Syonara

[Syon e Pandora]

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    Spiagge del Fiero Scudo, tarda mattinata





    Che cos'è la vita?
    Che cos'è il mare?
    Mille domande mi attraversano, ma non ho voglia di rispondere. Prendo il sole, su questa spiaggia, ascoltando lo scrosciare delle onde, il dolce sciabordio che mi culla con la sua melodia antica e materna, sorridendogli e lasciando che i miei pensieri vadano alla deriva nel mare della mia mente. Distanti, irrilevanti, li lascio lì, li lascio andare.
    Mille domande, e non una m'interessa. Non ora, non per un po'.

    Qual è la natura di queste allucinazioni continue, di queste visioni e voci che solo io odo, da ormai fin troppi mesi?
    Perché mi sono venute, cosa le ha scatenate, da cosa sono scaturite, e cosa rappresentano? Sono psicosomatiche, psicogene, evidentemente, se non c'è nessuna causa organica stando ai test effettuati finora?

    Nulla di tutto questo mi tange, nulla mi sfiora, se non per un attimo.

    Sentila, Syon. Sentila.
    La voce profonda del mare, il canto dal cuore dell'oceano. Ascoltalo: in esso, non c'è più niente, a parte esso stesso. Sentilo, Syon, sentilo.

    E sorrido, contenta.
    Peace, at last. Pace, infine, senza che nulla di tutto questo sia importante. Né le allucinazioni che anche qui mi accompagnano, sporadiche, rarefatte -e non posso non sentire un accenno di riflessione che dal fondo della mia mente gratta contro la parete, pretendendo di interrogarmi su una possibile causa di questa diminuzione dei sintomi, da rintracciare nell'abbassamento dei miei livelli di stress ovviamente-, né le continue elucubrazioni angustiose sulla natura di esse. Vedo cose, sento cose, e chi se ne frega? Non io, non più, non ora, di certo.

    Neanche l'ingratitudine, l'indegnità della gente che aiuto, o le presunte tali che la mia paranoia mi sussurra, riescono a smuovermi. Ricordi vaghi di quella missione per le Sentinelle, in pieno deserto e con quegli sconosciuti, uno con la lama alla mia gola in nome della collaborazione che pretendeva, uno dei tanti, e come vengono così vanno, mentre i miei occhi solcano i fiotti argentati e cerulei che infiniti si stendono davanti a me.

    Irrilevante. Adesso, l'unica cosa di cui m'importa è il mare.

    Vivrei di mare, io, se potessi. Vivrei al mare, nuoterei ogni giorno, l'unico che non mi dà da pensare, l'unico che non è una persona, ma solo un oggetto, eppure mi avvolge, mi abbraccia, mi scalda. L'unico che sussurra ed è gentile, dolce, senza pretendere niente, senza minacciare di sottrarre l'affetto, l'unico che non è border. Lui c'è, sempre.

    “Sempre.”


    E prima ch'io inizi a ruminare rancorosamente distraendomi e pensando a chi non è come il mare -genitori, ex...-, sbuffo sospirando e levandomi dalla sdraio, per poi incamminarmi fino al bagnasciuga e immergermi in acqua.
    Onda dopo onda, il mare porta via la mia follia, la mia mente, inabissandola e lasciandola sprofondare fino a che non sento più niente, circondata solo dall'acqua e da nient'altro.
    Pace, solo questo mi attornia. Pace, e nient'altro. Il mare...

    Passo così interminabili momenti, perdendo la cognizione del tempo, finalmente altrove con la mente. Ne avevo davvero bisogno, troppo tempo speso ad angosciarmi per niente, senza risultato - ok, ok, non è vero: se non mi fossi data da fare, sbattuta finora, chissà dove sarei a quest'ora. Fatto sta che ora sono qui, e tanto mi basta. Galleggio, sguazzo un po', nuoto, fluttuo, mi piace da morire fare il morto e lasciarmi andare così, abbandonata alla spinta dell'acqua che mi sostiene interamente, senza protestare, senza niente, semplicemente esisto, a metà tra il mare e il cielo, baciata dal sole e lambita dai flutti. E non chiedo altro.

    Dopo un po' di tempo, un'indefinita quantità in cui mi sono ricaricata a sufficienza, decido di uscirmene e che è tempo di rimettermi a prendere il sole, lasciando asciugare le goccioline di mare dalla mia pelle ricevendo i raggi caldi che il cielo terso di questa giornata ci dona.

     
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    sing for the laughter, and sing for the tear
    sing it with me, if it's just for today
    maybe tomorrow, the good lord will take you away



    Syonara
    ─ Spiaggia, Hubris, tarda mattinata }

    L'erba cattiva non muore mai, ma evidentemente di tanto in tanto va in vacanza. Certo, non si poteva realmente parlare di vacanza in tutto e per tutto, dato che alla fine Pandora era a Hubris per lavoro; però, ormai aveva finito, e un po' di tempo in spiaggia prima di tornare a Covet non gliel'avrebbe tolto nessuno. Arrivò zompettando con una certa leggerezza nel passo, il solito relax che la prendeva dopo un compito ben concluso e una to-do list esaurita, e il suo primo impulso fu quello di comprarsi un cocktail. Non era mai stata la tipa da alcol, quella era una brutta abitudine che aveva inizialmente preso da Michael, ma che con il tempo aveva fatto sua: del resto, esplorare era sempre stato uno dei suoi passatempi preferiti. La ricerca di un baretto sulla spiaggia non le prese che pochi minuti; il taccuino fece subito bella mostra di sè, con quella copertina decorata da disegni di farfalle blu, e Pandora buttò giù poche, indispensabili parole a penna su una pagina.
    «Un angelo azzurro, per favore»
    La giovane donna mostrò il testo al barista, che dopo qualche attimo di perplessità ben giustificato comprese e andò a prepararglielo. Lei sospirò, in pieno relax, sfilandosi gli stivaletti e immergendo i piedi nudi nella sabbia calda, lasciandosi prendere dalla sensazione che in fondo un po' le mancava. Era da qualche tempo che non si trovava ad Hubris e in quella città c'era davvero tanto da vedere, ma Pandora si trovava sempre a gravitare verso il mare, che altrove mancava. C'era davvero poco di soddisfacente quanto lo era il guardare la fauna al mare, dato che i Redeemed si perdevano in tutta una serie di comportamenti inediti che altrove facevano più fatica ad emergere.
    «Ecco qua» la interruppe il barista, facendo scivolare verso di lei un bicchiere a forma di fenicottero, con tanto di cannuccia e ombrellino. Pandora gli dedicò un mezzo sorriso e qualche trono, e dopodichè la sua attenzione tornò altrove.
    Fra un sorso e l'altro guardò una giovane coppia, un ragazzo e una ragazza, e notò come lo sguardo di quest'ultima si attardasse eccessivamente sul bagnino quando lui non guardava; seppe che non sarebbero durati poi molto, anche se dal bracciale d'oro che portava lui forse qualche motivo per restare poteva essere immaginabile.
    Una donna di mezza età si stava sforzando di tenere in dentro la pancia mentre parlava con un suo quasi coetaneo, e per un attimo Pandora si chiese se ci stesse provando con lui; poi però lui andò via e lei continuò con la farsa anche mentre nessuno la guardava... Pandora sorrise amaramente, nella consapevolezza del fatto che quelli come lei avevano vita breve, e una delle poche fortune stava nel fatto che non sarebbero mai finiti così.
    Fu poi il turno di un ragazzo, sotto l'ombrellone nonostante i compagni d'avventure fossero andati a nuotare, e non serviva un genio per notare immediatamente la maglia a maniche lunghe. Chissà cosa nascondeva, con quello sguardo evitante e le dita che continuavano a tirare il tessuto; facile fare ipotesi, difficile azzeccarci.
    E poi, lei. Impossibile non notarla, almeno per qualcuno con le capacità di Pandora: il suo passo, il suo modo di essere, le sue caratteristiche fisiche, tutto è così ridicolmente peculiare da attrarre immediatamente l'attenzione della Sievar. È evidente che qualcosa la turbi, ha esattamente l'aria di chi sta disperatamente cercando di scacciare un pensiero intrusivo e fastidioso senza riuscirci poi così bene. Rimane però una certa grazia nel suo tentativo, come una farfalla che sbatte le ali per rompere la tela di un ragno o un cerbiatto che, saltando, cerca di evitare il colpo di fucile che porrà fine alla sua vita; futile, ma pur sempre elegante.
    Un mezzo sorriso comparve sulle labbra di Pandora, che appoggiò il bicchiere vuoto sul tavolino e si alzò, riassettandosi la minigonna con un colpo della mano libera prima di ripartire all'avventura. Si avvicinò alla preda, scaltra e silenziosa, cercando una scusa per interagire senza far insospettire la donna. Improvvisamente, si palesa un'opportunità: un libro, abbandonato accanto alla sdraio, pronto per essere rapito da mano esperta. Ed è un attimo: Pandora concentra il suo potere, facendo scomparire l'oggetto in un'ombra mentre lei non guarda, e in un battito di ciglia è in mano sua. Il titolo non le dice nulla, ma non è importante.
    Le toccò una spalla, avendo cura di non spaventarla (dato che in effetti i suoi movimenti erano particolarmente silenziosi), e nel momento in cui lei si voltò Pandora aveva già alla mano il taccuino, su cui scribacchiò una spiegazione.
    «Scusami» cominciava, in grafia elegante «Ho trovato questo. Può essere tuo?»
    Accompagnò l'interazione mostrando il libro nella mano libera, facendo in modo di esibire bene il titolo.


