[+18] Wonderdoor

[Michael x La porta riservato]

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    james


    Mai in un milione di anni avrebbe pensato di baciarlo.
    Sperava che prima o poi Michael avrebbe preso specificatamente quell'iniziativa, ma non poteva immaginare che tra tutte quelle fantasie, alla fine, non ce ne fosse stata una abbastanza simile alla realtà da salvarlo dai continui micro-infarti che stava avendo. Sorrise al pensiero di essere davvero disperato per essersi spinto a tanto, lui che l'iniziativa in queste cose non l'aveva quasi mai avuta: era troppo timido per provarci con qualcuno ed era terribilmente bravo ad attendere, attendere e attendere; soffrendo per lo più in religioso silenzio, nell'intimità della sua camera.

    Ma ne era valsa la pena.

    Ogni lacrima che aveva versato, ogni maledizione che aveva lanciato, ogni labbro morso per la rabbia era stato dimenticato da quel piccolo contatto tra le loro labbra, e non poteva far altro che sorridere all'uomo che aveva di fronte. Perché era bello, era gentile – più gentile di quanto avrebbe mai potuto immaginare – e James si era riscoperto felice come non lo era da tempo.
    E voleva continuare ad esserlo: quando l'altro gli disse che non doveva preoccuparsi, che il suo essere un disastro era parte della charme, l'Athéleian non poté far altro che lasciarsi andare.

    Bramava quel contatto tra le loro labbra con una terribile morsa all'altezza dello stomaco, perché il terrore di farsi male se fosse andato oltre era immenso. Eppure non si tirò indietro quando Michael decise di ricambiarlo, lasciandosi esplorare e assaporando ogni intreccio generato dalle loro lingue; non si tirò indietro quando Michael decise di dargli un bacio sul naso, sulla guancia, e poi sul collo, assuefatto da quelle attenzioni che aveva sognato per innumerevoli notti successive alla loro separazione. Perché il terrore era sì immenso, ma non abbastanza da fermarlo: per nessuna ragione al mondo sarebbe voluto essere altrove, e per nessuna ragione al mondo avrebbe sprecato quest'occasione di farsi amare desiderare dal Norn.

    James fece scivolare le dita di una mano tra i capelli di Michael. Accompagnò ognuna delle sue azioni, per poi stringerli non appena percepì le labbra dell'altro sul proprio lobo; si spinse, per quanto possibile, ancora di più contro il corpo di Michael, affondando a sua volta le dita dell'altra mano in quella schiena che rasentava il suo ideale di perfezione.
    Ansimava sommessamente ad ogni più piccola interazione, gli occhi socchiusi che avevano smesso di guardare davvero cosa ci fosse oltre le spalle di Michael; ansimava a una distanza irrisoria dal suo lobo, stringendolo a sé tanto quanto il Norn stringeva a sé l'Athéleian; ed era eccitato, troppo eccitato per essere solo carezze e il principio di un preliminare. Doveva staccarsi e riacquisire un briciolo di lucidità.

    Tirò appena i capelli di Michael, con delicatezza, la chiara intenzione di invitarlo a staccarsi dal lobo. Ancora una volta assaporò quelle labbra, nella speranza che avrebbe ricordato la sensazione di averle in eterno; e nel mentre una mano cercò quella priva di artigli dell'altro, afferrandola e spostandola a suo piacimento verso il suo volto.
    Si staccò da quel lungo bacio per riprendere fiato, soffermandosi su quegli occhi azzurri che gli avevano dato i tormenti per intere settimane. James non era più in lacrime e si era rassegnato all'idea di non potersi salvare; così rassegnato che, con lo sguardo pregno di desiderio, avvicinò le dita di Michael alla sua bocca.
    Le leccò appena, senza mai spostare l'attenzione dalle iridi del Norn, e poi schiuse maggiormente le labbra, lasciando che una o due di esse si insinuassero all'interno: iniziò a stuzzicarle con la lingua, molto lentamente, fino a quando non decise che succhiarle fosse il modo migliore per continuare.



    annotazioni

    → Maro', amo', ti giuro che sto blushando un sacco AHAHAHAHAH
    → Non vorrei peccare di presunzione, ma io percepisco qualche miglioramento nella scrittura di 'ste scene.
    → Comunque ora capisci perché James è troppo meglio di me? Lui è il vero fuckboi in disguise.



