questi vegetali, ho anch'io bisogno di nurtrirmi, di prendere luce e aria e acqua, come mi ripetono tutti sempre. Anche se è buio ormai, ma cena di certo non si fa da sola, né così la mia vita sociale! C'è festa, stasera! Ed io ho proprio tutta l'intenzione di divertirmi, con altri Redeemed come me: amici, colleghi, sconosciuti...

    Pregustando il futuro che mi aspetta nelle prossime ore, lascio quindi il mio posto di lavoro -in ordine- e torno a casa, dove mi premuro di mettere qualcosa nello stomaco e poi mi dedico a vestirmi.
    Il costume che ho personalizzato l'ultima volta dovrebbe andarmi ancora bene, ed in effetti così è: "peculiare", l'hanno definito; "audace", soprattutto, e non posso dar loro torto - girare a torso seminudo non è per tutti, questo è vero, ma trovo che il mio corpo faccia parte della maschera più del vestito stesso! C'è un'enorme bellezza nella natura, e noi ne facciamo parte a pieno titolo: perché mai nasconderci?
    Non ho mai compreso fino in fondo questa vergogna che la gente ha di sé stessa. Probabilmente non si ama abbastanza, questo ho sempre pensato.

    Mia pelle esposta a parte, il resto del vestito è abbastanza tranquillo; la cosa che veramente è inusuale sono i petali che porto sulla schiena: sembrano quasi delle ali, o un'aura di qualche sorta che mi fa da contorno, a seconda delle interpretazioni di chi mi guarda. Per me è palese che di tratti di un omaggio a Sievar, alla mia Origine, alla natura, alla sua bellezza - c'è chi si mette un bel fiore colorato tra i capelli, o all'occhiello, e chi li regala o li mette in un vaso a casa sua: io li porto sulla schiena, ne porto uno - vero, vivo, così da avere sempre con me una piccola parte della natura, rimanendoci a contatto anche nel mezzo delle metropoli.
    Ogni tanto faccio prorompere questi petali anche nei giorni normali, se sono dell'umore adatto! Così come giro a petto scoperto, anche se bisogna vedere l'ambiente dove si va, quanto e come gli altri reagiscono eccetera.
    Questo posto, e questa festività, per fortuna, mi permettono di fare molte cose, ed io per primo mi sento libero quindi. Libero di essere me stesso! Come tutti dovrebbero essere, fintantoché si è intrisi di amore - è questo ciò che deve alimentare le nostre azioni, ed i nostri pensieri! Ma c'è ancora fin troppa gente che vive nell'oscurità...

    Ma adesso sono qui, nella luce, e a questo voglio pensare. Circondato dai miei amici, e da un sacco di persone che non conosco: una festa pubblica, sì, ma peculiare come noi. Una festa un po' più raffinata del classico bar pieno di ubriaconi che si picchiano per un'occhiata fraintesa o per voler rimorchiare ad ogni costo la tipa sbagliata che -giustamente- non ne vuole sapere di te - e faceva bene!
    No, questa è una villa di una certa classe, una sorta di ballo in maschera vecchio stile, un salone sfarzoso e dorato dove ci si dà alla più pazza gioia ma in maniera più contenuta, elegante, gentile, galante, dignitosa. Appena si entra, si respira subito un'aria di decoro, eppure al contempo affatto snob: siamo tutti giovani, siamo tutti amorevoli, niente è veramente stucchevole, solo una farsa. È solo un revival di quell'atmosfera romanticizzata dei tempi andati, una serata a tema: nessuno di noi è veramente un nobile altezzoso e sdegnoso, che si sciocca alla vista dei "poveri" (con la "-y" alla fine, magari) o che esclude il prossimo. No, noi il prossimo lo accogliamo con calore, chiunque egli -o ella- sia, in qualsiasi modo si presenti.
    Come la ragazza che è appena entrata, dalla porta accanto a me: abiti eleganti, canini finiti, e uno straccio bagnato con annessa lattina sull'occhio, tenuti con una mano. Quest'ultimo elemento mi sorprende e non riesco a decifrarlo, o, per meglio dire, a dissipare il dubbio: fa parte del costume ed è una citazione che non colgo? Oppure è una di quelle occasioni ancor più degne di accoglienza a cui ho appena pensato, ovvero un tentativo alla ben'e meglio di porre rimedio ad un occhio nero? "Questa ragazza è appena stata aggredita?", mi chiedo, sentendo immediatamente rispondere il mio stomaco con un moto di sofferenza empatica e desiderio di "abbracciarla" e consolarla in tutti i modi che conosco.



    «Un bel fiore per una bella signora...! Benvenuta.»


    La accolgo con un sorriso sincero e voce flautata, cercando di trasmetterle tutto il calore che questa casa desidera far sentire, porgendole la rosa che ho fatto crescere dal nulla e concludendo con un ampio gesto dell'altro braccio per invitarla ad entrare.

    «Mettiti pure a tuo agio e chiedi tranquillamente a me per qualsiasi necessità: per questa serata faccio io gli onori di casa. Posso portarti qualcosa, da bere o da mangiare, intanto?»


    Sorrido di nuovo, dolce, cordiale, di cuore, sì, in attesa della sua risposta, pronto ad aiutarla a creare il suo benessere. Per quell'occhio, poi, non voglio sembrarle inopportuno: non c'è fretta, credo -spero!-, prima di tutto voglio che si senta tranquilla e al sicuro, e dopo ci occuperemo anche di quella ferita, eventualmente, se non fa parte del travestimento e se lei lo desidera - anche se la tentazione di curarla a prescindere e immediatamente è fortissima!
     
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    Anastasia De Lovest
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    Rita Ch'en
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    — Covetousness, festa privata, 08.30 PM

    Anastasia rimane imbambolata a guardare quello che immagina sia il maître, d'imbarazzo e disorientata. Benché senta di essere nel posto sbagliato, non le viene in mente di ritornare sui propri passi.

    Non sa nemmeno lei bene il perché. Forse per l'alcool, forse per l'accoglienza appena ricevuta e la rosa che si ritrova in mano o per il fatto che è letteralmente in soggezione da quei pettorali.