    That Melody ♪ ♫

    ∆ L'outfit di Pandora è questo, tranne quelle stronzate trasparenti che non mi piacciono per niente tbh



    Edited by Wrath; - 15/2/2023, 00:38
     
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    Spiagge del Fiero Scudo, tarda mattinata





    Nonostante la delicatezza, il tocco improvviso che mi sfiora mi spaventa lo stesso, facendomi trasalire ed inspirare velocemente per poi tranquillizzarmi subito -razionalmente prima ancora che emotivamente- ed inspirare quindi il resto del volume dei polmoni, stavolta più lentamente, per poi espirare con calma e tornare a rilassarmi. Sono proprio iper-reattiva, c'è poco da fare: troppo stress, troppo stress, ed è tutto mentale... O così mi dico fustigandomi, almeno.
    Chi è che mi tocca, quindi? Una ragazza, che non mi aspetto minimamente. E non me la aspetto perché non l'ho sentita arrivare, non l'ho sentita avvicinarsi. "Siamo sulla sabbia, è tutto più attutito" si potrebbe dirmi, controbattere, comprensivi, ed in effetti anche il mio udito è ovattato ogni volta al mare per qualche ragione misteriosa. Eppure...sono ipervigile, sempre, e avrei dovuto sentirla. "Dovuto": secondo la logica e l'abitudine, e forse qualche dovere morale interiorizzato da bambina, chissà.
    Complimenti a lei, insomma, che è riuscita a bypassare il mio sistema sensoriale di controllo dell'ambiente circostante.

    Ed è una ragazza interessante anche per l'estetica, per l'abbigliamento, per la livrea che ha scelto di indossare - i vestiti non ci cadono dal cielo, non ci vengono appioppati, siamo noi a sceglierli, e questo dice di noi molto più di quello che crediamo. Noi comunichiamo anche vestendoci, perché "non c'è modo di non comunicare", come diciamo sempre in Psicologia. E lei comunica un'allegria notevole, una voglia di giocare, ed un legame con la natura -almeno mentale, ma non solo, a giudicare dalle farfalle che le svolazzano intorno e dall'aura pacificante da Sievar che emana- che non è usuale, ed è molto bello e apprezzabile. Bei colori, bel design, bel gusto. Stivaletti in una mano, e - hey, quello è il mio libro nell'altra?! Scrive velocemente qualcosa su un taccuino e me lo mostra, ma automaticamente sono già entrata in allarme base: senza muovermi né alterarmi se non nello sguardo che vira lievemente verso il torvo, ma sono allarmata.

    “Che cazzo tocca le mie cose?! Come si permette?”


    Penso, ancora ostile. Vediamo però cosa ha scritto, magari vuole solo chiedermi se glielo presto, o boh, chiedermi info al riguardo? Chissà.
    Mhm, bella calligrafia, dice molto della persona, e la sua è elegante. Davvero interessante. Informazioni utili, peculiari, su di lei e sul suo comportamento.

    ...

    Mi chiede se il libro è mio.
    Rialzo lo sguardo e la squadro con -non così celato- sospetto; gli occhi ampi ed al contempo affinati ai contorni -due spinte in contrasto tra loro: non mi fido ma voglio vederla bene-; la testa che ruota lateralmente di pochissimi gradi come per spingermi ad inquadrarla quasi con la coda dell'occhio; le sopracciglia un pelo aggrottate e confuse, perplesse, diffidenti; i muscoli della pancia si sganciano, rilassano, facendomi inspirare profondamente, col basso ventre, segno di quanto io sia rilassata ed abbia il controllo della situazione, mentre sento il mio intero assetto emotivo e corporeo cambiare; la bocca, infine, presenta con un mezzo sorrisetto trattenuto, ad indicare un certo grado di sicurezza in me e di "complicità" con lei, di gioco a carte scoperte, su un livello superiore, più profondo, della serie “Ti vedo, vedo il tuo bluff, so cosa hai fatto”.
    Eppure, al contempo sono diffidente, appunto, perché non so perché l'ha fatto, e quindi non so se sono in pericolo, se mi è ostile, se ha cattive intenzioni, se vuole raggirarmi, o peggio...

    «Beh, certo che è mio... Visto che l'hai trovato sul tavolino della mia sdraio.»


    Alzo un sopracciglio e un angolo della bocca, come a voler dire “No? Mi sbaglio, forse?”, dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte per l'incredulità e nel tentativo di trattenermi dal risultare troppo aggressiva ed irruenta nella risposta - le mangerei la faccia, per come sono messa ora. Troppo sensibile, troppo scattante, troppo...troppo. Sono stressata, devo controllarmi, ma qui la partita si è fatta psicologica, uno scontro tra menti, non è più una condizione sociale normale...

    Perché il libro era sul mio comodino, e questo lo so per certo. Ce l'ho messo io.
    O almeno, era lì fino a un secondo fa, dopo che l'ho tirato fuori con l'asciugamano dalla borsa - se mi allontano cerco di nascondere tutto lì dentro, radunando le cose di mia proprietà, e periodicamente tengo d'occhio quella dall'acqua. E mi fa strano che nei secondi in cui ho voltato le spalle al libro, che stava a un metro da me, appena tirato fuori, per asciugarmi col telo da spiaggia, sia successo qualcosa, di naturale o artificiale -come un secondo soggetto nonché ladro o almeno molestatore, probabilmente- che lo abbia spostato, e in più che lei poi lo abbia recuperato e me l'abbia riportato, il tutto in quanto? Due secondi? Dieci? No, la fallacia della congiunzione ci racconta proprio di come sia un bias ritenere più probabili svariati eventi -seppur collegati tra loro- anziché i singoli, e a me pare palese che servono più coincidenze per postulare più enti -lei e qualcos'altro- anziché solo uno -cioè lei-, e quindi che è molto più improbabile che qualcuno o qualcosa abbia veramente spostato il libro, che lei quindi l'abbia recuperato eccetera, in questo lasso di tempo microscopico. No, palesemente è molto più probabile che l'abbia preso lei.
    Eppure, non per rubarlo: cosa vuole allora? Il target della vittimizzazione -come si direbbe in Criminologia- non è il libro, sono io. Cosa vuole da me? Soldi come ricompensa? Imbonirmi millantando di avermi fatto un favore, salvando una mia proprietà e riportandomela, restituendo il maltolto al legittimo proprietario? Cosa cerca: un guadagno economico oppure emotivo? O altro? Avere accesso a cosa, tramite me? Qual è il suo scopo, il suo obiettivo? Un piano più sofisticato, ampio, a lungo termine? Di nuovo, no, non postulare enti non necessari, e nemmeno cose difficili e complesse quando bastano quelle facili e semplici a spiegare, e così non la malizia bensì l'ignoranza o la stupidità.
    Qui, però, mi è palese che c'è un tentativo di truffa ai miei danni, e quindi la malizia ha più posto.

