Per l'ennesima volta

[Einar x Zander]

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    Lost in nightmares.

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    Era successo di nuovo.
    Per l'ennesima volta Einar sentiva i polmoni bruciare mentre correva tra le strade di Hubris, senza rallentare nemmeno un istante. Quel giorno era stata Magda stessa a darne l'allarme, lei che era la causa primaria di ogni più piccolo dramma di Alex.
     "Abbiamo discusso", aveva detto, "Come al solito è scappato via perché non sa fare altro. È come suo padre".
    Einar la detestava. Se avesse potuto strangolarla e passarla liscia, non ci avrebbe pensato due volte: non aveva mai conosciuto nessuno di così fastidioso e strafottente come Magda, che gli era apparsa sull'uscio della porta solo e soltanto per non passare qualche guaio lei stessa. Sievar non avrebbe dovuto concederle il dono di procreare.
     "Non torna a casa da due giorni. Credevo fosse con te."
    No, Alex non era con lui. Le vacanze estive erano iniziate da appena venti ore ed Einar non aveva avuto il tempo di farsi vivo senza sfaldare completamente i piani della sua famiglia: avevano richiesto di passare qualche giorno insieme, come prima che decidesse di emanciparsi, e non aveva alcun motivo per distruggere i loro desideri. Lui e Alex si sarebbero visti nel fine pentamana, per prendere qualche avere personale del Thanat e iniziare una sorta di convivenza di qualche mese a casa dell'altro.
    Voleva salvarlo da quella famiglia disfunzionale. Voleva aiutarlo a troncare quel rapporto malato con sua madre, a non subire più gli abusi del padre. Voleva prendersi cura di lui, lavargli via ogni lacrima e ricucire ogni ferita. Ma lei, sempre lei, gli metteva i bastoni tra le ruote tutte le dannatissime volte che Alex si convinceva a volere di più — a voler vivere invece di respirare e basta.
    Einar però non si sarebbe arreso nemmeno adesso, non le avrebbe permesso di distruggere completamente l'unica persona che avesse mai amato più di se stesso.


    Alex era lì, nell'unico posto dove poteva scappare dal mondo — nell'unico posto dove nessuno avrebbe potuto giudicarlo né tantomeno fermarlo. Quell'appartamento abbandonato, quasi interamente distrutto dal tempo, era il loro luogo sicuro ormai da qualche anno, anche se non sarebbe durato in eterno: ne avevano cambiati diversi, e quello era l'unico che la Metropoli gli aveva concesso di tenere — illegalmente — per così tanto.
    Era seduto a terra, la schiena contro una parete, e stringeva un rasoio di sicurezza tra le esili dita. Einar era abituato a simili scenari: l'autolesionismo di Alex era una costante, un'esigenza che usciva fuori ciclicamente e nella maggior parte dei casi proprio a causa di Magda e Laszlo. Aveva provato innumerevoli volte a fermarlo — ma a quel dato momento si era convinto che era più intelligente non farlo sentire in colpa anche per quello.
     «Trovato.»
     «Bliss... Io—»
     «Non ricominciare con la solita lagna.» Einar fece qualche passo nella stanza: prese delle fasce di stoffa, delle bottigline d'acqua e della carta igienica, portando il tutto ai piedi di Alex. Scivolò al suo fianco, osservandolo in silenzio per interminabili istanti. Avrebbe voluto riempirlo di merda ma sapeva che l'altro non avrebbe retto ad un ulteriore sconforto — era già un miracolo che fosse ancora vivo. «Non voglio tu ti senta solo. Qualunque cosa tu debba fare, che sia distruggerti i polsi o piangere fino ad addormentarti, puoi farla con me al tuo fianco.»
    Alex non aveva avuto il coraggio di replicare. Si era stretto tra le braccia di Einar e non smetteva di singhiozzare, di farfugliare, di recidere i lembi di pelle ancora liberi da segni — ma no, non si sentiva solo. Quel contatto lieve e costante, quelle parole di conforto dette dal suo migliore amico — tutto in quel frangente gli sembrava più gestibile solo perché c'era Einar con lui.