    E che pettorali! Sembrano aver vita propria!

    Preme di più la lattina sull'occhio pesto, cercando refrigerio da quella vampata di calore improvviso e balbetta, completamente nel pallone:

    -G-grazie. Sei anche te sul menù per caso?-

    Inizia poi a ridacchiare nervosamente e prova a distogliere lo sguardo dal suo petto, non riuscendoci purtroppo. L'unica cosa che la riporta dalla realtà è un braccio che la tira via da quell'uomo e la vista di Rita, che la guarda truce negli occhi.

    -Un minutino e te la restituisco, ok?- liquida rapidamente l'uomo e poi ritorna a guardarla negli occhi, parlando a voce bassa -Ma che ti è venuto in mente? Vuoi forse farmi morire?-

    -Eh? Cosa?-

    Anastasia risponde, sempre bisbigliando.

    -Ma ti pare il caso di correre via così?-

    -Ma io non stavo correndo. Stavo camminando. Sei te sei che lenta.-

    -E chissà perché. Comunque non posso lasciarti sola due minuti, eh?-

    -Hai visto che manzo? Come sto? È ancora gonfio?-

    A quel punto Anastasia abbassa lo straccio e Rita guarda con un po' di disgusto l'occhio.

    -Urgh-

    -Sono messa davvero così male? Quanto?-

    Rita a quel punto tira fuori dalla borsetta uno specchietto e mostra ad Anastasia lo straccio, mostrando l'ematoma e l'occhio che lacrima, incapace di rimanere completamente aperto. La contrabbandiera a quel punto copre subito il tutto e inizia a guardarsi attorno, allarmata, alla ricerca del bagno.

    Appena lo vede, prende Rita per le mani e, prima di scappare nuovamente via, le sussurra:

    -Sistemo l'occhio e torno subito! Tu tienimelo caldo, ok?-

    -In che senso al caldo? Meccanolcina? Meccanolcina!-

    L'ultima chiamata alla contrabbandiera non è di certo detta sottovoce e, quando Rita se ne accorge, lancia un'occhiataccia all'uomo che aveva agganciato la sua amica, con un certo nervosismo.

    È palese che sia nervosa per motivi completamente diversi da quelli della sua amica. Gli occhi che schizzano da una parte all'altra, il fiato corto, la continua ricerca di un punto equidistante dalla folla.

    -Beh? È andata al bagno. A rifarsi il trucco probabilmente.-

    Risponde di getto, seccata. Poi sospira forte, sbuffando molto forte e fa un passo avanti, guardando dritto in faccia l'interlocutore. Si vede che le costa un sacco di fatica farlo, nonostante ci sia ancora molto spazio fra loro due.

    -Mi chiamo Rita. Se questa è una festa privata o se sta creando fastidio, prometto che la prendo di peso e la porto via di qua. Va bene?-

     
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    «G-grazie. Sei anche te sul menù per caso?»

    «...Ahahahah! Può darsi...»


    La ragazza mi prende in contropiede, lasciandomi per un attimo interdetto con le sopracciglia alzate ed un sorrisino incredulo sulle labbra. Non ha peli sulla lingua! E allora rido, di gusto e sincero portandomi una mano al petto e chiudendo gli occhi per qualche attimo, e decido di stare al gioco anch'io con la mia risposta volutamente ambigua e l'espressione ancora di più: occhi complici, sorrisino sornione...
    Il suo risolino nervoso mi diverte ancora di più di tutta l'interazione: forse non è ciò che avrebbe voluto dire, forse si è pentita dopo averlo detto, disinibita dall'alcool che probabilmente le scorre nelle vene, e forse -probabilmente- non ci sarà un seguito a queste sue parole, solamente tante risate rilassate e chiacchiere divertite.

    «Un minutino e te la restituisco, ok?»


    L'istante dopo, però, una seconda ragazza entra dalla porta con affanno e la prende, strattonandola in disparte dopo avermi avvisato della cosa. Guardo inebetito e perplesso anche lei, un po' di meno di prima probabilmente, domandandomi superficialmente cosa stia succedendo ma senza essere veramente stupefatto o troppo interessato: ho visto tante interazioni ed eventi del genere, a tutte le feste che ho partecipato, e la mia è più una curiosità quasi morbosa da pettegolezzo che altro. Il loro confabulare losco e sottovoce, poi, alimenta il mio lato da gossip, non c'è che dire!
    Le guardo perciò con un sorrisino sornione pari al precedente, perché mi fanno sempre ridere queste cose, questi intrighi, gli intrecci delle trame della gente, ed attendo con calma rimanendo a disposizione loro, mentre nel frattempo mi giro ogni tanto a sorvegliare la festa e che tutto proceda bene.
    Ad un certo punto, poi, intravedo l'amica inorridire mentre la guarda togliersi la lattina e lo straccio dal viso, e lì capisco abbastanza inequivocabilmente che si tratta proprio di un occhio nero. Mentre il mio sguardo vaga sugli altri avventori, mi rattristo un poco domandandomi cosa possa esserle capitato e dispiacendomene, ma mi rincuora il sapere di poterla aiutare a breve, non appena tornerà.

    Quando mi rigiro, l'amica mi lancia l'ennesima occhiataccia, ed io di rimando sorrido dolcemente per l'ennesima volta. Non c'è motivo di essere ostili, no? L'amore è l'unica, vera arma di cui abbiamo bisogno: con l'amore possiamo incrinare anche la corazza più dura e nera, e di amore io ne ho infinito...

    «Beh? È andata al bagno. A rifarsi il trucco probabilmente.»

    «...Va bene.»


    ...Così come di pazienza, ed accoglienza, anche di fronte alle parole stizzite della ragazza. Il mio sorriso rimane sincero, così come la mia voce flautata e melliflua.
    Mi è chiaro, non ho dubbi, che si senta a disagio. Non so ancora bene perché, ma si sente così - sarà mio piacere ed onore, quindi, metterla a suo agio!