    O forse è affetta da qualche ritardo, se non sa parlare - però sa scrivere, che è pure più complesso, in buona parte. Forse è affetta da autismo, o da qualche altra patologia che la rende socialmente non funzionale, non come i neurotipici almeno.

    O forse nella sua lingua, nella sua mente, nella sua cultura d'origine, quella frase doveva essere diversa, e sta usando una traduzione che trasmette sfumature diverse.

    O forse, ancora, è una strategia per approcciarmi, per parlare con me -la mia autostima incerta dice che è molto inverosimile, detto per inciso-, ma di nuovo: a che scopo? Perché mentirmi? Non partiamo col piede giusto, in caso, eh.
    Malfidente, sì, e spesso ho ragione a esserlo.

    Chiedo dunque alla sua ombra, nella speranza che mi rassicuri, esausta da tutte queste cervellotiche ipotesi alternative che la mia mente ha prodotto in un battibaleno -il mare non mi ha calmata, non abbastanza, ho ancora i nervi a fior di pelle evidentemente-, ma in effetti la sua risposta è veramente strana...
    Mi dice... Niente. Non mi dice niente.
    Che strano, mai nessun'ombra era rimasta silente, finora.

    Inspiro lentamente e trattengo, i polmoni un po' bloccati, sono tesa, in allerta, agitata. Non mi fido, vorrei sospirare per quanto sono stufa delle cazzate che mi capitano, delle ombre che delirano, di io che deliro, e adesso questa sconosciuta strana che mi approccia probabilmente mentendo... Perché? Lasciatemi in pace...



    Edited by Zaho - 14/2/2023, 22:44
     
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    Syonara
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    Immediatamente, la donna parve infartare, e a Pandora non potè non sfuggire una risatina fin troppo divertita. Ah, se c'era una cosa che condivideva con Ace era la passione per i segreti e il naso per trovarli, e la mora sembrava fin troppo invitante. Chissà cosa la muoveva, cosa la spingeva ad essere così sospettosa di lei? Aveva visto quella pagliuzza di dubbio nel suo sguardo, quell'impressione di star guardando nello specchio e di vedere un riflesso non esattamente puro e limpido; non la certezza di star vedendo un'immagine distorta, ma più una domanda, un'interrogarsi chiedendosi se lo specchio fosse normale o bidirezionale, se qualcuno di sconosciuto fosse, invisibile, dall'altra parte. Ma lei era osservante, oltre ad essere osservata, dato che alla Sievar non era sfuggito quello sguardo indagatore forse nemmeno così mascherato, che aveva cercato di cogliere i dettagli dei suoi abiti, della sua postura, della sua scrittura. Non guardava, ma vedeva, e Pandora l'aveva vista. Chissà quali pensieri si affollavano nel labirinto della sua mente, in quel momento? No, no. Non era ancora il momento di scartare il pacco regalo. Regale?
    Un mezzo sorriso.
    «Scusami, Plume. Non temermi»
    Decise di rassicurarla, mostrandole lo scritto prima di continuare. La realtà era che non voleva allarmarla eccessivamente, per quanto provocare reazioni negli altri fosse sempre un ottimo passatempo; una volta tanto provava genuino interesse nei confronti di un'altra Redeemed, e non voleva bruciarsi la possibilità solo perchè la persona in questione era un po' più attenta della norma. Continuò a scrivere senza aspettare una risposta.
    «Perdonami lo stratagemma. Ti avevo scambiata per una di loro»
    Non aggiunse spiegazioni inutili; intuiva che lei avrebbe capito. Le sue capacità erano inedite, la sua attenzione peculiare; entrambe sapevano che su chiunque altro quel trucco avrebbe funzionato. Ma lei era differente, e per un attimo intorno non esisteva più nessuno, ed rimasero soltanto loro due su quella spiaggia, ad ascoltare il mare e a guardarsi, un tango di sguardi, una scherma di intuiti. Perchè lei ancora cercava di capire informazioni, ma Pandora la seguiva, come un corvo che, scuro nell'ombra, osservava una volpe bianca saltellare nella neve; entrambi consapevoli l'uno dell'altro in ogni momento, compagni di mondi differenti che coesistevano, ma non osavano l'interazione. Ovunque lei guardasse, Pandora fece modo di farle capire che se n'era accorta, facendo finta di niente: se la guardava scrivere avrebbe disegnato una faccina sorridente; se l'avesse notata osservare un abito avrebbe scosso il corpo, causando un moto allegro nel tessuto; se avesse percepito il suo sguardo sul viso, non avrebbe potuto non restituirlo.
    «In realtà ti avevo notato da un po' e mi sei parsa interessante. Era un pretesto per chiacchierare un po'»
    Le sue sopracciglia si inarcarono in un'appena percettibile smorfia rileggendo, e non potè non aggiungere le virgolette intorno al "chiacchierare", spalancando poi il braccio libero come a dire "e che ci posso fare?". In realtà qualcosa poteva farlo, ma non era importante che lei lo sapesse; meglio una battuta, appoggiata lì anche per vedere la sua reazione.
    «Come ti chiami?»
    Fu la domanda finale, e dopodichè rimase ad osservarla, dritta in quegli occhi verdi così ridicolmente espressivi da lasciarla quasi scoperta, con quella curiosità di chi avrebbe saputo essere socialmente appropriato, ma a cui non importava di esserlo. E il suo sguardo sorrise.


    That Melody ♪ ♫

    ∆ Il soprannome Plume si riferisce al genus Plumeria, fiori tropicali considerati rappresentanti gli inizi, la vita, l'eleganza e l'amore femminile e la morte, ma di questo non parleremo perchè poi non sembro più romantico. La pronuncia è uguale a "piuma" in francese ;D

     
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    Spiagge del Fiero Scudo, tarda mattinata




    Ride. Quando mi spavento al suo tocco, ride. Lieve, quasi impercettibile, ma ride.
    Strano. Una strana reazione, inusuale. Sì, certo, non è successo niente, non sono in pericolo, ma la gente normale oltre a ridere si scuserebbe, si dispiacerebbe di aver causato a un altro un'emozione negativa di paura eccetera. Lei no. Interessante, e non depone troppo a suo favore. A livello empatico, almeno. Sicuramente una nota di narcisismo, direi quasi, o comunque di insensibilità verso l'altro? Non saprei, non bene, ma interessante - per me, dal punto di vista psicologico: una struttura di personalità, una forma mentis, che non sono per niente comuni e nella norma, no. Peculiare, outlier, ecco cos'è, in tanti modi diversi.

    Scusami, Plume. Non temermi.


    È la prima cosa che mi scrive, che decide di comunicarmi. Plume? Piuma? Perché sono leggera, delicata, ai suoi occhi? Per lo spavento di prima, e per la sua mentalità più grezza, materiale, pratica: rubarmi il libro, tentare di ingannarmi, manipolarmi, ridere del mio spavento, "temerla"... Piccoli puntini che iniziano ad allinearsi, in pochi minuti di conoscenza.
    "Non temermi", scelta peculiare di parole anche questa: non parliamo a caso, "non c'è modo di non comunicare", e ogni azione che scegliamo di intraprendere -o di non intraprendere- dice qualcosa di noi. Temerla: pensa che io possa temerla, le do questa impressione... O, forse, meglio ancora: ha questo modello degli altri, crede che gli altri la temano, generalmente. Arrogante? Ruba, ha modi di fare al di fuori delle regole sociali, e sembra stare giocando al mio stesso livello, o comunque a un livello superiore alla media, come dichiara subito dopo.
    È buffo perché quella frase ha quasi l'effetto opposto: non la temo, ma sono allarmata, e il suo dirmi di non esserlo mi allarma ancora di più. Ovvio che sarebbe nel suo interesse farmi abbassare le difese, qualora avesse cattive intenzioni, no? Certo, anche se non le avesse, e quindi mi è un po' neutro e inefficace, l'unica cosa che fa è aumentare la mia attenzione, rinnovarla, rinvigorirla.