    Edited by Sad Reality. - 22/4/2024, 04:38
     
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    Se il suo profumo era inebriante, il suo sapore sotto la lingua era invece divino; l'immaginazione non si avvicinava mai davvero all'esperienza, e per questo Michael non era mai davvero preparato. Certo, forse era più la disregolazione emotiva che altro, o la sua nota difficoltà di autoesame, o ancora il fallimentare tentativo dei suoi già provati neuroni di tenere disperatamente insieme un pensiero razionale; fatto stava che il Norn si stava scordando di ogni motivazione per cui poteva aver deciso di essere lì in quell'oasi, quel giorno. Esplorare l'Atheleian si stava rivelando l'unica impresa che meritasse davvero di essere intrapresa lì quel giorno, e così Michael piegò la testa al Fato, preso da un sentimento che sarebbe stato disonesto definire entusiasmo per quanto era intenso e poco controllato, nonostante i tentativi del Norn di credere il contrario.
    La patetica menzogna fu polverizzata in un attimo non appena lui iniziò a far sentire la sua voce, costretta a cedere il passo alla ben più brutale scossa dell'elettrochimica, che gli provocò un brivido lungo l'intera spina dorsale sufficiente a fargli venire la pelle d'oca nonostante si stesse scaldando fin troppo.
    "Come siamo finiti in questa situazione?" si chiedeva l'antico cervello rettile, anche se il sistema limbico sapeva perfettamente che la risposta era "Non è importante. Tanto sappiamo come andrà a finire."; una conversazione di cui la coscienza di Michael non era minimamente partecipe, ben più occupato a continuare a lasciare una scia di succhiotti sul collo al partner. Avrebbe anche continuato, se non fosse stato per un'interruzione che lo fece tornare alla realtà, schiarendo i suoi pensieri per un secondo. Ovviamente il suo primo pensiero fu che avesse cambiato idea e volesse scacciarlo. Non fu così.
    Rimase ad osservarlo con uno sguardo pieno di aspettativa mentre lui sollevava la sua mano, e carezzò le sue soffici labbra con la punta del dito quando lui ve le appoggiò. Trattenne il fiato per un secondo inconsapevolmente non appena entrò in contatto con la sua lingua, morbida e fin troppo calda per non essere terribile, ma non disse nulla; preferì continuare a fissarlo, la luce del suo sguardo che diventava appena più intensa man mano che il Norn veniva pervaso dall'eccitazione. I più avrebbero potuto trovare la sua espressione facciale terrificante, quanto quella di un predatore che stava per aggredire una preda; non sarebbe stato troppo dissimile dalla realtà.
    «Cute» fu la sua unica affermazione, macchiata dalla leggera raucedine normalmente mascherata della voce di un uomo con cui la vita non era stata sempre simpatica. Ma in quel momento non si preoccupò di correggere il difetto schiarendosi la voce, preferendo avvicinarsi a quello che per lui, in quel momento, era l'unico uomo; scorse i polpastrelli della mano libera lungo il suo collo, fino a che non raggiunse il bordo della maglietta, infilandocisi sotto. Il tocco era gentile, ma vi aleggiava un'inconfondibile e quasi impercettibile invadente decisione, di chi pareva stesse per strapparlo a pezzi lì in quel momento senza chiedere scusa. Però si limitò a godersi quel contatto, frustrandosi solo nel momento in cui non potè proseguire ulteriormente, dato che l'Atheleian aveva ancora addosso quell'assurdo gilet che metteva di solito.
    Ridacchiò con un sospiro, andando a sganciarlo con la stessa soddisfazione e leggera frustrazione di un bambino a Natale che scartava un regalo dal fiocco particolarmente impigliato; poi, infilò due dita nel collo della maglietta, tirando leggermente per spingere il partner a seguirlo. Camminò indietro fino a che non si trovò accanto al letto, su cui si sedette; la differenza fra di loro era notevole, quindi doveva pur ovviare a certi problemi logistici in qualche modo. Lo spinse ad avvicinarsi ancora, fino a che non fu proprio di fronte a lui, e a quel punto senza troppi complimenti infilò una mano sotto la maglietta, tornando ad esplorare da dove era stato interrotto. Tirò su il tessuto fino a scoprirgli il petto con un sorrisetto compiaciuto che si trasformò in un risolino innocente solo per un istante, nel notare il piercing. Tremendamente adorabile. Tremendamente cute. Chissà di cosa sapeva sotto la lingua?
    Si sollevò un po' per arrivare a livello, prendendo fra le labbra il capezzolo e succhiandolo delicatamente, per non fargli male. Era una fortuna che lui non avesse il suo piercing alla lingua, avrebbe pensato se fosse stato in grado di connettere; non era però così, per cui il Norn preferì continuare ad usare la lingua piuttosto che la testa, leccando avidamente prima da un lato e poi dall'altro, per poi scendere con tutta la pazienza del mondo lungo il suo petto, poi sulla pancia, fino ad arrivare alla cintura. Si fermò solo un secondo per armeggiare con i suoi pantaloni, la cui misera resistenza non fu nulla per uno che come Michael era abituato a scassinare porte e far partire allarmi ogni giorno della sua vita. Gli rivolse un ultimo sguardo, scorrendo gli artigli lungo la sua pancia, giusto abbastanza per farne sentire la pressione ma non con troppa forza. Arrivò così al bordo delle sue mutande, che scostò per rivelare la sua eccitazione.
    Non avrebbe potuto avere un'espressione più soddisfatta di così. Il Norn si leccò le zanne, restando soltanto un attimo ad apprezzare il suo lavoro come un teenager esaltato, per poi schiudere le labbra. Passò prima la lingua sulla punta, girandoci intorno con tutta la pazienza del mondo, per quanto si potesse vedere fin troppo bene come gli richiedesse un livello di controllo quasi ridicolo. Si diede un paio di secondi di quel giochetto prima di prenderlo finalmente in bocca, appoggiando una mano sulla schiena dell'Atheleian e tirandolo verso di sè con una mal repressa foga che non riuscì davvero a mascherare. Non quella volta.


    That Melody ♪ ♫

    ∆ Possiamo fingere che questi post non vengano scritti con "2 hour no music baking video" in sottofondo. Se non altro per Maggio saprò fare più torte. :slap:
    ∆ Se M potesse reactare irl il piatto con la forchetta probabilmente lo farebbe rn. :hidden:

     
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    james


    Avrebbe forse dovuto rispondere verbalmente al “Cute”, ma il suo primo istinto non fu di certo interrompere ciò che aveva appena iniziato. Roteò gli occhi e scosse appena il capo, esternando il suo disappunto per quell’aggettivo che tanto detestava quando associato a se stesso – meno che mai quando cercava di risultare tutt’altro.
    Le “cose carine” facevano sempre una brutta fine: passavano il tempo ad inseguire red flag mostruose e a farsi prendere per il culo in ogni modo possibile prima di trovare, dopo tante sofferenze, il loro principe azzurro; come se non bastasse non aveva mai letto da nessuna parte di principesse messe a novanta, e questo generava un immenso dispiacere in quel cutie di un Athéleian.

    Non smise dunque di stuzzicare le dita di Michael con la lingua e le labbra, ma anzi intensificò le sue azioni con una certa sfida nello sguardo: i suoi occhi non potevano brillare come quelli del Norn, ma erano così trasparenti da non nascondere più alcunchè. La paura era mescolata al piacere di quel contatto, accompagnato dagli artigli che generavano intensi brividi lungo la sua schiena; e il desiderio, anche se per pochi istanti, lasciava il posto a un'esigenza che gli era troppo estranea per essere compresa fino in fondo. Nel complesso era però sicuro a sua volta, quantomeno di essere nel posto giusto con l'unica persona che avrebbe voluto interagisse con lui in tal modo; una sicurezza che scemò man mano che Michael prendeva ancora una volta iniziativa, slacciandogli dapprima il gilet ed invitandolo poi a seguirlo in direzione del letto.

    Fu proprio lì che un barlume di terrore costrinse James a tentennare, a posare un passo dopo l'altro con la stessa instabilità di un bambino che stava imparando a camminare, ma non di certo con lo stesso entusiasmo. Si lasciò posizionare da Michael senza battere ciglio, con il cuore che ancora una volta gli scoppiava nel petto e tutta l'ansia che poteva generare il suo corpo, combattuto tra ciò che la mente riteneva più saggio e ciò che anelava dal profondo della sua anima.
    Non riuscì ad accompagnare le attenzioni di Michael con una tenera mano tra i suoi capelli o sulle sue spalle, perché le braccia continuavano a scivolare sui fianchi e a bloccarsi successivamente a mezz'aria: il contatto della lingua del Norn sulla sua pelle lo mandava in estasi, al tal punto da non sapere davvero cosa fare oltre a contenere, molto maldestramente, la sua agitazione.

    James non ebbe nemmeno il tempo di comprendere che stava realmente accadendo quando vide i suoi boxer scivolare lungo le gambe. Con il fiato sospeso per l'imbarazzo, la sua destra fece per avvicinarsi al volto di Michael nell'istintiva intenzione di allontanarlo, ma fu troppo lento: nell'esatto momento in cui percepì la lingua del Norn sulla sua erezione, l'Athéleian bloccò la mano lì dove era arrivata, in prossimità del lobo sinistro dell'altro.
    In quel momento si sentì mancare.
    Qualche istante dopo morire.
    Poi non sentì nient'altro che il calore della bocca di Michael avvolgerlo, e tutta l'ansia scivolò via senza che lui potesse rendersene conto: così come Michael lo tirava a sé, James faceva lo stesso con entrambe le mani ben salde dietro la nuca. Tratteneva a stento gemiti di piacere, assuefatto da ogni più piccolo movimento dell'altro; stringeva quei capelli come fosse l'unico modo per illudersi che poteva ancora avere un minimo di controllo; e ricambiava i suoi sguardi con un'espressione che lo supplicava di non smettere, di non farlo mai, perché aveva atteso tanto e la realtà aveva superato di gran lunga le aspettative. Ma James aveva desiderato questa interazione in un modo così viscerale da rischiare di sanguinare per la forza con cui stringeva un labbro tra i denti, incapace di contenere l'eccitazione che gli incendiava il volto gli svuotava la mente.