    «Mi chiamo Rita. Se questa è una festa privata o se sta creando fastidio, prometto che la prendo di peso e la porto via di qua. Va bene?»

    «Oh, non ti preoccupare: l'ingresso è pubblico, ma non facciamo pubblicità e molti preferiscono altri tipi di divertimenti, quindi si soffermano poco, spesso. Non state creando alcun fastidio, in ogni caso, anzi è un piacere avervi qui con noi!»


    Dice quindi lei, sospirando ampiamente ed avvicinandosi decisa seppur di poco. La mia risposta è calorosa e cortese, sorridente ed amorevole, mantenendomi fermo dove sono per non violare la distanza che ha scelto.



    «Un altro bel fiore per un'altra bella signora...! Benvenuta anche a te. Come ho detto alla tua amica, potete accomodarvi dove preferite: sono a vostra disposizione per ogni necessità, e se volete posso portarvi qualcosa nel frattempo...!»


    Concludo facendo nascere e crescere un'altra rosa, per poi porgerla alla seconda ragazza che non vedo perché dovrebbe avere un trattamento diverso, e rimanendo in attesa di eventuali richieste.
    Le mie parole, come sempre, ancora una volta, sono accompagnate da parte mia da un'indefessa aria sorridente ed il più accogliente possibile, pacata, placida, calma, rilassata e tranquilla; sono sempre così, anche se loro non lo sanno, ma al contempo con loro mi sento di doverlo essere ancora di più: non oso immaginare cosa possano aver appena passato, se la sua amica ha un occhio nero, e me ne dispiaccio da morire. Non posso non sentire il desiderio ed il dovere morale di porre rimedio, in qualche modo, "coccolandole" rispettosamente, pur non essendo di certo io la causa di quella sofferenza: voglio essere il rimedio, però, almeno in parte. È di questo che posso fregiarmi e vantarmi: di poter aiutare le persone ovunque ed ogniqualvolta io possa.
     
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    Rita Ch'en
    Athèleian | Ricercatore | NPC

    — Covetousness, festa privata, 08.30 PM

    Rita, ben decisa a mantenere le distanze, allunga la mano, coglie con due dita la rosa e indietreggia. Poi, tutta presa da quel regalo, inizia a rigirarlo fra la dita, studiandolo con attenzione.

    È chiaro che non è un'illusione, non può esserlo per vari motivi, visto che è riuscita a coglierlo e lo tiene fra le mani.

    Profumo. Consistenza. Colore vivo. Mancanza di decadimento nell'immediato.

    La tenue resistenza del petalo che stacca è tale da darle un'ulteriore conferma, assieme alla disposizione non geometrica delle spine e dalle piccole imperfezioni, elementi di cui pochi illusionisti realmente si curano.

    Allora, chi ha di fronte? Un druido? Un benedetto da Sievar? Un elementalista con abilità peculiari? E come ha creato la rosa? Se fosse una druida, cosa avrebbe potuto fare per replicare quell'azione?

    Assorta nei suoi ragionamenti non risponde subito e, anzi, guarda con ancora più sospetto il suo interlocutore, cercando segni che possano tradire o smentire la sua origine, le sue abilità e il ruolo che ha in questo posto.

    È forse il padrone di casa o chi ha allestito questa festa? È una festa? Che genere di festa sarebbe? E perché accoglierla con una rosa?

    Ha fatto lo stesso con Anastasia? Anche lei aveva una rosa fra le mani in effetti. Anche altri hanno ricevuto una rosa? E se l'avessero ricevuta e non la portassero con se, dove la possono aver posata o gettata?

    Inoltre: solo lui è vestito in modo così sfacciato o è una sorta di dress code che lo contraddistingue dagli altri avventori del locale? Perché non presentarsi? È qui per accogliere o è qui per altri motivi?

    Solo dopo un lungo silenzio, passato a ragionare, Rita si esprime e risponde con una punta di saccenteria:

    -Semi di rosa nel taschino, vero?- sì, crede proprio che lo abbia fatto così -Comunque sì, mi servirebbe del ghiaccio o qualcosa di bello freddo e un panno pulito.-

    Non crede infatti che Anastasia possa aver fatto chissà quale miracolo con quell'occhio. Sicuramente prima di domani si sarebbero rivolte a qualcuno per risolvere quel problema, ma nell'immediato non le viene in mente altro.

    -E sì, anche un vasetto con un po' acqua per questa signorina, così non la lasciamo morire.- alza la rosa, così da esser ancora più chiara -Può procurarmeli assieme a qualcosa da bere?-

    Sorride sforzandosi un pochettino.

    Forse così riuscirà a tenerlo impegnato per il tempo necessario per rivedere Anastasia, dirle che è scappato via e uscire di qua alla svelta.
     
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    «Semi di rosa nel taschino, vero?»

    «Un mago non rivela mai i suoi trucchi...! Ma io non sono un mago: ottimo intuito, quindi, sì.»


    Fingo inizialmente, come battuta, chiudendo gli occhi ed alzando le sopracciglia con aria furbesca, salvo poi rivelare l'inganno smascherandomi: sì, semi di rosa nel taschino, proprio come ha detto lei, e con i poteri donatimi da Sievar li faccio crescere istantaneamente. Questa parte non penso serva rivelarla: come ha dedotto dei semi, così sono sicuro abbia già dedotto dei miei poteri e della mia Origine. Una donna intelligente, indagatrice, e lo posso vedere nel suo sguardo, nel suo tocco, nei suoi sensi che sono tutti volti ad esplorare, voraci d'informazioni, dapprima la rosa e poi tutt'attorno a noi.
    Un dubbio legittimo, quello che la attanaglia, immagino: sono capitate qui senza sapere se fosse una festa privata, come mi ha appena detto, e quindi senza sapere nulla di questo locale, delle sue tradizioni, degli avventori. Le spiegherò poi, appena finisce di farmi le sue richieste in risposta alla mia offerta, ed effettivamente penso solo ora che non ho presentato né me né tutto ciò che ci circonda - troppo distratto dal soccorrere la sua amica, e poi dal suo rocambolesco arrivo!