    Perdonami lo stratagemma. Ti avevo scambiata per una di loro.


    Sono ancora più perplessa. "Una di loro"? Ma è una perplessità superficiale: non sto capendo alcuni dettagli, e sarà davvero interessante esplorare la sua visione particolare del mondo, ma a grandi linee mi è già tutto chiaro. Il quadro generale, il fatto che si muova ad un livello superiore al normale, un po' come me, che veda attraverso le convenzioni e le sciocchezze comuni, questo mi è perfettamente lampante: siamo entrambe accorte, consapevoli di ciò che gira sotto alle cose veramente, non ci fermiamo alla superficie, il nostro sguardo è profondo.
    Ed il suo sguardo vede il mio, ed io vedo il suo, e ogni volta che guardo un dettaglio di lei, lei lo mette ancora più in mostra, facendomi capire non solo che se ne è accorta, ma anche che vuole giocare con me, vuole partecipare, e non posso non essere travolta sempre di più da una tempesta di emozioni: il suo sguardo diventa ora magnetico, per me, e mi attrae irrimediabilmente come una calamita, come un pozzo gravitazionale, progressivamente. Sempre più tempo trascorro guardando il suo viso ed i suoi occhi anziché il resto, il resto del suo corpo, il resto delle sue azioni, il resto del mondo: l'intera mia attenzione viene mangiata, divorata da lei, ed io la divoro coi miei occhi, divoro i suoi, belli e meravigliosi ed eccitanti per ciò che nascondono e che mostrano, dietro di essi. La sua mente è eccitante, il suo accorgersi delle sottigliezze, il suo voler giocare in sintonia con me, amplificando le mie onde in una risonanza psicologica eccezionale, letteralmente, che non mi capita mai con nessuno... Lei è speciale, lei è viva, più viva di chiunque altro. Viva, vivida, vivace: vibra di vita, vita mentale, ed io non posso non esserne irrimediabilmente attratta, innamorandomi intellettualmente di una potenza così inedita. (E di una disposizione positiva e buona verso di me...)
    ...Sì, sento il sangue affluirmi al volto, brividi galvanizzanti risalgono la mia spina dorsale fino alla nuca e oltre, in una vampata sapiosessuale delle mie, mentre i miei occhi si espandono guardandola immensamente ed il respiro si fa lievissimamente più pesante - ma so che lei se ne accorgerà, senza dubbio, anche se non credo capirà veramente e profondamente cosa mi sta succedendo. Sì, è già tardi: lei è troppo speciale, e devo stare veramente attenta. La chimica che si manifesta tra noi entrando in contatto è incredibile, mai sperimentata in vita mia...

    In realtà ti avevo notato da un po' e mi sei parsa interessante. Era un pretesto per "chiacchierare" un po'.


    La lascio scrivere senza interromperla coi miei dubbi, e controllando le emozioni che sorgono nel fondo del mio cervello, lasciandole sullo sfondo, anche perché appunto sono piccoli labor limae che faremo più in là e perché non posso certo concedermi di innamorarmi al volo come al solito, di una che mi ha rubato un libro per approcciarmi - sì, me l'ha rubato, i confini e le regole per me sono chiari, molto più che per "uno di loro", se ho capito bene cosa intende, appunto.
    Adesso, mi interessa ciò che ha da dire lei, la risposta alle mie domande magari, ed ecco che mi conferma una delle ipotesi che il mio cervello aveva partorito. Sarà la verità?

    Un approccio, quindi. Maldestro, ma solo per una come me: per uno di loro avrebbe funzionato a occhi chiusi, sì. Distratti, chi mai si sarebbe accorto della posizione del libro, no? Già.
    Un angolo della bocca mi si solleva lievemente per poi stringersi con difficoltà ed esitazione, apprezzando quello stratagemma -lato oscuro, non lo userei mai, ma denota un'intelligenza superiore al normale appunto- e lusingata da quel complimento - "interessante", mi ha definita! Non so se crederle, no, sono ancora un po' diffidente, ma sogghigno un po' imbarazzata e decido di stare al gioco. Imbarazzata non troppo dal complimento -anche, sì-, ma dalla botta emotiva che mi investe, seconda ondata che va a sommarsi e che non posso nascondere: questo mi imbarazza, il non poter controllare le mie reazioni fisiche, fin troppo limpida sempre. Ormai mi sono accorta anche di questa dinamica, quindi posso tenerla sotto controllo almeno a livello mentale, circa, ma diamine se è difficile: non posso arrestarla, non posso impedirle di esistere nella mia mente né tanto meno di riverberare nel mio corpo fin troppo platealmente per i miei gusti, ma posso controllare e decidere gli effetti successivi, razionalmente, con la mia capacità di nolizione, di non-volere. E posso anche farli giocare a mio favore, in verità, in un mix di sincerità e manipolazione tramite essa.
    Arrossisco, abbasso lo sguardo, dunque, non potendo mentire con il mio corpo: normalmente non mi avrebbe fatto minimamente tutto questo effetto, ma... Lei non è normale, appunto, e non può non aggiungersi a tutti i voli pindarici che il mio cervello s'è già fatto, con quel gioco di sguardi di prima.

    Tra l'altro, il motivo per cui modifica e mette tra virgolette il "chiacchierare" mi sfugge completamente: lo interpreto come un "nulla di serio, tranquilla, chiacchieriamo se ti va" eccetera, ed il suo gesto col braccio non fa altro che rinforzare la mia idea. Mai mi sognerei di pensare che sia una battuta sul suo essere muta! Hah, per me stiamo chiacchierando normalmente senza problemi, con i mezzi a nostra disposizione, non ci vedo nulla di strano. Non sono una di loro, d'altronde, no?

    Come ti chiami?

    «Ahah, chiacchieriamo volentieri, sì. Mi chiamo Syon, e tu?»


    Riprendo la sua battuta ridendo breve e leggiadra, continuando con il fraintendimento - non saprei proprio come potrebbe capire che non ho capito. Il suo sguardo sorride, ed io...io mi sciolgo. Sento che mi sto innamorando un pochino di più, sento che una parte di me diventa più molle, debole, morbida, cede a... Alla sua bellezza, bellezza interiore, alla bella dolcezza che dimostra. Anch'io sorrido, gentile, con le labbra, con gli occhi, con il tono della mia voce, caldo. Sorrido amorevole, con amore, più di quanto faccio normalmente, e sento il fiato abbandonarmi in un'espirazione con cui anche tutta la rigidità dei miei muscoli evade dal mio corpo, svuotandomi di queste difese e armature muscolari, tese e iper-protettive, fobiche, spaventate. Sì, forse la temevo, ma non per il motivo che può pensare lei: un motivo più profondo, recondito, a cui ho solo saltuariamente accesso, a livello cosciente. Ansia sociale, per l'esattezza: il tema doloroso dell'indegnità e del disamore, il non essere all'altezza, il non essere abbastanza, l'essere sempre mancante, manchevole, vulnerabile, debole, scoperta. L'altro può rappresentare una minaccia, ma per la mia autostima, e quindi per la mia sopravvivenza se venissi espulsa dal gruppo: non una minaccia fisica diretta, bensì indiretta. Se c'è qualcuno che non ho visto, e che mi si avvicina così tanto da toccarmi, ed io non ho tenuto abbastanza sotto controllo, potrebbe essere una catastrofe, potrebbe andarne della mia vita.