    Per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto interrompere quel contatto e, allo stesso tempo, per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto che il Norn avesse un'opinione “sbagliata” di lui. Agì con un groppo in gola, rinchiudendo l'orgoglio in un minuscolo angolo dell'anima, con cui avrebbe fatto i conti molto più tardi per il rimorso di aver parlato.
    «Michael, a-aspetta...» disse mentre ancora ansimava. Gli occhi si spostavano da un punto all'altro della stanza nella speranza vi fosse qualcosa in grado di distrarlo, ma niente era più magnetico del Norn che si stava divertendo proprio con lui. «Sto per... fermati...»



    annotazioni

    → Mi piaceva la reference al bambino che scartava il regalo di Natale.
    → Ha detto cinque parole che esistono nel vocabolario (mi sembra un passo importante) e... Puoi scegliere tu cosa succedere mentre io continuo a nascondermi in un angolo.
    → Comunque sia io che James ci metteremo mesi a riprenderci dal tuo precedente post.



    Edited by Sad Reality. - 22/4/2024, 04:38
     
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    Si stava divertendo un mondo. Certo, chi lo conosceva almeno un po' doveva immaginarlo, ma in quei momenti Michael aveva un modo quasi ingenuo di atteggiarsi, leggero, puerile, entusiasta, come se il significato della situazione gli sfuggisse e non gli fosse mai stato spiegato come si sentiva la gente normale in quei momenti. Parzialmente era così: sicuramente ciò che riempiva la sua bocca mente in quell'istante non era di certo lo stesso che sentiva James; non avrebbero potuto essere più diversi di così, e forse era questo che rendeva la cosa così divertente. Tuttavia, Michael era così anche proprio perchè non trovava senso nel farsi troppe ansie o nel prendere eccessivamente sul serio la situazione. Mille cose avrebbero potuto andare male, centinaia di pessime opinioni avrebbero potuto formarsi, e così in ogni secondo in cui andavano avanti. E non valeva davvero la pena pensarci, non quando invece poteva sentirsi così felice, e sollevare lo sguardo e pensare a quanto fosse tenero, e sentire tutte quelle sensazioni sulla lingua, sotto le dita, nel cuore; che senso aveva lasciarsi prendere dall'ansia quando era lì con lui, ed era bellissimo, e non avrebbe voluto essere altrove? Era felice e voleva che fosse felice, e per il Norn non c'era altro in quel momento, e quindi non avrebbe potuto comportarsi diversamente, giocando con il suo uomo con innocenza, disinvoltura, divertimento. Ogni sguardo ricambiato gli era prezioso, ogni fiato rotto, le sue dita fra i capelli, la disperazione nei suoi occhi; Michael era inebriato di lui... e anche se non si aspettava che fosse suo a lungo, questo non significava che non avrebbe apprezzato ogni istante, un po' come ogni notte sollevava lo sguardo a guardare le stelle con la stessa meraviglia, nonostante la consapevolezza del fatto che sarebbero scomparse al sorgere del sole.
    L'intonsa gioia fu interrotta solo per un secondo quando lo sentì implorare di fermarsi, al che gli rivolse un principio di sguardo interrogativo che però scomparse quasi subito non appena realizzò quale fosse il problema. Certo, la cosa era anche esilarante - era consapevole dell'effetto che aveva sugli uomini - ma sicuramente non era il dramma che pensava che fosse. Non gli passò nemmeno per l'anticamera del cervello di fermarsi veramente, rivolgendogli uno sguardo a metà fra l'incredulo e il sarcastico prima di rimettersi al lavoro, come a trasmettere il concetto veramente mi stai interrompendo per questo? che poco distava da un eyeroll fin troppo divertito. Compromise con il povero gattino rallentando un po' il ritmo, in modo di lasciargli più tempo di godersi le sue attenzioni, assaporandolo come fosse l'ultimo uomo di cui poteva avere la compagnia prima dell'apocalisse. E sì, anche per sè stesso, perchè certo che pure a lui piaceva sentire il suo calore in bocca, ogni sua sensazione sotto la lingua e ogni pulsazione e movimento fra le dita a cui era naturalmente attento, abituato ad utilizzare quei segnali per regolarsi e capire come stava il suo partner.
    Però non troppo a lungo; alla fine il suo autocontrollo era pur sempre pateticamente impotente di fronte a lui che era così tremendamente attraente in ogni senso della parola, e fallì dopo qualche minuto, non riuscendo più a reprimere il controllato entusiasmo di chi si stava sì divertendo da morire ma era anche dannatamente consapevole di possedere delle zanne davvero affilate. La previsione del compagno si era rivelata corretta; l'uomo raggiunse l'apice nella sua bocca, caldo, eccitante, e Michael non si sognò nemmeno di staccarsi fino a che non ebbe finito; gli rivolse uno sguardo furbo e profondamente fiero da puro gatto-del-crimine, rendendo innegabile la propria soddisfazione e fugando qualsiasi impressione di delusione.
    Gli concesse un'ultima leccatina prima di staccarsi da lui, ripulendosi le labbra con il gesto disinvolto di chi aveva fatto quello stesso movimento centinaia di volte; poi si risollevò, alzando lo sguardo ceruleo verso di lui a cercare il suo, e quando lo trovò ne fu bruciato.
    Non avrebbe saputo descrivere l'emozione che vide in lui, perchè gli era così totalmente estranea da essergli impossibile da simulare, ma sicuramente seppe ciò che stava provando lui. Anni prima forse si sarebbe convinto del contrario, la mente obnubilata da così tanti oh no. oh no. in contemporanea da rendere volutamente impossibile pensare... ma ormai era un uomo diverso, e così dopo un'iniziale appena impercettibile trasalire alla realizzazione rimase semplicemente ad osservarlo con un sorriso in volto. Lo inteneriva, e nel profondo della sua anima stava un piccolo germoglio, fragile e fin troppo timido per la tremenda forza con cui bruciava; il principio di un sentimento non impaurito, ma che pretendeva aria, luce e di nutrirsi di ciò che lui gli faceva provare, ancora e ancora.
    «Love. Per favore. Chill. Divertiti un po'.» disse dopo qualche attimo, con un tono divertito ma gentile e paziente, davvero non intenzionato a condividere la sua scoperta e preferendo piuttosto concentrarsi sull'altro. Sollevò una mano, accarezzandogli prima il fianco nudo e poi la guancia con affetto, nella speranza che calmasse un po' la sua ansia e le sue infinite seghe mentali riguardo a chissà cosa doveva essergli venuto in mente per spingerlo a fermarsi.