    «Comunque sì, mi servirebbe del ghiaccio o qualcosa di bello freddo e un panno pulito. E sì, anche un vasetto con un po' acqua per questa signorina, così non la lasciamo morire. Può procurarmeli assieme a qualcosa da bere?»

    «Eheh... Possiamo darci del tu, tranquillamente.»


    Apprezzo la sua cura per la rosa, il suo chiamarla "signorina", il non volerla lasciar morire. Sogghigno, intenerito: chi ha amore per le piante non può essere una cattiva persona, o almeno così mi sono sempre detto. Il formalismo, poi, cerco di lasciarlo alla porta, perché siamo giovani e siamo in quest'atmosfera che inganna, come le mie rose: può sembrare formale, ma è tutto l'opposto!

    «Per la rosa, abbiamo dei vasi comuni, se lo desideri, dove tutti possono mettere la loro in ogni momento.»


    La informo indicando una serie di recipienti di vetro -con già alcune rose- su un mobile non troppo lontano, contro una parete sulla sua sinistra, a una quindicina di metri di distanza. Gli altri fiori, invece, potrà vederli all'occhiello o tra i capelli degli ospiti che hanno desiderato non separarsene ancora: le spine, seppur presenti, ho avuto l'accortezza di renderle non acuminate e pungenti, così da permettere un maneggiare gli steli con disinvoltura e senza il timore che possano rovinare vestiti o acconciature.

    «Per l'occhio della tua amica, invece... Se volete, avrei qualcosa di meglio. Un altro trucco di magia, stavolta più vera delle rose...»


    Il mio sguardo si fa intenso, le mie labbra dipingono un sorriso malizioso, scaltro, di uno che la sa lunga, ma senza la minima traccia di cattive intenzioni, anzi. Non potrò rivelarle il come, probabilmente, ma potrò aiutare la sua amica molto meglio di un po' di freddo, o di qualsiasi medicinale possano usare.
    Le lascio il tempo di ponderare la mia proposta, in silenzio, senza distogliere il mio sguardo dal suo, finché uno stimolo esterno non mi distrae.

    «Ah, Carmen: mi porteresti qualcosa da bere per la signora e la sua amica, per favore? Grazie mille.»


    Adocchio al volo la mia amica che ci sta accidentalmente passando accanto, fermandola con una mano e chiedendole dei drink anche per la ragazza che non è qui presente con noi - sperando vada bene, anche se non ci sarebbe alcun problema se l'amica rifiutasse poi. La ragazza dai capelli rossi annuisce con un gemito d'assenso, per poi defilarsi con la stessa velocità con cui è arrivata, una meteora nella nostra vita, trasformandosi in cometa quando tornerà.

    «Oh, perdonami, non mi sono ancora presentato: il mio nome è Sooraj, e per questa sera faccio gli onori di casa. Questa è un'associazione di liberi pensatori, filantropi -o così ci piacerebbe, ecco-, che ama riunirsi e dare feste a tema di quando in quando. Facciamo anche altro, ma per questa sera ci limiteremo a divertirci, come tutti in città.»


    Ancora una volta, lascio che sia lei a dedurre il tema della serata: potrà vedere persone in abiti eleganti, spesso rétro, più maschere e vestiti personalizzati a mano che un dress code da gala da ricconi; potrà ammirare i saloni di pregio che ci ospitano ma che sono arredati con mobili e decorazioni un po' stonati, volutamente esagerati, talvolta pacchiani perfino, molto stereotipici ed al contempo peculiari e ricercati. Forse non capirà, come molti che entrano da quella porta per poi imboccarla di nuovo per uscire dopo poco, ma se avrà la pazienza di esplorarci scoprirà un paradiso di libertà e uguaglianza, di fraternità e accoglienza indiscriminata che amiamo coltivare con lentezza ed attenzione, prendendoci cura gli uni degli altri, amici di lunga data o sconosciuti appena arrivati che siano.
     
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    Rita Ch'en
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    — Covetousness, festa privata, 08.30 PM

    Quando Sooraj delega la richiesta di Rita ad un'altra persona, il suo sorriso muta, diventando una smorfia. Appena se ne accorge corregge il tiro, sorride ancora più forzosamente, cercando di far finta di nulla, ma oramai è consapevole che non riuscirà a levarselo facilmente di dosso.

    -Grazie Sooraj. Se avete,- si corregge con un colpo finto di tosse -cioè, sì grazie, ma non credo ci sia bisogno di tanto. Poi credo che tornerà a momenti.-

    Si guarda attorno, cerca con lo sguardo Anastasia, nella speranza di poterla vedere, raggiungere e, con una scusa, allontanarsi il più possibile da quel posto e dalla fonte di ciò che le sta provocando disagio.

    -O almeno credo?-

    Inizia a sentire ciò che chiama "la chiamata del deserto" e, in questo momento, non riesce a desiderare altro se non il silenzio e la pace di un luogo privo di tutto e pacifico. Praticamente l'esatto contrario di dove si trova adesso e della metropoli stessa. Disomogenea, piena di luci, caotica ed esagerata sia nella sua forma che nei suoi abitanti.

    Si prende un momento, consapevole che la sua sopportazione ha un'asticella davvero bassa e che oggi è già stata abbondantemente scavalcata e ci riprova ancora una volta.

    -Non sapevo comunque che esistessero associazioni filantropiche. La mia amica non me ne ha mai parlato. Qual è l'obiettivo che vi state ponendo in questo periodo per Covetousness?-



    //OFF: chiedo scusa per la risposta tardiva e il contenuto misero. Non volevo farti aspettare ulteriormente e non volevo nemmeno riempire la risposta con fuffa inutile. Spero di essere più celere e produttivo dalle prossime risposte
     
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    La smorfia che appare sulle labbra della ragazza che ho di fronte mi confonde: non le piace Carmen, forse? Chissà, lascio correre e vedo che tutto va bene, quindi mi costringo a non preoccuparmene sul momento. Ho già visto prima, in effetti, che abbia un caratterino un po' particolare, pepato per così dire, quindi catalogo anche questo evento come derivato da ciò, e proseguo con il discorso, con l'interazione, come se nulla fosse.