    Eppure, ogni suo gesto... Ogni cosa che fa, ogni sorriso, ogni movimento del polso, ogni carezza delicata delle dita sulla penna, sulle pagine, o del suo sguardo su di me e sul mondo che ci circonda... Ognuna di queste cose, e molte altre, mi scioglie, progressivamente, sempre di più, scaldandomi dentro. Ed io non posso non sorriderle, ed amarla, già. Da persona a persona, sì, e da persona con cui mi piacerebbe stare, forse, per tutta la vita, potenzialmente, sovra-generalizzando questi due tratti in croce che posso leggere di lei, idealizzandola, senza sapere nient'altro sul suo conto. Certo, conosco perfettamente queste mie dinamiche ormai, questi meccanismi, questo bisogno spasmodico di credere, di amare, di essere amata: lo lascio correre, lo lascio farmi innamorare, e poi razionalmente decido lo stesso io come muovermi, quanto assecondarlo, come smontarlo con piccole domande mirate, chirurgiche, nei potenziali punti deboli delle persone che andranno a incidere sui punti deboli delle mie fantasie. "Fill the gap ad libitum", "riempi il vuoto a piacere", come mi dico sempre: è un bel giochetto, infantile, che mi consente di abbellire un po' la mia vita, di trascorrere del tempo in un ambiente mental-emotivo piacevole, ma dai sogni bisogna svegliarsi e raramente permangono quando si riaprono gli occhi.
    Chissà lei -la sua immagine ai miei occhi mentali, intendo- come reggerà, quando anche con lei dovrò svegliarmi, fare le mie domande di rito, raccogliere le informazioni, "fill the gap with reality, with scientific data", smettendo di riempire a fantasia e in base a come mi piacerebbe. Poche cose reggono, appunto, al mio ritorno alla realtà, e quindi spesso mi capita di rimanere delusa: sono un po' di anni, però, crescendo, che mi sono abituata alla cosa, e mi sono abituata a essere meno...esigente, a pretendere di meno, a tollerare di più. Certo, i miei standard di maximizing rimangono, ma va bene anche il satisficing, in fondo, no? Non deve essere tutto da 10, a volte va bene anche il 6, e tutto ciò che ci sta in mezzo, altrimenti si vive davvero poco, visto com'è fatto il mondo.
    E lei, però...

    “A lei, tutte le mie lodi...”


    Ecco, di nuovo, la mia parte di cervello romantico, che è già lì a elargire dieci e lode come bignè, complimenti di incoraggiamento, incoraggiamento forse più per me, per quanto su di lei.
    E la guardo, e la contemplo, diventando più silenziosa, più mansueta, ritirandomi più nel mio mondo mentale per certi versi, anche se solo per qualche istante, respirando più lentamente, profondamente, rilassata, ponderando quanto ci sia di nascosto ed inaccessibile nei suoi occhi. Sto studiandola di nuovo, guardandola trasognata eppure estremamente lucida al contempo. Triste, quasi. Malinconica, direi io, pregustando già l'amarezza grigia della realtà, e quel sogno che già fu, e che un giorno non sarà più, viaggiando con la fantasia nel futuro.

    «Oh, va bene se io parlo? Preferisci forse un altro metodo di comunicazione? Non so, scrivere sulla sabbia, così da risparmiare carta...?»


    Ecco. Eccomi, completamente fuori dal mondo. Chi mai...?
    Gesticolo, in modo altrettanto strano, ad indicare dapprima il flusso di informazioni da me a lei, e poi il flusso reciproco tra di noi. Non so però quanto sia comprensibile, così come nessuno mai penserebbe al non parlare potendo farlo. Eppure io no, no? Lei non può parlare, perché non dovrei specchiarla? Mi sembra irrispettoso, come correre e fare esercizio davanti a un paraplegico o mangiare qualcosa davanti a qualcuno che non può farlo, e via discorrendo.
    E poi, chi mai penserebbe al "non sprecare carta" scrivendo? Lei vive così, ha il suo taccuino apposta, e scrivere sulla sabbia sarebbe più faticoso e difficile e lento, no? Solo un DOCP con manie di hoarding e risparmio si preoccuperebbe di una cosa del genere: la mia descrizione, infatti. Outlier anche qui, sì, certo.
    Sul momento non ci penso, ma appena reagirà probabilmente mi sorprenderà di nuovo, attirando la mia attenzione con la sua risposta, fisica, emotiva, "verbale". Chissà come reagirà, di fronte a questa mia ennesima stranezza. Non sono una di loro, no, in tanti modi.

    «...Plume?»


    Chiedo infine, indicando con l'indice sul suo taccuino, ed in quel momento la parola si evidenzia brillando di una sfumatura carminio scura e sollevandosi leggermente dalla pagina, un effetto generato dal mio essere crittografa.
    La domanda è l'unica che mi era rimasta in coda da prima, trovando abbastanza ragionevole la spiegazione di quell'"una di loro" che mi sono data poi.
    Il mio sguardo ritorna ai suoi occhi, con un sorrisino gentile e dolce sulle labbra, lasciando trasparire forse fin troppo i sentimenti che stanno nascendo in me in parallelo alla mia razionalità controllante. Non m'interessa che lei sappia o meno, che capisca o meno: semplicemente li vivo, e mi costerebbe troppo mascherarli, e non saprei forse nemmeno come fare, chissà. Non ne vale la pena nemmeno di impararlo, o di esercitarmici, non l'ho mai fatto, e soprattutto non sarebbe onesto, non sarebbe corretto, nei miei confronti né nei suoi.
    Cos'avrei da nascondere, dei miei sentimenti?
    In che modo potrebbero lederla?
    In che modo, se venisse ferita dai miei sentimenti, qualunque essi siano ma ribadisco questi sono positivi, sarebbe sbagliato?

    Oh, per i Custodi... Sento il desiderio di baciarla ardermi, dal basso, risale fino alle mie labbra, ai miei occhi, ai miei capelli. Quelle sue labbra meravigliose... Eppure, c'è uno schermo di razionalità, di lucidità, una gabbia di logica che tiene a bada questo fuoco interiore. Un isolamento affettivo, un distacco che, di nuovo, mi rende "non una di loro".

    Che motivo avrei di trattenermi, se non il fatto che non ci conosciamo minimamente? Che motivo avrei di non mostrarle almeno l'un per cento di tutto ciò che sta avvenendo dentro di me, o meglio di premurarmi di non farglielo sapere. Cosa c'è di sbagliato? Cos'ho da temere? Nulla, a detta sua pure, no?
    E in che modo potrebbe lei ledermi ed approfittare di ciò che provo verso di lei, volta per volta, secondo dopo secondo?
    Sta a me gestirmi, sta a me difendermi: certo, sta a lei non attaccarmi, ma può ferirmi solamente quel tanto che le concedo di farlo. E, per quanto io possa o potrò amarla, non glielo concederò, e se glielo concederò, sarà colpa mia.
    Colpa sua farlo, colpa mia lasciarglielo fare, ripeto: una mia scelta, mi assumerò le mie responsabilità, semplicemente.

    So che è pericoloso, sto scegliendo di giocare a questo gioco, sono io che ho deciso di parlare con lei nonostante non sappia niente di lei, e sono sempre io ad aver deciso di farlo mettendo sul tavolo le mie emozioni. Può accorgersene, capirlo, oppure no, non importa: la mia mossa è questa, ed è mia, appunto. È importante per me essere sincera, è importante esprimerle sentimenti positivi se li sento, nella misura in cui li ritengo giusti - e finora, finora, lei non mi ha dato nessun motivo di ritenere che siano sbagliati. Chiuderò un occhio sulla questione del libro, una sciocchezza, finanche divertente e apprezzabile, decidendo deliberatamente di darle fiducia perché a chiudermi ho più da perdere che da guadagnarci, e comprendo quanto possa essere difficile sopravvivere in questo mondo essendo disabile e intelligente - e le due cose non è che non vadano di pari passo, spesso, rinforzandosi a vicenda potenzialmente.
    Voglio darle fiducia, voglio darle il beneficio del dubbio, voglio esplorarla e voglio sognare con amore come una sciocca ragazzina che si fa fantasie su sconosciuti, e voglio vedere dove ci porta e voglio vedere com'è veramente e voglio...voglio, voglio, voglio.

    “...Voglio baciarla...”