    That Melody ♪ ♫
    ∆ Se muore il png non mi assumo responsabilità. Sono troppo belli tho. <3

     
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    james



    Credere che Michael potesse acconsentire alla sua richiesta fu estremamente ingenuo, ma lo realizzò soltanto in un secondo momento. Dopo quelle appena cinque parole biasciate, che comunque riteneva sufficienti ad esprimere la sua difficoltà nel proseguire, tentò di decifrare l’espressione dell’altro: confuso dalle loro interazioni e dalle emozioni contrastanti che albergavano in lui, James non stava capendo poi molto e fallì miseramente nel suo intento.
    Lo vide rallentare e tanto gli bastò per pensare che il Norn si sarebbe fermato di lì a poco. Passare per un quindicenne alla prima esperienza era ben lontano dai suoi desideri ma c’era troppa carne sul fuoco e James non era nient’altro che un piccolo topo da biblioteca con qualche esperienza alle spalle – anche se nessuna era stata così intensa come quella con Michael.
    Quindi continuò a tenere le mani tra i suoi capelli, a godere dell’eccitazione nella sua calda e accogliente bocca senza mai – per nessun motivo al mondo – sollevare lo sguardo e puntarlo altrove.

    Per James era davvero insolita una simile attenzione. Non c’era mai abbastanza tempo o forse voglia di guardarsi, esplorarsi, capirsi: la solita prassi era fare un pompino e, poco dopo, essere messo a novanta contro la prima superficie disponibile; cose come baci, carezze, giochi di sguardi, sorrisi… tutto era ridotto all’osso e con l’unico obiettivo di avere un orgasmo a testa.
    Non tutti, ma molti.
    E nessuno si avvicinava nemmeno lontanamente a quello che stava vivendo con Michael.
    Per quanto a James costasse un’immensa fatica realizzarlo, ogni gesto del Norn lo portava alla conclusione che non volesse terminare la one night stand come erano soliti fare gli altri; e tra l’attrazione non solo fisica e il sesso orale ricevuto – a cui non era chissà quanto abituato – si distrasse a sufficienza da sentire le sue paranoie come ovattate, relegate a un angolo distante della propria anima.

    James venne.
    Venne curvando la schiena verso il basso, le dita arpionate ai capelli di Michael in un istintivo gesto – per quanto non necessario – di tenerlo lì, ancorato a sé. Ogni suo muscolo si contrasse e, per una serie infinita di istanti, la sua mente si svuotò da ogni cosa: nell’intero universo esistevano solo loro, lui e l’uomo che aveva poco più in basso, e ciò che James sentiva ardere nel suo petto era immenso e inquantificabile.

    Michael era quanto di più vicino al suo ideale di perfezione; l’aveva pensato la prima volta che i loro sguardi si erano incrociati nella mensa e l’aveva confermato con quella brevissima ma intensa conversazione nel corridoio. Quel “per ora”1 aveva occupato la sua mente per una notte intera, e aveva poi atteso con pazienza fino a quando non si era sentito tradito da una promessa che non c’era mai stata.
    E anche lì aveva continuato a pensare che fosse perfetto.
    Per quanto non si conoscessero realmente e vedesse in Michael un’infinità di difetti, James sapeva in cuor suo che nulla aveva più importanza: ormai era fottuto. Con violenza, senza preavviso o preparazione, né lubrificante né saliva – nemmeno un trascurabile sputo. Lo era da sempre e non l’aveva compreso; lo sarebbe stato per sempre e in quel frangente ne fu consapevole.

    Si lasciò cullare dalla mano di Michael sul volto, coperta dalla propria come a voler dimostrare quanto amasse quel tenero contatto. Socchiuse gli occhi, il volto disturbato da una lieve espressione di inquietudine che nascondeva maldestramente i suoi pensieri.
    Poi li riaprì, ricambiando il sorriso dell’altro con ancora una volta le lacrime agli occhi. Non rispose, non disse nulla – non ne sentì l’esigenza – conscio che i suoi sguardi erano più espliciti delle parole e che i silenzi urlavano ciò che ancora non poteva ammettere a voce: voleva perdersi nelle sue iridi, baciare ogni suo sorriso e tracciare infiniti disegni sulla pelle nuda; voleva lasciarsi esplorare, sentirlo dentro di sé per colmare la voragine generata da altri; voleva addormentarsi tra le sue braccia, cullato da quelle carezze e quel tepore di cui aveva così disperatamente bisogno. Voleva amarlo e lasciarsi amare, e poco importava se sarebbe stato per un giorno o una vita intera – sarebbe stato comunque per sempre.

    Con una rinnovata serenità sfilò le scarpe e i calzini2, poggiandosi a una spalla di Michael; lasciò cadere sul pavimento la maglietta; si disfò anche del pantalone e dei boxer, non senza una certa esitazione; e quando sollevò lo sguardo continuò a sorridergli, nonostante il lieve imbarazzo che gli causava essere nudo davanti a un altro redeemed.
    Perché in fin dei conti James era tutt’altro che coraggioso o intraprendente, dubbioso di poter piacere al di là di quell’involucro di carne, e raramente era riuscito a spogliarsi oltre i suoi indumenti; ancor meno aveva avuto la volontà di mostrarsi vulnerabile; mai di accettarne le eventuali conseguenze.
    Michael era un’eccezione – un atto di fede da un miscredente, un deragliamento da un binario sicuro, un salto da un dirupo nel bel mezzo di una tempesta – e ne avrebbe impresso nella sua memoria ogni singolo istante, anche il più insignificante.

    Poggiò una mano sul petto di Michael, in prossimità del cuore. La fece scivolare fino al ventre, lenta, prima di lasciar cadere l’asciugamano sul pavimento e osservare timidamente cosa vi fosse celato. Arrossì come se non avesse mai visto un uomo: si maledì in silenzio, mordendosi un labbro e distogliendo lo sguardo più volte, inizialmente incapace di incrociare quello dell’altro. Ci volle qualche istante di troppo per riuscire a farlo, ma neanche lì servì parlare.
    James era nudo, ognuna delle sue insicurezze alla mercé della persona che aveva di fronte; trasparente, come una lastra di vetro a cui era stata rimossa con cura ogni macchia – e altrettanto fragile, perché in grado di frantumarsi al più delicato dei tocchi.
    Il suo volto esprimeva più di quanto potesse mai dire: lo stava supplicando, e toccò a Michael il semplice compito di comprendere per cosa.


    Amami ancora”.




    annotazioni


    1 Reference a Lights Out, scena del corridoio con il by chat, dove James dice una roba tipo “Io non ti conosco” e Michael risponde “Per ora”.
    2 Poiché indossava gli anfibi, direi che ha dei calzini con l’immagine stilizzata di Thanat che si fotte Sievar. Non chiedermi dove li ha trovati perché idk ma, conoscendolo, non mi stupirei se li cucisse lui stesso – i bottom sono sempre pieni di risorse.