    «Grazie Sooraj. Se avete...cioè, sì grazie, ma non credo ci sia bisogno di tanto. Poi credo che tornerà a momenti.»

    «Prego, prego, va bene.»


    Sorrido e annuisco, aggrottando le sopracciglia come a voler dire "Non c'è problema, non so neanche perché te ne stai preoccupando, non ti angustiare al riguardo!", ma lei si sporge e sbircia in giro cercando la sua amica.

    «O almeno credo?»

    «Eheh, con calma, non c'è fretta...»


    Minimizzo, sollevando un poco e brevemente le spalle e sorridendole di nuovo. Un occhio nero significa probabilmente che abbia appena passato un brutto momento, e starsene in bagno da sola per conto proprio non può che farle bene, immagino, calmandosi e rimettendo in ordine i suoi pensieri ed emozioni. È meglio quindi lasciarle il tempo di fare tutta questa procedura psicologica, lasciandola in pace.

    «Non sapevo comunque che esistessero associazioni filantropiche. La mia amica non me ne ha mai parlato. Qual è l'obiettivo che vi state ponendo in questo periodo per Covetousness?»


    Al sentire quelle parole, le mie sopracciglia decidono di spiccare un volo verso l'alto, sbandierando sulla mia fronte come le vele issate di una nave antica. Lo stupore mi coglie, infatti, perché non mi aspettavo si potesse -o volesse- interessare all'argomento: son ben poche le persone che lo fanno, tra tutti quelli con cui entriamo in contatto, e quindi ne rimango piacevolmente sorpreso.

    «Oh, beh, ne esistono ed anche di ben più serie e professionali della nostra, in verità: siamo "artigiani" del settore, come dico sempre. Il nostro obiettivo in generale è quello di sensibilizzare la popolazione sulle tematiche più difficili e normalmente trascurate, quindi le minoranze, gli ultimi, ma anche la scienza che c'è dietro questi fenomeni, e cioè i numeri delle ricerche, i meccanismi psicosociali, biofisici eccetera...»


    Inizio a sciorinare con la mia solita parlantina logorroica -maledetto me!-, facendomi prendere la mano dal tema come mio solito. È inequivocabile che queste cose mi scaldano dentro, attivandomi e trascinandomi violentemente fuori dalla mia abituale calma zen con cui le ho accolte: lo si vede nei miei occhi adesso più ampi, nel mio gesticolare che bypassa il mio tentativo di tenerlo al minimo, nel tono della voce che sto usando ora... C'è poco da fare, è la mia passione, sono uno scienziato e divulgare ha sempre la connotazione del fare del bene alla società, migliorare la vita di tutti, dei più deboli e bisognosi in primis. Non posso non farmi coinvolgere da queste cose!

    «...Che è ciò di cui parliamo anche tra di noi, alla fine: uno dei tanti salotti culturali della città, che ha la presunzione di poter aiutare un poco diffondendo conoscenza di quando in quando, con serate a tema, volantinaggio, sportelli sul territorio e via discorrendo.»


    Le solite cose, insomma, già. È così triste non poter fare di più, ma d'altronde dipendesse da me vorrei salvare l'intero Atonement...! Sogni folli di un visionario idealista, come al solito, e la verità è che sono solo un misero redeemed, piccolo e limitato, e la cosa più vicina a quel mio desiderio è l'unirsi e fare qualcosa in questi circoli, ma tant'è... Alla fine, mi sembra di fare sempre troppo poco e vorrei sempre fare di più.
    Mi rattristo un pochettino, dunque, più malinconico, un sorriso amaro, mentre si spegne anche il mio gesticolare e le mie braccia tornano lungo i fianchi, a riposo, meste e impotenti, quasi, depresse e private di quello slancio che le caratterizzavano l'istante prima.
    Poco male, "Almeno facciamo qualcosa! Pensa se non facessimo neanche questo: per qualcuno facciamo la differenza. Non sarà per tutti, ma non è nemmeno per nessuno", mi dice sempre il mio amico, e ha ragione. Magra consolazione, ribatte puntualmente il mio cervello, ma il mio cervello ha torto e deve imparare a godere delle piccole cose, perché sono grandi, più di quanto pensa.

    «Ma dimmi di voi: non ci conoscevate e non è facile trovarci tra tutte le ben più appariscenti insegne ed entrate. Cosa vi porta qui, dunque? Tra l'altro, tu non sei del luogo mentre la tua amica sì, intuisco, giusto?»


    Le chiedo risollevando gli occhi e guardandola, di nuovo affabile e sorridente come e più di sempre, com'è nella mia natura, ancora una volta placido e tranquillo come uno stagno coperto di ninfee. Cambio argomento, chiedendo anch'io a mia volta qualcosa su di loro, interessato genuinamente alla questione.

    Se "non gliene ha mai parlato", immagino che lei presupponga che la ragazza che ora è in bagno dovesse farlo, e questo perché sia della città mentre lei venga da fuori, ecco.
    Oppure, potrebbe essere che lei sia interessata a queste cose "da intellettuali", come spesso ci etichettano, e che la sua amica le porti un po' di informazioni al riguardo quando le capitano sotto mano - ma come avrebbe fatto a sapere di noi? Forse per passaparola e le ha voluto fare una sorpresa?
    Mh, no, probabilmente è più realistica la prima ipotesi: la sua amica, vivendo qui, ha più accesso rispetto a lei che viene da fuori, e quindi lei si aspetta che sia l'altra a darle queste informazioni.
    Sì, mi faccio quest'idea, mentre ravvio i capelli e continuo a sorriderle con serenità, in attesa della sua risposta, invitandola con un gesto del braccio e la mano aperta ad accomodarci sul divanetto in cuoio che abbiamo a pochi passi di distanza, ancora perfettamente visibili quando la sua amica si riunirà alla festa.