    Voglio quelle labbra...
    Voglio lei, per adesso solo come chiacchierata occasionale, magari per pochi minuti, addirittura una tantum, solo stavolta, o magari chissà.
    Voglio aprirmi al mondo, mi sono chiusa per troppo tempo in questo periodo.

    Voglio essere come il mare, voglio essere da mare, e voglio amare. Una donna da mare, una donna d'amare.
    Come lei.
    (Forse.)



    Edited by Zaho - 2/3/2023, 23:47
     
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    Syonara
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    Si tranquillizzò, e Pandora non potè non sentirsi sollevata, da un certo punto di vista. Con un'esperienza di vita come la sua era difficile non risultare inappropriati, per cui lei aveva anche smesso di provarci, in contesti che riteneva non lo richiedessero; ciononostante, era sempre piacevole quando le persone non come lei si sforzavano di comprenderla, piuttosto che di scacciarla o combatterla. Anzi, la Honos pareva addirittura esserne attratta, come potè capire Pandora da tutta una serie di piccole cose, dai suoi movimenti al suo viso, all'inflessione delle sue parole, per non parlare del vistoso arrossire. Persino il suo nome le risulta peculiare, un qualcosa che "assolutamente zero persone direbbero", come diceva sempre M, una perla rara con chissà quale significato, perso su di lei che di cultura ne aveva ben poca non avendo mai messo piede a scuola. Avrebbe potuto essere un qualcosa in chissà che lingua antica, una creatura mitologica, o ancora il nome di una città, un'emozione, una divinità; Pandora non lo sapeva, ma in un certo senso il fatto che rimanesse un punto di domanda aumentava quella sensazione di meraviglia che le dava ciò che era sconosciuto. Già, perchè Syon era una sconosciuta e Pandora un'esploratrice, e non attendeva altro. Il suo, invece...
    «Io sono Pandora»
    Aprimi e scopri la fine, diceva quella canzone, ma non lo aggiunse allo scritto, per quanto non potesse non venirle in mente. Si limitò ad abbozzare un mezzo sorriso in risposta alla sua battuta, non comprendendo che lei non aveva capito cosa stesse dicendo, ma pensando che il suo limite non la disturbasse poi più di tanto, anche a giudicare dalla disinvoltura con cui stava continuando a parlarle. Chissà perchè, ma guardandola Pandora aveva come l'impressione che ci fosse tutto un mondo dentro la sua mente a cui non aveva accesso, un fiume in piena di parole di cui poteva vedere soltanto un finito ammontare; era chiaro che, per quanto fosse limpida e cristallina quanto una mattina dal cielo terso, era anche una persona con un notevole controllo, e chissà cosa c'era che ancora non vedeva. Il velo venne tirato un po' di più quando lei chiese se le andasse bene che parlasse, o se preferisse scrivere sulla sabbia o qualcosa di simile.
    Fu a quel punto che Pandora si interruppe improvvisamente in qualsiasi manierismo, sbattendo le palpebre un paio di volte con aria perplessa, e ridacchiando un secondo dopo quando finalmente comprese la frase. La risata produsse persino un suono, stavolta, profondo come gli abissi eppure tintinnante come un cristallo, fin troppo espressiva per quella che normalmente era Pandora. Perchè sì, un'uscita del genere non poteva non far ridere persino lei, la temibile Crisalide, una donna di ghiaccio con centinaia di vite sulle spalle, eppure nemmeno lei poteva non trovare divertente quella peculiare donna. Fece per scrivere una risposta, ma all'ultimo non riuscì a trattenere un'ulteriore risatina, coda di quella precedente che ancora non si stava lasciando strappare di dosso la vita. Si concesse di concludere quell'uscita, prima di iniziare a scrivere sul serio.
    «Ma no, tranquilla. Mi porto dietro questo apposta. Non devi mica stare nei miei stessi confini, vola libera»
    Non che sapesse davvero cosa le stesse dando il permesso di fare, dato che i paper erano sempre dietro l'angolo anche se Pandora non se ne rendeva conto, ma in un colossale errore di giudizio e una comica eclissi di ragione le diede il permesso esplicito di essere sè stessa. Quasi a sottolineare il concetto, le farfalle che riposavano sui suoi capelli si librarono in volo, avvicinandosi a Syon ed esplorando i suoi dintorni in volo, cercando uno spazio su cui posarsi, se lei gliel'avesse permesso. Il loro tocco era ciò che Pandora ancora non si stava permettendo di fare, un'espressione del suo essere Sievar, che con il suo stato d'animo influenzava gli animali che gli stavano intorno... e probabilmente anche Syon, che si sarebbe sentita più rilassata grazie alla natura di Pandora. Un po' ironico, vista la vera natura di Pandora, ma per tutte le sfortune che le aveva addossato almeno Sievar le aveva fatto anche un dono che le rendeva la vita più facile.
    «Plumeria.»
    Non era un granchè come spiegazione del soprannome, ma Pandora si interruppe un attimo per disegnare rapidamente i tratti del fiore che stava menzionando, in modo che Syon avesse un riferimento. Chissà, magari l'aveva visto da qualche parte, era un genus piuttosto comune.
    «Inizi. Vita. Eleganza. Femminilità»
    La Sievar chiuse poi gli occhi, concentrando il suo nero potere e nascondendo la mano dietro il taccuino, in modo da generare un'Ombra attraverso cui potessero passare gli oggetti. Ricordò un albero di quel genus che aveva visto meno di cento metri più in là arrivando sulla spiaggia, e attraverso la sua abilità fece passare uno dei fiori attraverso l'Ombra dell'albero, facendolo finire in mano sua. Lo raccolse delicatamente con le dita, come se lo stesse estraendo dalla stessa carta, e porse il fragile fiore tropicale alla donna con un mezzo sorriso. Poteva vedere il suo desiderio, era un sentimento che aveva imparato a conoscere nel suo passato, e ora ne vedeva i chiari segni sulla donna, che a chiunque altro non sarebbero stati immediatamente ovvi. Tuttavia, lei non era macchiata di quell'oscurità che aveva segnato gli altri nel suo passato, anzi; era pura, delicata, innocente, un sentimento un po' da teatro e per Pandora lontano dalla vita reale... eppure in quel momento era lì, fragile e pregno di vita quanto un crocus che sfidava la neve per vedere la luce, prezioso e irripetibile, e in un certo senso inconsapevole di ciò che aveva superato per poter essere lì, quel giorno. Ma non era ancora quello il momento, il fiore era aperto, ma la farfalla non poteva non essere ancora incerta dopo il lungo inverno, e per questo continuò a danzare intorno, allungando le ali stanche sotto quel sole inaspettato. E così la osservò, guardandone i tratti, lo sguardo, le reazioni, osservandola non come un animale allo zoo, ma come avrebbe fatto un bambino che nota per la prima volta un pettirosso e lo segue quatto quatto, per non spaventarlo.
    «Ti va un drink?»
    Fu la sua ultima aggiunta, indicando il baretto da cui era arrivata poco prima. Mancava poco all'ora di pranzo e chissà, magari avrebbe potuto invitarla fuori, ma decise prima di tastare il terreno con qualcosa di più facile, meno fraintendibile. Forse?


    That Melody ♪ ♫

    ∆ È normale Marialuce, è normale -cit.

     
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    Spiagge del Fiero Scudo, tarda mattinata




    Io sono Pandora.