    → Sì, prima in chat ho mentito: sono perfettamente consapevole delle espressioni facciali.
    → Questa vale come la letterina che avrei voluto spedirti ‘sto mese ma che ho continuato a strappare, perché non ero mai contento. Ti amo.

     
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    Le sue lacrime non lo stupirono, lasciandolo comunque sconvolto; Michael non sarebbe mai stato davvero vicino a comprendere anche solo minimamente cosa stava passando il povero cutie che aveva di fronte, e forse proprio per quello non potè non trovarlo davvero tenero. Restò prima a consolarlo e poi ad osservarlo mentre si svestiva, apprezzandolo con uno sguardo che alla fine era fin troppo innocente per qualcuno che stava guardando un uomo denudarsi: non stava davvero osservandolo nel corpo, ma più nei calcolati movimenti, nella scelta di sostenersi a lui, nel gentile sorriso che continuava a rivolgergli pur essendo più che chiaramente imbarazzato, nello sguardo evitante che cercava disperatamente di nascondere ciò che stava nell'anima; non potè non sorridergli di rimando.
    Si offrì a lui, nudo di tessuto quanto lo era di maschere, e Michael scorse la mano sulla sua pelle appena fredda, restando in un silenzio rotto soltanto dai loro respiri, le guance appena colorate da un rossore dettato dalla pura emozione più che dall'imbarazzo. James era vulnerabile, un sacrificio su un altare dimenticato di fronte a quello che era l'idolo deturpato di una divinità senza nome ma mai senza fedeli; sicuro, forte, la vita che gli segnava la pelle, il torso punteggiato di stelle fluorescenti e nelle iridi il fuoco del Destino di cui era sempre stato il preferito. Eppure in quel momento era l'altro ad essere radioso; come altro avrebbe potuto essere definita un'offerta adorabile ed adorata, così sfavillante da costringere una divinità ad abbassare la testa e sollevare lo sguardo in ammirazione? Così puro e gentile da far nascere persino in una creatura così indicibilmente crudele il desiderio di offrire un tocco amorevole? Eppure persino accanto al Male crescevano i fiori, e in quel momento non desiderava altro che contemplarne i petali, sfiorarne la delicatezza e sentirne il profumo.
    Allungò una mano, invitando il partner a sedersi a cavalcioni delle sue ginocchia, e l'altro acconsentì, non senza un certo imbarazzo che strappò un risolino al Norn. Alla fine di quella giornata probabilmente l'Atheleian avrebbe potuto ridisegnare l'intera stanza ad occhi chiusi per pura memoria, ma chi era in fondo lui per fare battute sarcastiche su quella caratteristica che ogni volta gli stringeva il cuore? Mantenne lo sguardo nei suoi occhi per uno, due, tre secondi; poi dovette abbracciarlo, l'impulso in mezzo al suo petto non gli diede scelta. Strinse a sè la sua Andromeda, così apparentemente fragile addosso a lui che invece era possente, eppure come una mantide si celava dietro una colorata orchidea, fu Michael a nascondere il viso nell'incavo del collo di James, proprio dove prima lo stava divorando senza troppi complimenti. E lì rimase per lunghi istanti, godendosi quel contatto e inspirando il suo profumo, divertito dal suo battito accelerato che poteva percepire attraverso la pelle data la particolare posizione. Si diede il tempo di fare ciò che evidentemente avrebbe dovuto fare fin dall'inizio, e per infiniti attimi non disse nulla, in pace, canticchiando a bassa voce e lasciando che il sentimento che gli invadeva il cuore bruciasse più forte che mai, intenso eppure intriso di calma. Un controsenso? No, non davvero.
    Si risollevò e il suo sguardo era felice, come la luna che, ogni notte, rifletteva i raggi del sole e illuminava il cielo; non si soffermò però a lungo, stringendo l'uomo fra le braccia ancora una volta, sollevandosi però appena un po' quella volta senza alcuno sforzo. Scostò la coperta e il lenzuolo dal letto prima di spingersi indietro, andando poi a stendersi sul letto e tenendo l'altro a cavalcioni sopra di lui; si lasciò sfuggire una smorfia di dolore non appena la fin troppo stanca schiena toccò la superficie. Sì, alla fine era davvero stanco, dato che non aveva dormito, avendo passato tutta la notte in viaggio; era da un po' che non dormiva sul serio, tra l'altro, visto che si era ricongiunto ad Angela dopo un lungo periodo di lontananza, e quindi aveva preferito dedicarsi a lei piuttosto che a perdite di tempo come il sonno. Anche per questo, la spalla destra lo stava uccidendo, ma il Norn si limitò ad ignorare il piagnucolio dei muscoli, preferendo ancora una volta i piaceri dell'anima.
    Lasciò a James il tempo di sistemarsi come stava più comodo, restando ad osservare la sua figura che si stagliava nella luce di mezzogiorno come un angelo circondato da un'aureola. Solo dopo lo tirò a sè per unire le loro labbra in un bacio che solo inizialmente fu casto, approfondendolo poi perchè sicuramente non aveva finito lì quando c'era così tanto tempo al loro servizio ed erano così tremendamente belli da far impallidire ogni singolo angolo di quel patetico universo.
    Però.
    Per quanto ogni contatto gli togliesse il fiato dai polmoni e gli strappasse il cuore e non gli facesse desiderare altro che lui.
    Rimaneva una questione.
    Una domanda.
    Che non poteva non porre appena aveva finito di baciarlo.
    E gli tornò in mente proprio in quel momento, proprio perchè stava così bene, proprio perchè in quel momento era così felice.
    Appoggiò la testa sul cuscino - i capelli erano soltanto un po' umidi, del resto - per poi assumere un'espressione interrogativa che ovviamente precedeva una domanda assurda. Non attese conferma prima di parlare.
    «Però prima devo saperlo.» cominciò, scostandogli i capelli dal viso con un gesto dolce, mentre l'altra mano stava in deliziosi lidi «Se tutto questo allora si può sapere perchè mai non mi hai mai chiamato?» concluse, riferendosi alla radio che gli aveva lasciato. La sua personale, ovviamente. Con tanto di origami di gatto e flirt arrogante al suo interno. Il tono della sua voce non era minimamente arrabbiato, soltanto divertito, ed era chiaro che non sarebbe cambiato niente a prescindere dalla sua risposta. Ma il Norn era davvero troppo curioso.