    NoteDon't worry! XD non c'è problema, il materiale non è mancato, come puoi vedere dal mio post. Fai con calma, è un gioco ;3
     
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    Rita Ch'en
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    — Covetousness, festa privata, 08.30 PM

    Appena Sooraj inizia a parlare di minoranze e ultimi, Rita rizza le orecchie e si concentra di più col suo interlocutore e meno con ciò che la circonda. Improvvisamente diventa più attenta di quanto non lo fosse stata fino ad ora.

    È chiaro che ciò che le sta fornendo, consciamente o inconsciamente, è qualcosa che per lei è un gossip succoso. Una notizia importantissima che deve far sua ad ogni costo.

    Forse è per questo che accetta di seguirlo, al posto di rimanere piantata lì, pronta per scappare via al primo accenno di una chioma rossa. E, a proposito di chioma rossa:

    -Anastasia? Ah no, lei è una Bruciante. O una Famelica? Non ricordo mai dove è nata e dove ha residenza.- cerca di ricordare, allungando un po' l'ultima sillaba, ma poi si arrende, riprendendo il discorso -Lavoriamo nei trasporti extrametropolitani, in pratica trasportiamo merci da un luogo all'altro.-

    All'invito di sedersi, lo fa, continuando a parlare. Si porta sull'angolo del divanetto e, con diligenza ed eleganza, si siede accavallando le gambe e gli dà una vista di sè per tre quarti, poggiando le mani con ancora la rosa sul ginocchio.

    -Siamo qua per lavoro o meglio, siamo qua a Covetousness per lavoro. Ed è la prima volta che la visito, perciò per me è tutto nuovo. Per lei... non lo so, bisognerebbe chiederglielo, anche se penso che sia entrata perché ti ha notato.-

    In effetti o è stato il caso o è stato il suo radar. Non ci sono spiegazioni.

    -Sai, non dovrei dirlo ma...- gli fa cenno di avvicinarsi con la mano, così da potergli dire all'orecchio -... credo che tu le piaccia. Potrei metterci una buona parola se vuoi.-

    A quel punto si appoggia col gomito sul bracciolo, così da sistemarsi un po' meglio e sorreggersi la testa. Con l'altra mano invece giocherella con la rosa, la rigira fra le dita, la osserva distrattamente, come per darsi un tono o pensare alle prossime parole.

    -Comunque, fammi capire bene: anche in paradiso ci sono guai. È mera e pura propaganda l'uguaglianza del soggetto, il sogno della parità di ogni individuo a qualunque costo, il rispetto della mansione e il sostentamento di ogni singolo individuo indipendentemente dall'importanza che ha nell'immensa macchina urbanistica e ultimo baluardo della civiltà?-

    Nel suo tono si può percepire del veleno, condito con una nota di piacere nel formulare e scegliere quelle parole precise. Sembra quasi come se quel pensiero fosse il preludio per un ragionamento più vasto e politico.

    -Pura e semplice curiosità, eh! Anche perché sta diventando molto difficile di questi tempi trovare qualcuno con cui parlare dei problemi che affliggono Atonement. Non trovi anche te?-



    //OFF: chi non posta a fine anno, non posta tutto l'anno!
     
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    «Anastasia? Ah no, lei è una Bruciante. O una Famelica? Non ricordo mai dove è nata e dove ha residenza. Lavoriamo nei trasporti extrametropolitani, in pratica trasportiamo merci da un luogo all'altro.»

    «Oh, capisco. Professione avventurosa...»


    Il mio sorriso si fa un po' sornione, stupefatto da quella informazione che delinea molto del loro carattere. Notevole che entrambe, apparentemente ragazze comuni, facciano un lavoro così pericoloso e fisico - si potrebbe pensare che la loro mansione le collochi più nel settore di back-office, ma se non sono native di questa città la probabilità che siano proprio loro a spostare le merci è molto più elevata.

    «Siamo qua per lavoro o meglio, siamo qua a Covetousness per lavoro. Ed è la prima volta che la visito, perciò per me è tutto nuovo. Per lei... non lo so, bisognerebbe chiederglielo, anche se penso che sia entrata perché ti ha notato.»


    Ed ecco la conferma, inequivocabile, già. Cavolo, sento l'ansia crescermi solo al pensiero di cimentarmi io in un lavoro del genere: è palese che il mio stile di attaccamento sia proprio l'ansioso-ambivalente, la mia base esplorativa è tutt'altro che sicura quando si tratta di uscire dalla mia comfort zone fisica, rischiando con tutte le minacce che le dune di sabbia celano tra i loro segreti.

    «Ahah, dici?»


    Ridacchio, infine, quando dice che la sua amica si è avvicinata alla nostra sala per causa mia. Effettivamente, all'ingresso mi ha chiesto se sono anch'io "sul menù": una ragazza decisamente audace, e forse è proprio una Famelica... Bruciante di sicuro, anche, si potrebbe dire! Eheh, prevedo una serata difficoltosa, mi daranno del filo da torcere entrambe, queste due misteriose straniere...

    «Sai, non dovrei dirlo ma... credo che tu le piaccia. Potrei metterci una buona parola se vuoi.»


    Mi dice facendomi cenno di avvicinarmi, per poi sussurrarmi all'orecchio il resto della frase. Il mio sorriso non può che farsi imbarazzato, oltre che divertito, e la mia espressione facciale dice tutto di me. Nonostante la mia apparenza, la verità è che sono timido, o così mi dicono spesso almeno, forse aspettandosi comportamenti diversi da uno che gira a petto nudo a questa maniera: è che le due cose non sono collegate per me! Non giro scamiciato per attirare o fare colpo... È una cosa tutta interna a me, sono "strano" di mio, mi dicono fin da piccolo, e non so mai bene come reagire quando poi puntualmente mi approcciano. Eppure, uno direbbe che dovrei avere una certa esperienza al riguardo...

    «Ahahah, beh, ecco, ti ringrazio, immagino...? Mi fa piacere, ecco, ma non --...»


    Già. Non so mai cosa dire, ed il mio sguardo sfuggente che svicola tra le fughe delle piastrelle del pavimento e le piante ornamentali ai nostri lati lo fanno capire perfettamente. Mi lusinga che io possa piacere alla sua amica, ma non oserei mai chiedere a lei di mettere una buona parola per me, anche perché non è quello il mio interesse...! Non... Non ho nemmeno parlato con la ragazza in questione, voglio dire...!

