[+18] Wonderdoor

[Michael x La porta riservato]

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    Lost in nightmares.

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    james



    James non si sarebbe mai definito coraggioso. Quella caratteristica l’avrebbe affibbiata senz’altro alla polizia, alle Sentinelle del Deserto, a chiunque altro scegliesse di dedicare la propria esistenza a proteggere quella degli altri; anche a chi si lanciava nelle Arene di Animosity per la gloria – o era quella incoscienza? –, a chi viveva lontano dalle Mura e dalle Oasi, ai contrabbandieri e ai mercenari. Mai avrebbe dunque pensato di definirsi coraggioso, perché la possibilità di un cuore infranto e di un vaffanculo non potevano essere paragonati a chi rischiava la propria vita o libertà.
    Okay, non pensava realmente di rischiare la seconda ipotesi, ma l’opzione di una delusione la percepiva dietro l’angolo e, per una volta, aveva anche una valida motivazione.

    Permettere a Michael di leggere quell’agglomerato di pensieri era la cosa più stupida che potesse fare: l’aveva insultato e si era insultato, si era disperato per un contatto mancato e si era maledetto per averlo desiderato; il tutto, dopo essersi conosciuti appena per due, tre giorni. Non c’era stato nulla, nemmeno un innocente abbraccio – che opinione avrebbe avuto di lui, mostrandosi tanto interessato senza alcun motivo? E quindi, invece di definirsi coraggioso per essersi esposto così, onesto e senza filtri, si disse che doveva essere proprio scemo.
    Però andava bene così, che a tirarsi indietro proprio all’ultimo istante aveva ancora meno senso.

    Mentre continuava a stringere le gambe contro il proprio petto, in un istintivo gesto di proteggersi da un male di cui era in parte anche l’artefice, rimase in attesa che Michael dicesse o facesse qualunque cosa. Leggeva con attenzione, forse soppesando le parole vomitare su quei fogli più di quanto fosse realmente necessario; e poi cercò un contatto, una mano in cui incrociare la propria, senza che James riuscisse a comprenderne il motivo.
    L’Athéleian non perse l’occasione. Lasciò che Michael la stringesse e decise di ruotare il proprio corpo per poggiare la testa contro il muro e, contemporaneamente, guardare quella meraviglia tanto assorta nella lettura. Sereno, con la consapevolezza che quell’attenzione non potesse significare nulla di malvagio a prescindere dalle sue paranoie, restò in silenzio fino a quando Michael lo ritenne necessario; tacque anche quando l’uomo sollevò lo sguardo e le incognite tornarono ad affollargli la mente, perché gli occhi lucidi che il Norn gli rivolgeva non riusciva davvero a comprenderli.

    Un primordiale istinto obbligò James ad arrossire e digrignare i denti, incredulo all’idea che Michael lo vedesse come un gattino abbandonato – e al contempo infastidito, perché quale uomo avrebbe accettato volentieri un simile paragone?
    Non ebbe comunque il tempo di formulare una risposta: quella singola lacrima sul volto di Michael lo mandò in palla; il complimento ancor di più; le successive scuse lo stunnarono a sufficienza da non sapere nemmeno cosa uscisse dalle sue stesse labbra.
    «Perché… perché? Come avresti potuto sapere che ero… fottuto a ‘sta maniera? È quanto di più irrazionale e assurdo potesse mai capitare… Non vi erano… forse non ci sono nemmeno adesso… i presupposti affinché accadesse.»
    Era sincero e convinto delle sue affermazioni, così tanto da portare la mano libera sul volto dell’altro per accarezzarlo dolcemente con il pollice. E dannazione, lui sì che era bellissimo.
    «Non mi dovevi nulla di più di quello che hai già fatto. Sono… sono io un inguaribile piscione.» Abbassò lo sguardo, imbarazzato da se stesso e da quei sentimenti che gli smuovevano l’anima. Poi dimostrò al resto del mondo di non meritare una simile definizione, anche se in cuor suo si ostinava a dire il contrario: ridusse la distanza tra di loro, concedendosi qualche istante per inalare il respiro di Michael prima di schiudere le labbra.

    Lo baciò come non aveva baciato mai, con lo stesso fervore di chi non sarebbe voluto essere da nessun’altra parte, ma soprattutto con nessun altro. Aveva desiderato così tanto stare con Michael che sperò davvero non ci fossero altre domande assurde – anche se da qui a metterci una mano sul fuoco c’era un abisso – e si lasciò andare a quello scambio che di tenero, ormai, aveva ben poco.

    Dov’erano rimasti?

    Fece scivolare una mano lungo il petto di Michael, graffiandolo in prossimità del fianco più per errore che per reale volontà, e dando appena un rapido sguardo al punto di arrivo poco più in basso. Esitò come avrebbe fatto un ragazzino alla sua prima esperienza, impiegando però una forza di volontà che non credeva di avere per permettere a Michael di abituarsi a quel contatto con tutta la calma del mondo.
    James non ci era abituato.
    Vittima inconsapevole di un mondo che l’aveva sempre visto come poco più di un buco in cui infilare i propri genitali, non aveva mai avuto il piacere di respirare sul serio tra un’interazione e l’altra; non sapeva cosa significasse godere del viaggio più che dell’orgasmo; non sapeva nemmeno di potersi fermare in qualunque momento proprio come aveva fatto Michael poco prima. E si sentì strano mentre poteva toccarlo e guardarlo negli occhi allo stesso tempo.
    Ma ne voleva ancora, da un’angolazione diversa, curioso di saperne la sensazione nella sua bocca.

    Scese lento, baciandogli il collo, il petto, il ventre, e ritrovandosi dopo poco con la schiena ben arcuata per permettergli di leccare l’interezza di quell’erezione prima di accoglierlo tra le sue labbra.



    annotazioni



    → Incerto sul decorso della mia malattia odontoiatrica, posto da cellulare adesso che almeno ho due neuroni funzionanti.

     
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