    That Melody ♪ ♫

    ∆ Sai che sei proprio bello? ❤❤
    ∆ Purtroppo come sai i sociopatici sono diciassettenni scemi, nonostante il terrorismo. Quindi toccano le domande wildly inappropriate.
    ∆ Non esiste un equivalente maschile di un mito vicino a quello di Andromeda per cui ci toccherà accontentarci. ;D

     
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    james



    C'era qualcosa di istintivo e primordiale, di scientificamente inspiegabile, che spingeva James ad andare avanti nonostante tutto quello che gli affollava gli occhi e il cuore; qualcosa che batteva a mani basse la vergogna, la paura, l’insicurezza, e lo spingeva ad afferrare la mano di Michael e a sedersi a cavalcioni su di lui – esitando, ma non opponendo alcuna reale resistenza.
    Tentava di regolare meccanicamente il respiro e i battiti, il contatto tra le loro intimità che lo faceva sentire ancora più nudo di quanto già non fosse. Provò a nasconderne le conseguenze avvolgendo le braccia attorno al collo di Michael, come a non voler che guardasse in basso, pur consapevole che non sarebbe stato sufficiente.
    Si lasciò guardare e ne ricambiò lo sguardo, senza mai perdere quel guizzo di desiderio che l’aveva trascinato fino a quel momento: sarebbe rimasto lì in eterno, a perdersi tra le iridi cerulee del Norn, a contemplare i suoi lineamenti, a sfiorare i tatuaggi mescolati alle cicatrici, assuefatto da quella perfezione che gli riconosceva – e poco importava se era l’unico a vederla.

    Restituì l’abbraccio, il volto di Michael nell’incavo del proprio collo; poteva sentirne il caldo respiro sulla pelle, le labbra che saltuariamente la sfioravano mentre canticchiava chissà cosa sottovoce. James gli accarezzò i capelli per diversi istanti; poi abbassò la testa, poggiandola sulla spalla dell’altro, e rimase lì, bloccato in quell’eterno istante di tenerezza di cui non avrebbe mai immaginato esserne protagonista. Poteva percepire la tachicardia scemare insieme ai propri pensieri, come sospeso in un limbo di cui non gli interessava trovare l’uscita.

    Non oppose resistenza nemmeno quando Michael lo buttò con sé sul letto, ridendo della smorfia di dolore dell’uomo per il contatto con il materasso; gli avrebbe concesso un massaggio più tardi, se fosse riuscito a sopravvivere all’imminente amplesso con quella divinità. Se non altro, da quella rinnovata e parziale distanza – che comunque lo imbarazzava velatamente – contemplò uno ad uno i tatuaggi sfiorandoli singolarmente con le dita, soffermandosi su una costellazione che non impiegò molto ad identificare: pensò fosse appropriata a uno come Michael, per quanto non potesse conoscerne la profondità di tale scelta, e le concesse un bacio seguito da un rapido sguardo al proprietario – un po’ divertito, un po’ intrigato, ma sicuramente tutt’altro che giudicante.
    Sarebbe forse rimasto ancora a studiarlo come si è soliti fare con un dipinto, o forse ancora avrebbe chiesto la storia di un paio di cicatrici o disegni, se non fosse che Michael lo obbligò a baciarlo.

    Provò a trattenersi un minimo, ma il trasporto dell’uomo lo fece diventare schiavo di quel contatto e si lasciò andare: ansimava tra le sue labbra, le mani che fremevano nell’arpionarsi alla pelle nuda dell’altro; stringeva le gambe al suo corpo, nel vano tentativo di reprimere l’istinto di andare al dunque adesso, senza esplorarsi oltre; e mentre trovava il coraggio di far scendere la propria mano sul ventre dell’uomo, con la chiara intenzione di stimolarlo, James venne interrotto senza alcuna motivazione.
    Ogni genere di paranoia tornò ad affollare la sua povera mente, dalla più ragionevole alla più improbabile, e un’espressione colpevole fece andar via quel desiderio viscerale di farsi scopare, amarsi conoscersi fino in fondo. Non sapeva dove avesse sbagliato, cosa avesse fatto di così riprovevole da meritare che tutto si finisse a un passo dalla pace dei sensi, e non servì a niente la mano di Michael gli stringeva una natica né la delicatezza con cui gli spostò i capelli dal volto.

    La domanda lo colse completamente alla sprovvista.
    «…Se tutto questo cosa?»
    «Non è importante. Rispondi alla domanda.»1
    Per quanto Michael si mostrasse più divertito che altro, James si ritrasse e rimase in silenzio per qualche istante, con la schiena dritta e nascondendo istintivamente la propria eccitazione con le braccia. Tra tutte le ipotesi che avevano affollato la sua mente nel giro di poco meno di trenta secondi, questa non era presente; non era presente perché gli sembrava così palese la risposta da non meritare nemmeno che ne parlassero – figurarsi in quel preciso momento.
    «Sul serio? Davvero mi stai chiedendo perché non ti ho chiamato?» Con la voce alterata dall’incredulità e dalla vergogna, James allargò le braccia per poi indicare più volte se stesso: «Mi hai visto bene?!»
    Un palesissimo top che chiedeva a un palesissimo bottom il perché della mancata iniziativa era una di quelle cose che avevano dell’assurdo, per l’Athéleian, e in oltre venticinque anni di esistenza non gli era davvero mai capitato. Non si fece però scoraggiare da un’eventuale reazione del Norn, decidendo di approfittare del momento per svelare questo arcano che tanto arcano non era.
    Sospirò.
    «Aspetta, non ti muovere.»

    Scese dal letto, spostandosi appena nella stanza per raggiungere l’armadio e curvando la schiena verso il basso2, al fine di raccogliere qualcosa di ben nascosto al suo interno: si girò con una piccola scatola malridotta, non molto più grande del palmo della sua mano, che in origine doveva contenere il suo cellulare.
    Con un corrucciato disagio, tornò in prossimità del letto ma dalla parte opposta a quella dove poteva essere Michael, aprì la scatola e la rovesciò interamente: un origami di un gatto e una decina di fogli, ripiegati e stropicciati in ogni verso possibile, fitti di nero inchiostro – scritti di suo pugno, in momenti di profondo sconforto.
    «Non so quante volte mi sono detto che avrei dovuto buttarla, ma alla fine non l’ho mai fatto.» disse gettando la scatola sul pavimento e puntando lo sguardo su una parete a caso «Non ci sono riuscito. Come non sono riuscito a chiamarti, a scriverti, a salutarti prima che andassi via…»
    Si fermò. Raccolse tutto il coraggio di cui disponeva per incrociare lo sguardo di Michael, incerto sulle parole da utilizzare. Gli sarebbe parso più semplice suicidarsi – ma anche questo poteva essere considerato un suicidio, in parte.
    «Io non sono come te.» concluse.

    Non era come lui, non lo sarebbe mai stato, e forse per questo motivo che se ne sentiva pericolosamente attratto. Non potevano essere più diversi: lui introverso e costantemente a disagio, troppo impegnato a ricordarsi come respirare per azzardare un approccio; l’altro fin troppo a suo agio nel proprio corpo e nel mondo, sicuro di sé e di quanto possa piacere a chiunque altro. Lui pieno di paranoie assurde che non gli avevano concesso di sentirsi amato mai; lui con una mente sgombra da pensieri superflui e che aveva conosciuto l’amore sotto ogni sua forma.