    Il suo riassettarsi attira la mia attenzione, dandomi motivo ulteriore per distrarmi. La sua posa è sicura di sé, le dita mostrano una certa capacità di "prestidigitazione", il tutto perfettamente in linea con le sue parole ed espressioni facciali: è una ragazza interessante, ed il mio sguardo non può non esserne intrigato, affinandosi per studiarla meglio.

    «Comunque, fammi capire bene: anche in paradiso ci sono guai. È mera e pura propaganda l'uguaglianza del soggetto, il sogno della parità di ogni individuo a qualunque costo, il rispetto della mansione e il sostentamento di ogni singolo individuo indipendentemente dall'importanza che ha nell'immensa macchina urbanistica e ultimo baluardo della civiltà? Pura e semplice curiosità, eh! Anche perché sta diventando molto difficile di questi tempi trovare qualcuno con cui parlare dei problemi che affliggono Atonement. Non trovi anche te?»

    «Beh, hai ragione, sì: pochi sono disposti a sbottonarsi... Ma, come puoi vedere, io lo sono già! Ahah...»


    Sorrido d'imbarazzo e insicurezza.
    Battuta. Pessima battuta, si potrebbe dire.
    Ottimo, se verrà percepita così.
    Va bene se pensa ch'io mi trovi in difficoltà. L'unica difficoltà che ho è il rendermi conto di dover calibrare attentamente le parole con lei: sembra una molto...come dire? "Rozza" non è il termine corretto. Più..."passionale"? Ecco, sì, circa. Un po' grezza, molto aperta ad emozioni negative, aggressive, ecco. Poco armonica ed aggraziata, più raffinata nel fisico che nella mente. Dovrò essere quindi molto cauto ed accorto, regolare le parole ed i concetti -e dunque le emozioni- anche per suo conto, in sua vece, poiché s'io lasciassi trasparire cose troppo grezze lei le amplificherebbe anziché digerirle e raffinarle.
    Correggiamo il tiro, ordunque!

    «Nulla è perfetto, e tutto è perfettibile, no? Certo, qui viviamo in maniera molto migliore che altrove, da quel che ho sentito dire e quel poco che ho visto - a differenza vostra, non viaggio molto, ecco. Ed è forse e probabilmente proprio questo il problema: non conoscendo molto dell'esterno, tendo a richiudere e ricadere verso l'interno, giudicando fin troppo e ritrovandomi ad essere fin troppo idealista, ecco. Quale posto, in fondo, è un paradiso in terra? Se guardi abbastanza, anche nei diamanti puoi trovare delle imperfezioni, delle vacanze nella struttura del reticolo cristallino, no? Eppure, rimangono pietre splendide e splendenti, più perfette di tante altre, no?»


    Gesticolo placidamente mentre sciorino il mio ragionamento, cercando di calmare gli animi e riportare la valutazione sui binari più corretti e consoni, fino a compiere un gesto circolare della mano ora a palmo aperto rivolto verso l'alto, mentre la guardo interrogativo ed intenso nei suoi occhi vispi ed inquisitori.

    «A ben guardare, qui siamo messi decisamente bene, con tutta la modestia possibile. Abbiamo una brama insaziabile di miglioramento, ma ci manca quell'hybris di cui godono altri posti: se non ti autocritichi, non puoi migliorare né imparare dagli altri! Un po' di sana autocritica quindi è importante, fondamentale, vitale. Ad maiora semper


    Concludo con quel motto che trovo ci rappresenti davvero bene, sperando che ora possa inquadrare meglio le parole che ho detto poc'anzi: spesso mi dimentico di stare parlando con persone diverse, che vengono da culture diverse, specie se stranieri. Son sciocco, senza dubbio, in questo frangente: ingenuamente, proietto me stesso e mi espando e sovrageneralizzo, mi son visto spesso farlo cadendo vittima di gaffe gratuite e situazioni sociali imbarazzanti che, con un poco più di riflessione, potrei evitarmi... E sarebbe meglio!



    NoteIl mio fine anno è durato un po' più a lungo di quanto prevedessi XDD
     
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    Anastasia De Lovest
    Athèleian | Golia | Walker | Chief
    Rita Ch'en
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    — Covetousness, festa privata, 08.32 PM

    Rita fa per ribattere ma la sua amica la prende per il braccio e la alza, dicendole tutta eccitata:

    -Eccoti! Scusa, te la rubo un attimo!-

    -Ehi, ehi, che fai? Non vedi che stiamo parlando?!?!-


    Anastasia indugia sul petto nudo del distributore di rose e trascina via la sua amica, portandola davanti ad un pianoforte.

    -Guarda, un pianoforte!-

    Gli occhi di Rita mostrano un bagliore, un guizzo di interesse che non ha mostrato prima.
    Ne è come catturata, ipnotizzata.

    Fa un passo in avanti, ne accarezza la livrea con un gesto leggerissimo, usando la punta delle sue esili dita.

    -È... è vero?-

    -Certo! Appena l'ho visto non ci credevo nemmeno io!-


    Si siede allo sgabello in punta di piedi, guarda i presenti con imbarazzo e fa un respiro profondo.
    Rita sa molto bene che certe occasioni capitano poche volte nella vita e lei sente di averne perse troppe.

    Chiude gli occhi, poggia le dita sullo strumento e inizia a pigliare i tasti lentamente, lasciando che le note riecheggino nella sua testa e risveglino dei ricordi piacevoli.

    Le manca il suo pianoforte, le manca da morire e averne uno davanti la sta riportando indietro, ad un tempo in cui non aveva tutte queste preoccupazioni che adesso ha.



    E, dopo poche note, inizia a cantare.
    È una voce diversa da quella usata prima.

    È melodica, adatta, perfetta.
    È come un'illusione, e forse lo è per davvero, visto che aleggiano nell'aria altri strumenti.