    Mi fa leggere, allegandoci un piccolo sorrisetto tanto carino, adorabile. A quel nome, i miei occhi si espandono un pochettino di più, perché ha un sapore così antico, dorato, prezioso... Come le sue labbra, di quel verde improbabile che wow, e per un attimo mi sovviene che questa pace che sento dentro di me è in parte dovuta alla sua Origine, ma... No, decisamente non solo, no. E mi perderei, se non fosse per il fatto che sento per la prima volta un suono provenire dalle sue corde vocali, evento che mi stupisce ed attira la mia attenzione indescrivibilmente.
    Ride.
    Ride usando dei bassi, in una maniera che si sente non essere come la risata di chi parla abitualmente, ma ride.
    E ride per via di ciò che ho detto, per il mio essere stata gentile con lei ed averle proposto di comunicare diversamente, se le dà fastidio o preferisce altrimenti eccetera. Forse sono stata troppo gentile? La gente normale non--? ...No, certo che no: la gente normalmente userebbe la propria voce senza nemmeno pensarci una volta, menefreghista ed egocentrica com'è, già.
    E ride una seconda volta, mentre cerca di scrivere! Deve interrompersi per finire di ridere, e chiaramente quindi sì, devo averla stupita parecchio: dev'essere completamente non abituata a questa reazione dei suoi interlocutori, ovvero nessuno ha mai reagito così, o comunque non è la norma, e, per quanto io stia sogghignando con lei, la verità è che questa cosa mi rattrista immensamente. Nessuno si è mai premurato, non abbastanza, non in numeri sufficienti, di pensare a lei, di cambiare il proprio modo d'approccio per renderla più a suo agio. Incomprensibile, inconcepibile...

    “È così sbagliato...”


    Penso tra me e me, sorridendole amorevolmente con compassione e gentilezza. Fosse per me, la abbraccerei in maniera calda ed accogliente, ma...

    Ma no, tranquilla. Mi porto dietro questo apposta. Non devi mica stare nei miei stessi confini, vola libera.


    Sorrido di nuovo, alzando le sopracciglia, in un gesto che trasmette il mio disagio ed il mio dispiacere per la situazione. Certo che devo stare nei suoi "confini", certo che devo specchiarla, certo che è mio dovere interagire alla pari e nel modo più piacevole possibile. Come minimo le chiedo, dunque, e la sua risposta mi provoca rammarico per come lei definisce la sua condizione. "Stare nei confini" dà la sensazione che la cosa le pesi, che non la viva bene, o almeno questo è ciò che posso immaginare dalla scelta linguistica che ha fatto, e parimenti "volare libera" per me non può essere qualcosa ch'io possa fare a cuor leggero: come posso farlo, davanti a lei "confinata", come sente di essere lei? No, certo che no: camminerò accanto a lei, offrendole la mia mano, il mio braccio, e procederemo lentamente insieme, come dovrebbe essere, come temo lei non sia abituata a fare, ricevendo attenzione.
    ...O forse sono solo io, che mi faccio mille fantasie mentali, di fronte a questa bellissima ragazza, con questa disabilità e questa arguzia mai vista prima, imbottita di sentimenti che non controllo bene e che...

    Plumeria. Inizi. Vita. Eleganza. Femminilità.

    “Buona, Syon...”

    «Mi lusinghi troppo...»


    Mi spiega lei, abbozzando un disegno molto bello di un fiore, per spiegarmi quell'istantaneo soprannome "Plume" che mi ha dato, con una confidenza che mi ha fatta ridere.
    Le sue parole, le sue idee, i suoi concetti... Mi fanno espandere gli occhi in una maniera inenarrabile, mentre sento un'altra vampata che m'infiamma il volto, un fuoco vermiglio che mi colora le gote pulsando e scorrendo a folle velocità nelle mie vene. Sento il cuore rimbombarmi infatti in gola, in testa, nella fronte, dietro gli occhi, nelle punte delle orecchie e nei timpani pure, mentre lentamente abbasso lo sguardo e mormoro quel ringraziamento implicito, con le labbra incurvate a cercare di trattenere e nascondere un sorrisino che non ho la minima voglia di non mostrare.

    Dopodiché, in un gesto della mano che a malapena vedo, che non riesco a seguire, estrae un fiore -non so da dove, non lo capisco: sembra quasi dalle pagine del suo taccuino! Forse è un suo potere da Sievar?- e me lo porge. Un fiore meraviglioso, dai colori pastello ed al contempo intensi, i petali morbidissimi e tondeggianti, giallo-arancioni al centro e rosati-fucsia all'esterno; un fiore che tengo gentilmente tra le dita, girandolo e rimirandolo da ogni angolazione, alternando lo sguardo tra questo e l'altro fiore silenzioso e stupendo che mi sta davanti.

    «...Wow! È bellissimo...! Grazie!»


    Riesco a malapena a spiccicare le parole, distanti tra loro, al rallentatore, ammaliata dalla beltà di entrambi questi prodigi della natura che ho di fronte. Un fiore, sono per lei un fiore, elegante e femminile, un inizio di un nuovo rapporto, piena di vita per qualche motivo. Come potrei non provare ciò che provo? Mi rimprovero, neanche la conosco, questa Pandora, e già parto per la tangente così tanto? Il punto di contatto con quella curva è così lontano, distante alle mie spalle...
    Devo decisamente darmi un contegno, autocontrollarmi infinitamente di più, non posso continuare così, altrimenti finirà male...!

    Ti va un drink?

    «Con estremo piacere...!»


    ...Come non detto, appunto.
    Chiudo gli occhi e trattengo il respiro dopo questa risposta entusiasta e radiosa, congelando il mio sorriso e riprendendo il controllo della mente, un secondo d'apnea per volta. Quando inspiro di nuovo, riapro lentamente gli occhi e stavolta uno sguardo molto più in controllo di me fa il paio con due labbra piegate in maniera sicura e sorniona, un sorriso che lei ha già visto all'inizio di questa conversazione quando vedevo limpidamente il suo bluff.
    Nel momento esatto, però, in cui rialzo di pochi gradi i miei occhi intercettando i suoi, beh, ecco...tutto si scioglie: quel senso di dominio nel modo in cui guardo la realtà, quel compiacimento per il mio potere nella mia bocca, quel senso di ordine e controllo nelle sopracciglia... Tutto si disfa e slega, lasciando spazio a un'espressione arresa ed estatica.
    E va bene, va bene così.
    Va bene, Syon: giocheremo così, se è ciò che vuoi.
    Giocheremo a lasciarti vivere ciò che senti, a vivere le emozioni assecondandole, tenendo alta la guardia, confidando di poter reagire improvvisando in maniera efficace, qualora ce ne fosse mai bisogno. Nel mentre, daremo corda, lasceremo andare la lenza, scorrere tutto quanto per il suo percorso naturale, come dovrebbe andare, come normalmente si svolgerebbero le interazioni. Giocheremo a recitare noi stesse, come sempre, "I do me, you do you", interagiremo usando noi stesse come personaggio, essendo così sincere e veritiere, oneste e tutto il resto, ma al contempo perfettamente consce di ciò che sta accadendo e riservandoci il diritto di veto e di reagire qualsiasi cosa accada.
    Come sempre, sì, e così possiamo vivere le nostre emozioni pienamente, vivendo una vita vera e significativa.

    Sorrido, di nuovo, più rilassata stavolta, arrendendomi a quel copione già recitato tante volte, eppure diverso ogni volta. Io in fondo sono sempre la stessa, entro certi limiti: sono gli altri a cambiare, di volta in volta, ed ogni interazione è diversa ed arricchente. E, sono sicura, lei sarà davvero molto arricchente...

    «Dammi un secondo.»


    E, in men che non si dica, sono in effetti pronta: la borsa con tutto quanto dentro era già preparata da prima che andassi in acqua, devo solo rimettere dentro il libro, avvolgermi il pareo con un paio di semplici giri, inforcare il suo bellissimo fiore sul mio orecchio, infilarmi le ciabatte da mare e mettere l'asciugamano bagnato sulla spalla in modo che non inumidisca nessuna delle mie cose che non dovrebbe prendere acqua.

    «Ecco, possiamo andare.»


    Dico infine con un sorrisino contento, mentre il mio sguardo vispo saetta da tante parti, tra cui le sue braccia, per controllare ogni eventuale micromovimento. Magari me ne porge uno per prendermi a braccetto e passeggiare fino al bar, e da un lato vorrei io offrirle il mio, ma non sono sicura sia il momento giusto, il gesto giusto, non ancora...? E quindi, in caso, aspetto lei ed imito il suo comportamento.
    Forse sarebbe il caso di andarci con calma, Syon...