    James si perse ad osservarne il corpo nudo disteso sul letto, con quella rinnovata vergogna nel constatare quanto la vita era stata magnanima con Michael. A prescindere dalla risposta alle sue dichiarazioni, non avrebbe potuto fare a meno di sentire quel desiderio ardergli nello stomaco e poco più in basso.
    Tentò una parvenza di compostezza sedendosi di fianco a lui sul letto, con la schiena contro la testata e le gambe strette vicino al petto – a scanso di equivoci, non c’era un singolo centimetro di pelle che toccasse quella dell’altro. Impiegò poi un’eternità per sciogliere la matassa di paranoie e imprecazioni che lo accompagnavano, lo sguardo perso sul poster di Loncé che aveva di fronte. Alla fine, come se fosse ritornato al presente dopo essere stato chissà dove, si giustificò in questo modo:
    «Comunque era compito tuo contattarmi o venirmi a trovare, non mio.»





    annotazioni


    1 Ho deciso di mettere solo la linea di dialogo perché tanto cosa vuoi che capisca James in questo momento AHAHAHAH
    2 La risposta è sì, è proprio tutto in bella mostra.


    → Non iniziare. Nella mia attività non rientra l'esternare le tue opinioni personali.
    → Io che stavo già attuando la pratica del gattino che scodinzola ma hey, abbiamo un problema di altezza e al massimo gli faceva il solletico all’ombellico. :sad_doge:

     
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    La risposta, se possibile, riuscì a perplimerlo ancora di più, dato che non spiegava nulla e al tempo stesso insinuava che dovesse arrivarci facilmente. La realtà era che aveva già visto schemi del genere - con le sue preferenze, non era una sorpresa - ma non gli sarebbero mai davvero stati comprensibili, men che meno riconoscibili. Continuò a rimanere fermo, seppur con un leggero disappunto in volto, quando lo vide alzarsi per andare a prendere qualcosa, osservandolo senza la minima vergogna mentre si abbassava con giusto abbastanza enfasi da far capire che fosse un qualcosa che gli veniva naturale, non che stava facendo intenzionalmente. Lo trovò seducente ad un livello così profondo ed atavico, proprio là nella parte più animale e recondita dell'anima; fu salvato da un assalto immediato solo dal fatto che stavano parlando di cose serie, e per questo Michael riuscì nel wisdom check necessario a mantenere la concentrazione abbastanza a lungo da permettergli di finire ciò che stava facendo.
    Mai si sarebbe aspettato quello che vide, però; l'uomo svuotò il contenuto di una scatola di fronte a lui - ci vollero dei secondi prima che l'immagine di fronte ai suoi occhi tornasse la realtà, ad onor del vero - compreso un certo origami che riconobbe immediatamente anche un anno dopo.
    Sollevò istintivamente lo sguardo verso James, lasciandogli spazio per mettersi sul letto con lui, e ascoltando quella spiegazione che gli strappò il cuore. Non rispose immediatamente, abbassando lo sguardo su quella pila di parole segrete consegnate all'inchiostro di pagine nascoste, catturando appena qualche frase che lo costrinse a cedere alla curiosità. Ne prese inizialmente una a caso, contando sul fatto che l'altro lo avrebbe fermato se avesse voluto, e cominciò a leggere.
    Era una collezione di quelle che parevano essere lettere, forse più fotografie dell'anima, quei discorsi segreti che normalmente uscivano soltanto con pochi vestiti addosso, copertine e riflessi delle lucette sul soffitto, e ci vollero molte righe prima che capisse che erano rivolte proprio a lui, e nemmeno in modo figurato. Ogni singolo foglio parlava di lui e a lui, di sentimenti nei suoi confronti, di cose che James avrebbe voluto fossero andate diversamente, dei suoi pregi e i suoi difetti, le sue preoccupazioni, cosa aveva provato quando li aveva aspettati fuori dal tunnel, e così per molte altre righe. Mentre le parole si susseguivano di fronte ai suoi occhi, Michael allungò una mano, andando a cercare quella dell'Atheleian per stringerla ed intrecciare le dita con le sue. Era più un gesto probabilmente istintivo che davvero passato per il filtro della razionalità, dato che il Norn non spostò per un attimo lo sguardo dallo scritto, completamente assorbito.
    Quando risollevò gli occhi lucidi continuò a rimanere in silenzio ancora per qualche secondo, contemplando il miracolo che aveva di fronte come fosse l'ultima volta che lo avrebbe visto, e strinse un po' più forte la sua mano. Non era triste; per quando proprio al centro del suo petto ci fosse una voragine e il suo respiro fosse quasi impercettibilmente rotto, l'emozione che stava provando in quel momento non era negativa. Certo, bruciava, provocava un indicibile dolore e un'indolenza nel diaframma totalmente opposta all'irruenza con cui si faceva sentire il battito cardiaco; era morente, non come una foglia secca, ma come una gigante rossa che in ogni istante della sua vita diventava ormai sempre più prossima alla supernova. Si diede del tempo, lottando per catturare delle parole da dire, come avrebbe fatto un uomo ubriaco con una saponetta caduta nella vasca; erano lì, le percepiva chiaramente, eppure gli sfuggivano dalla presa della coscienza con una tale leggerezza da sembrare quasi lo deridessero.
    «Sei...» cominciò. Almeno dire qualcosa lo avrebbe obbligato a continuare.
    «Sei un tale gattino abbandonato.» continuò, la voce incrinata dall'emozione a malapena contenuta. Si ritrovò però insoddisfatto, perchè le parole che aveva pronunciato non erano quelle che stavano nella sua mente. Cioè, in realtà lo erano, i due concetti erano perfetti sinonimi in ogni singola dimensione, però al tempo stesso questo poteva saperlo solo chi lo conosceva. Decise di non scommettere una seconda volta sul caso, anche perchè no, meritava che lo dicesse davvero. Si asciugò distrattamente la singola lacrima che era sfuggita alla sua prigione per andare a bazzicare sulla sua guancia. Inspirò. Espirò.
    «Sei bellissimo» riprovò disse poi, con un tono soffice e uno sguardo dolce; era chiaro non fosse propriamente abituato ad esprimere il concetto, ma non poteva non pensarlo, e se non poteva non pensarlo allora che senso aveva non dirlo? Tanto nel mondo era perso per mancanza di un po' di coraggio, e tanti cadevano di fronte alla paura; non lui, non ora. Un altro respiro profondo.
    «E scusa affermò poi; non era capace di sentirsi in colpa, e in momenti più unici che rari al massimo sentiva di aver genuinamente compiuto un errore: era uno di quei momenti.
    «Avrei dovuto pormi due domande. Alla fine è facile dare la colpa a te quando ho fatto la stessa cosa» ammise, con una risata divertita, tinta di un'emozione che emanava sì luce, ma non come una fiamma, più un tizzone ardente. Sì, credeva lo odiasse, ma in fondo non aveva cercato conferma; era colpevole quanto lui, ed era semplice rifugiarsi dietro alle accuse. Ma in quel momento non avrebbero potuto essere più scoperti di così, nel fisico e nell'anima, e non aveva senso fingere che non lo sapesse, nè di fronte a lui nè di fronte a sè stesso. Gli rivolse poi uno sguardo, pregno di emozioni senza nome e senza controllo; non aveva mai smesso di stringergli la mano, e non lo fece nemmeno in quel momento, restando soltanto ad osservarlo come fosse un criminale di fronte ad una giuria.
    «Bene, possiamo tornare a ciò che stavamo facendo prima. Non ho più domande assurde. Promesso.» aggiunse infine, innocente, vulnerabile, spezzato, ridacchiando poi con la puerile leggerezza di chi era perfettamente consapevole della sfrontatezza della propria affermazione e di cosa questo affermasse. Ma in fondo non gli importava essere trasparente... una volta tanto.