    Anastasia, ora poggiata al pianoforte, pianta un occhio affamato su quell'uomo. L'altro, purtroppo, è ancora bello pesto.
    Lo guarda, lo squadra, si morde appena il labbro, desiderosa di ciò che vede.

    Poi si avvicina, prova a prendergli le mani e lo invita a se tirando appena, con una forza che non si sa da dove salta fuori, invitandolo a muoversi su queste note lente.

    Se accetta di ballare Anastasia dimostrerà di essere una buona ballerina, sia nel caso debba condurre, sia nel caso fosse condotta.

    Certo, non alla pari della voce e della bravura di Rita, ma una buona e appiccicosa ballerina.
     
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    «Eccoti! Scusa, te la rubo un attimo!»

    «Oh? O-ok...?»


    Ritorna la ragazza di prima, Anastasia, e senza fare complimenti inizia a tirare la sua amica con cui stavo parlando, portandola in un battibaleno al pianoforte al centro della sala. Sorrido, dolcemente, comprensivo e paziente, comprendendo con l'evolversi della situazione il motivo dietro quell'improvvisa e brusca interruzione della nostra conversazione: lo strumento musicale deve avere una particolare valenza per le due, specie per Rita a quanto pare, che afferma di non vederne uno da tanto tempo. Non mi stupisce, considerando un po' di cose: il loro lavoro, la loro estrazione sociale -i loro modi sono un po' rozzi, direbbe la gente altolocata che è solita frequentare i circoli culturali-, la povertà che piaga il pianeta -fatte salve le poche eccezioni costituite da talune città, nemmeno tutte, e certamente non tutti gli appartamenti delle persone e famiglie che abitano questa landa desolata!-, e così via.
    Eppure, lei è abbastanza colta da saper suonare un piano, e anche cantare: è davvero brava, e non posso non rimanere ammaliato ed innamorarmi della sua voce! Cavolo, è davvero emozionante, così come tutti gli effetti che sembra aggiungerci - è lei la vera maga! La parte più scientifica del mio cervello prova ad arrovellarsi per capire e rintracciare quale Origine, o quale professione, o quale spiegazione in generale potrebbe essere la più calzante di fronte a un fenomeno del genere, ma tutto il resto del mio encefalo la zittisce e la costringe a deporre le armi razionali: di fronte a un tale spettacolo, voglio davvero perdermelo per andare a scavare sulle cause e tutto il resto?
    Nah, ci sarà tempo dopo: adesso, la sua musica e la sua voce non hanno pari, e non devono averne...!

    È Anastasia, tuttavia, che ritorna da me e mi invita gentilmente a danzare con lei, con un semplice gesto, muto ed inaspettatamente delicato. Ed io accetto l'invito volentieri, sorridendole e lasciandomi trascinare dalla melodia e dalle sue sapienti mosse, facendomi condurre in quel ballo lento e romantico, meraviglioso, danzando stretto a lei e guardandola intensamente negli occhi, con nello sguardo innamorato un amore che è per tutti, per l'intera umanità, un calore che abbraccia il mondo e che, per adesso, si concentra su di lei.
    Verso tre quarti, con un movimento di polso più sicuro, prendo il comando e la faccio piroettare, per poi continuare a condurre io stavolta, con più assertività e confidence, fino a finire il ballo stringendola a me, ritrovandoci coi nostri visi a pochi centimetri. La guardo, intensamente, sorridendole, silenzioso: tutto è come sospeso, il respiro trattenuto...
    Con un gesto fluido, però, sollevo la mano che le sta stringendo la vita in un abbraccio cortese, andando a coprire con il palmo il suo occhio livido e lasciando che il mio potere di guarigione emani il suo tipico bagliore scaldandole il viso, mentre la fisso sorridente ed amorevole nell'altro occhio ancora aperto. Terminata la mia magia, la mano scivola in una carezza dolce lungo la linea della sua guancia, liberandola tanto dal dolore della ferita quanto dalla stretta attorno al suo corpo.

    «Sei davvero brava a ballare, i miei complimenti più sinceri.»


    Pronuncio con voce calda, continuando a guardarla con la mia tipica intensità. Amo amare, e non posso non darle tutto il mio amore.
    Che sia per un ballo, per una chiacchierata, per una notte, o per una vita.
     
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    Anastasia De Lovest
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    Rita Ch'en
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    — Covetousness, festa privata, 08.32 PM

    L'intensità del brano e dell'atmosfera creata da Rita man mano scemano, lasciando al suono melodioso del pianoforte il fulcro della performance.

    Nonostante si diverta nel farlo, tutto questo la stanca terribilmente e sa di dover spezzare.

    È parecchio arrugginita e le dita non sono più così agili sui tasti come lo erano anni fa, quando suonava al Clan Destino.

    Rimane brava – appena accettabile secondo lei – ma, quando suonava in quell'austero locale in mezzo al nulla, assieme ai suoi compagni, lo era molto di più.

    Le loro voci... i loro strumenti... Ricordarli ancora una volta con questa performance, come se fossero tutti quanti lì ancota una volta, le fa provare un lungo brivido fra le scapole, lì dove si guarda dal mostrare ad anima viva.

    Anastasia, inconsapevole dei pensieri di Rita, pensa invece a sfruttare l'occasione e fa la sua mossa.
    È contenta che Sooraj – nome che non conosce ancora – abbia accettato ed è ancora più contenta che lui abbia occhi solo per lei.

    Lei, d'altro canto, se lo divora con gli occhi e lo guarda con un'energia tutta sua.

    Quando i loro sguardi sono a pochi centimetri, si fa rossa in volto e si morde sfacciatamente il labbro.

    Quello che le fa dopo la stupisce invece e, appena non sente più il dolore all'occhio, sbatte la palpebra più volte e poi si tocca la parte che fino a poco prima era contusa.

    Appena capisce cosa è appena successo, sorride felice e risponde al suo complimento:

    -È solo perché ho avuto un ottimo cavaliere. E comunque...- il sorriso diventa più malizioso e la voce si abbassa -non è l'unica cosa in cui sono brava. Che ne dici, ti andrebbe di approfondire?-
     
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