    Trascorsero un paio d'ore prima che Alex riacquistasse la lucidità necessaria a gestire il sarcasmo di Einar. Il Sievar aveva delicatamente fasciato i suoi polsi ed entrambi sedevano a una lieve distanza l'uno dall'altro, stringendosi le gambe al petto.
     «Quanto vorrei essere io a dissanguarti una volta per tutte.»
     «Mi faresti solo un favore.»
     «Quando ti decidi ad andare da qualcuno? Non possiamo continuare con questa storia all'infinito.»
     «Per sentirmi giudicato anche da un professionista?»
     «Porco Thanat, Alex! Quelli non stanno lì per giudicarti ma per aiutarti. E tu hai davvero bisogno di essere aiutato perché sul serio va a finire che un giorno di questi ti trovo morto. Lo capisci che ti trovo morto?»
    Alex faceva di tutto per non incrociare lo sguardo dell'altro. Sapeva che, se l'avesse fatto, tutti i sensi di colpa che cercava di reprimere sarebbero tornati come una valanga a travolgerlo. Sapeva anche che Einar, comunque, non parlava in quel modo per aumentare i suoi disagi — quanto più per cercare una soluzione al suo male.
    Si conoscevano da tredici anni. Tredici anni di vita insieme, inseparabili fin dal primo giorno, e nessuno dei due avrebbe saputo affrontare le insidie del mondo senza l'altro. Il Thanat non poteva lasciarsi andare.
     «Io ho bisogno di te, Alex. Mi servi vivo, non riesco nemmeno ad immaginarla una vita senza di te. Non saprei da dove iniziare.»
     «Bliss, ti prego, io non ti servo. Te la caveresti benissimo da solo mentre io non riesco a sopravvivere un solo giorno senza te a rialzarmi.»
     «Ma che cazzo stai dicendo? Come ti passa anche solo per la testa di rispondermi così?!»
    Il dolore di Alex era così forte che non gli permetteva di vedere quanto fosse importante per il Sievar. In tutto questo tempo non era mai riuscito a capacitarsi di come Einar potesse anche solo aver deciso di essergli amico, figurarsi passare un'intera esistenza a preoccuparsi per lui. Prima o poi l'avrebbe abbandonato, ormai stanco di rincorrerlo e di salvarlo ogni volta.
     «Abbiamo dei progetti, li ricordi? Dobbiamo andare via da qui, farci una nuova vita dove non ci conosce nessuno… Io a lavorare per le Sentinelle, tu dietro una scrivania a fare non so che cosa — insieme, fino alla fine. Lo ricordi, vero?»
     «Bliss…»
     «Me l'hai promesso.»
     «Avevamo otto, dieci anni al massimo…»
     «Hai cambiato idea?»
    Per quanto Einar si sforzasse di mostrare un'espressione seria, da adulto che ancora non era, Alex non vedeva nient'altro che quel bambino a cui doveva ogni singolo istante della sua esistenza.
     «Resto dell'idea che non dovresti fare progetti di vita con me. Non ne vale la pena — meriti di meglio. Qualcuno che non sia una preoccupazione costante, un peso morto da trascinare con te…»
     «La devi smettere con questa storia. Essere un Thanat non ti rende già morto dalla nascita.»
    Il Sievar si alzò in piedi, lisciando gli abiti che indossava e sistemandosi i capelli prima di voltarsi in direzione di Alex. Gli tese una mano, impaziente come sempre di riconciliare l'amico con la vita stessa: quando era così convinto di non meritare un solo giorno di esistenza, la prima cosa da fare era trascinarlo fuori da una stanza.
     «Andiamo.»
     «Dove?»
     «A darti per l'ennesima volta un motivo per resistere ancora.» aprì e chiuse più volte la mano, come incentivo per afferrarla alla svelta «Ti muovi o no?»


    Alex detestava girare per le strade di Hubris alla luce del sole: per un ragazzo introverso e timoroso come lui, avere anche un solo passante a puntargli gli occhi addosso era motivo di ansie e paranoie, quasi tutte legate alla sua stessa Origine. Con Einar al suo fianco, fiero e tranquillo mentre gli teneva la mano, però, tutto sembrava più gestibile — non vi era sguardo di disprezzo che il Sievar non ricambiasse con un ringhio, e questo permetteva al Thanat di poter osservare i dintorni senza stare costantemente sulla difensiva.
    Condividevano il walkman con un auricolare a testa, in un religioso — ma tutt'altro che imbarazzante — silenzio. Ad Einar piaceva camminare così, in parte estraniato da tutto il resto, e reputava terapeutico guardare il mondo con la giusta canzone in sottofondo; per Alex era diverso, ma la consapevolezza della loro destinazione gli fece vivere l'esperienza con una certa serenità nel cuore.

    Il mare di Hubris era l'unica cosa che avrebbe rimpianto se fosse andato via. Vi erano troppi ricordi legati a quelle spiagge, e quello di quel giorno l'avrebbe portato nel cuore insieme agli altri.
    Einar, come suo solito troppo legato ad ambienti del genere, iniziò a correre in direzione del bagnasciuga e Alex non poté fare a meno di sorridere per la gioia che mostrava. Lo aveva seguito senza accelerare il passo, il walkman lasciato senza ripensamenti nelle sue mani.
    Vide Einar girare più volte su se stesso, inspirare profondamente l'aria salina smossa appena da tiepido vento.
     «Lo senti?»
     «Cosa?»
     «Tutto! Il sole che ti scalda la pelle, il vento tra i capelli, il chiacchiericcio della gente, la sabbia tra le dita…»
     «… Sì.»
     «Questo significa che sei ancora vivo, Alex. E devi continuare ad esserlo.» Lo strinse in un abbraccio, per poi prendergli il viso tra le mani e perdersi uno negli occhi dell'altro. Sorrise: «Se non per te, devi farlo almeno per me… Perché potrei superare la perdita di chiunque nella mia esistenza, ma non la tua




    annotazioni

    Caratteri (spazi inclusi): 8.900 ca.
    Tipologia scena: Scena in Solitaria.

    → Wow, la prima scena in cui interagiscono Zander ed Einar dopo aver passato due anni a fare il fanboy. E non stanno manco scopando.



    Edited by Thunderskin - 7/4/2023, 11:13
     
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