    That Melody ♪ ♫

    ∆ Mi sa che otterrai comunque le mie opinioni personali. Non credo ci sia nulla da fare. :slap:
    ∆ M che passa dal guardare un culo ad avere un semi mental breakdown è god tier. Solo here certi rollercoaster.

     
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    james



    James non si sarebbe mai definito coraggioso. Quella caratteristica l’avrebbe affibbiata senz’altro alla polizia, alle Sentinelle del Deserto, a chiunque altro scegliesse di dedicare la propria esistenza a proteggere quella degli altri; anche a chi si lanciava nelle Arene di Animosity per la gloria – o era quella incoscienza? –, a chi viveva lontano dalle Mura e dalle Oasi, ai contrabbandieri e ai mercenari. Mai avrebbe dunque pensato di definirsi coraggioso, perché la possibilità di un cuore infranto e di un vaffanculo non potevano essere paragonati a chi rischiava la propria vita o libertà.
    Okay, non pensava realmente di rischiare la seconda ipotesi, ma l’opzione di una delusione la percepiva dietro l’angolo e, per una volta, aveva anche una valida motivazione.

    Permettere a Michael di leggere quell’agglomerato di pensieri era la cosa più stupida che potesse fare: l’aveva insultato e si era insultato, si era disperato per un contatto mancato e si era maledetto per averlo desiderato; il tutto, dopo essersi conosciuti appena per due, tre giorni. Non c’era stato nulla, nemmeno un innocente abbraccio – che opinione avrebbe avuto di lui, mostrandosi tanto interessato senza alcun motivo? E quindi, invece di definirsi coraggioso per essersi esposto così, onesto e senza filtri, si disse che doveva essere proprio scemo.
    Però andava bene così, che a tirarsi indietro proprio all’ultimo istante aveva ancora meno senso.

    Mentre continuava a stringere le gambe contro il proprio petto, in un istintivo gesto di proteggersi da un male di cui era in parte anche l’artefice, rimase in attesa che Michael dicesse o facesse qualunque cosa. Leggeva con attenzione, forse soppesando le parole vomitare su quei fogli più di quanto fosse realmente necessario; e poi cercò un contatto, una mano in cui incrociare la propria, senza che James riuscisse a comprenderne il motivo.
    L’Athéleian non perse l’occasione. Lasciò che Michael la stringesse e decise di ruotare il proprio corpo per poggiare la testa contro il muro e, contemporaneamente, guardare quella meraviglia tanto assorta nella lettura. Sereno, con la consapevolezza che quell’attenzione non potesse significare nulla di malvagio a prescindere dalle sue paranoie, restò in silenzio fino a quando Michael lo ritenne necessario; tacque anche quando l’uomo sollevò lo sguardo e le incognite tornarono ad affollargli la mente, perché gli occhi lucidi che il Norn gli rivolgeva non riusciva davvero a comprenderli.

    Un primordiale istinto obbligò James ad arrossire e digrignare i denti, incredulo all’idea che Michael lo vedesse come un gattino abbandonato – e al contempo infastidito, perché quale uomo avrebbe accettato volentieri un simile paragone?
    Non ebbe comunque il tempo di formulare una risposta: quella singola lacrima sul volto di Michael lo mandò in palla; il complimento ancor di più; le successive scuse lo stunnarono a sufficienza da non sapere nemmeno cosa uscisse dalle sue stesse labbra.
    «Perché… perché? Come avresti potuto sapere che ero… fottuto a ‘sta maniera? È quanto di più irrazionale e assurdo potesse mai capitare… Non vi erano… forse non ci sono nemmeno adesso… i presupposti affinché accadesse.»
    Era sincero e convinto delle sue affermazioni, così tanto da portare la mano libera sul volto dell’altro per accarezzarlo dolcemente con il pollice. E dannazione, lui sì che era bellissimo.
    «Non mi dovevi nulla di più di quello che hai già fatto. Sono… sono io un inguaribile piscione.» Abbassò lo sguardo, imbarazzato da se stesso e da quei sentimenti che gli smuovevano l’anima. Poi dimostrò al resto del mondo di non meritare una simile definizione, anche se in cuor suo si ostinava a dire il contrario: ridusse la distanza tra di loro, concedendosi qualche istante per inalare il respiro di Michael prima di schiudere le labbra.

    Lo baciò come non aveva baciato mai, con lo stesso fervore di chi non sarebbe voluto essere da nessun’altra parte, ma soprattutto con nessun altro. Aveva desiderato così tanto stare con Michael che sperò davvero non ci fossero altre domande assurde – anche se da qui a metterci una mano sul fuoco c’era un abisso – e si lasciò andare a quello scambio che di tenero, ormai, aveva ben poco.

    Dov’erano rimasti?

    Fece scivolare una mano lungo il petto di Michael, graffiandolo in prossimità del fianco più per errore che per reale volontà, e dando appena un rapido sguardo al punto di arrivo poco più in basso. Esitò come avrebbe fatto un ragazzino alla sua prima esperienza, impiegando però una forza di volontà che non credeva di avere per permettere a Michael di abituarsi a quel contatto con tutta la calma del mondo.
    James non ci era abituato.
    Vittima inconsapevole di un mondo che l’aveva sempre visto come poco più di un buco in cui infilare i propri genitali, non aveva mai avuto il piacere di respirare sul serio tra un’interazione e l’altra; non sapeva cosa significasse godere del viaggio più che dell’orgasmo; non sapeva nemmeno di potersi fermare in qualunque momento proprio come aveva fatto Michael poco prima. E si sentì strano mentre poteva toccarlo e guardarlo negli occhi allo stesso tempo.
    Ma ne voleva ancora, da un’angolazione diversa, curioso di saperne la sensazione nella sua bocca.

    Scese lento, baciandogli il collo, il petto, il ventre, e ritrovandosi dopo poco con la schiena ben arcuata per permettergli di leccare l’interezza di quell’erezione prima di accoglierlo tra le sue labbra.



    annotazioni



    → Incerto sul decorso della mia malattia odontoiatrica, posto da cellulare adesso che almeno ho due neuroni funzionanti.

     
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23 replies since 9/11/2023, 03:36   247 views
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