    Edited by Zaho - 13/3/2023, 22:50
     
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    Syonara
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    Non potè non essere divertita dal suo goffo tentativo di stare al suo stesso passo, trovandolo innocente e quasi inappropriata, al pari di qualcuno che guarda un pesce, in acqua, chiedendosi perchè non possano camminare a fianco. Era semplicemente la natura, Pandora era confinata dal suo limite e le andava bene così, ma la Honos non pareva comprenderlo fino in fondo, anzi, quasi per nulla. Ciononostante, continuò fortunatamente a parlare, senza davvero manifestare più di così quel suo desiderio, e Pandora ne fu felice. Se interagiva con lei era anche per via delle loro evidenti differenze, e parlare con qualcuno che cercasse di specchiarle era tutt'altro che interessante, anzi, noioso. Voleva che fosse sè stessa proprio perchè le pareva un'opera rara, una creatura in via di estinzione da contemplare prima che svanisse per sempre, e farle passare quei giorni di luce nello zoo costruito da qualcun altro sarebbe stato irrispettoso della bellezza e della rarità di una tale meraviglia. Un tramonto in fotografia non era altrettanto bello; costringere lei a stare nelle linee dell'esistenza di Pandora sarebbe stato un crimine, una tragedia senza eguali, e la Sievar fu felice di vederla essere sè stessa.
    Arrossì alla sua spiegazione e fu sconvolta dal suo regalo, il rosso delle sue guance che si affiancava alle iridi verdi come la luce di un tramonto che completava l'acquamarina di un lago incontaminato, intonso, puro e incorruttibile. E Pandora vi si tuffò, contemplandola senza rispondere, rimanendo a guardarla mentre tentava di rimanere seria, ma non ci stava riuscendo davvero, contagiando anche l'altra che si portò una mano al viso con la naturalezza di chi era abituato a nascondere la propria espressione facciale quando si faceva troppo esplicativa. Un sentimento da molto tempo controllato, rigido e congelato, non in modo freddo come avrebbe potuto esserlo il ghiaccio, ma impersonale, la teca di un museo che andava a preservare qualcosa che altrimenti sarebbe andato a deteriorarsi fino al nulla, l'ambra che incapsulava un insetto da milioni di anni, e il contenuto non sapeva più nulla del tempo, fermo ma immortale, bloccato ma inviolabile. La sagoma impressa sul cemento dopo un'esplosione, dove qualcosa era stato protetto dal disastro da un corpo che era stato completamente annientato, un'ombra senza proprietario, un fiato senza voce, un volto senza un nome. Eppure, eppure...
    Eppure ora un bambino con i gessetti, forse psicotico, forse visionario, stava camminando e disegnando inconsapevole dove un tempo era stata tragedia, riempiendo quella sagoma, donandogli dei colori, un nome, un proprietario, una voce. Una speranza? E forse dalle crepe nel cemento stava iniziando a spuntare un germoglio, il fragile potenziale di un fiore, l'eterna lotta della vita che non accettava mai di essere spenta; sapeva che alla fine il Disertore aveva torto, e Gloria, girl child revolution, non poteva essere uccisa in un modo che importasse. Il mondo respirava, e chi ancora provava a restare vivo si aggrappava a quell'aura con tutte le sue forze, confidando nel seme dell'infinito che un giorno avrebbe spezzato l'ambra, polverizzato il cemento, microscopico ma inarrestabile, carico della forza di tutti i colori e di tutti coloro che ci avevano già provato ma non ci erano riusciti.
    E sulla teca comparve una singola, minuscola, crepa.
    Un sorriso.
    «Fai pure.»
    Le diede il permesso che lei già sapeva di avere, lasciando che radunasse le sue cose per andare a prendere il loro drink al baretto che in fondo non era nemmeno troppo distante, era lì, ma era sempre meglio portarsi dietro le proprie cose, sia mai che passi il famigerato ladro di... libri e asciugamani? No, no, meglio non porsi domande che ce ne erano già abbastanza, e ci sarebbe stato tempo, un attimo prima della fine, un passo prima del baratro, e in fondo anche mentre si stava cadendo si poteva sempre tenersi per mano e continuare a chiedere e a parlare.
    Le porse il braccio in modo che potesse prendersi a lei, come se già si conoscessero, se Jenny fosse già la sua migliore amica e il dubbio non esplicitato stesse ben altrove. Le indicò il baretto, e proseguirono per quella poca distanza fino a lì, al che semplicemente si sedettero al banco, su quei seggiolini così ridicolmente alti da essere praticamente scomodi.
    «Un Sea Breeze, per favore»
    Quello fu il suo ordine, e Pandora strappò la pagina consegnandola al barista, in modo che non ostacolasse la loro "conversazione" se ci fosse voluto del tempo. Fu un secondo solo di distrazione, però, dato che Pandora riportò ben presto lo sguardo su Syon, dandole il tempo di ordinare a sua volta prima di continuare a scrivere, osservandola mentre decideva sul da farsi e interagiva con lo staff.
    «Pago io, se non ti dispiace.»
    Un'affermazione semplice e rapida, da chi era abituata a fare più che a chiedere, e aveva già deciso che non sarebbe stato diversamente per nessun motivo.
    «Puoi pensarci tu la prossima volta, in caso»
    L'aggiunta lasciava correre la fantasia, ma non era importante. Che prossima volta? Si conoscevano a malapena, e per quanto ne sapevano non si sarebbero mai più incontrate in vita loro. Ma a Pandora piacque pensare così, e non si lasciò disturbare dalla fragilità del futuro su cui stava camminando la sua mente, perchè alla fine anche se si fosse spaccato il vetro gli rimanevano sempre le ali.
    «Vieni qui spesso? Il mare sembra piacerti molto.»
    La domanda era un po' invadente e un po' retorica, perchè Pandora aveva visto il suo relax dopo essere stata in mare, ed era quello che poteva avere solo qualcuno che lo adorava. Voleva anche sapere più informazioni su di lei, e anche se a dire il vero avrebbe potuto intuirle, voleva che gliene parlasse lei, voleva sentire la sua voce, soffice quanto un cuscino ricamato d'oro su cui posare il volto stanco... e Pandora era dannatamente esausta.


    That Melody ♪ ♫

    ∆ Simpo.

     
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    Spiagge del Fiero Scudo, tarda mattinata




    La vedo sorridere, ridere sotto i baffi: di nascosto, con malizia, compiacimento, alla mia fatica nel mascherarmi. Anche lei è brava a mascherarsi, e porta una mano a coprire il suo risolino, ma cos'altro potrebbe essere? Inequivocabile, come l'abitudine a fugare questa possibilità di trasparenza, sì. E la adoro, la adoro di più: si nasconde, e come posso non cercarla a maggior ragione? Sfugge e, per i Custodi, la rincorrerò finché avrò vita in corpo, finché avrò elettricità nelle sinapsi, i miei muscoli mentali. Perché è contenta, e cos'altro potrei desiderare? Ciò che faccio le piace, come sono le dà piacere, ed un segnale migliore della sua sincerità che cerca di non esser sincera è la cosa più dolce che potrebbe regalarmi: un nettare prelibato, ambrosia per le mie orecchie ed i miei occhi, per la mia anima, che come miele cola ed avvolge il mio intero encefalo ed ogni pensiero e sentimento ch'esso contiene. Oh, cielo, la sento dentro di me, insinuarsi in ogni anfratto più recondito della mia psiche, dei miei desideri, nei voluttuosi abissi in cui mi trascina senza volerlo, senza saperlo, senza ch'io lo sappia pienamente, senza ch'io possa farci niente...

    Fai pure.


    Scrive lei, sorridendomi. Un sorriso delicato, diverso dagli altri, più caldo, così come quello che mi ha dato il permesso di essere me stessa, prima. Un sorriso dolce, amorevole, ed io non posso non ricambiarlo. O, forse, sono solo io che lo leggo così, perché già provo questi sentimenti e contaminano la mia interpretazione di lei. Chissà, forse, forse no...
    Fatto sta che sorride, e sorrido anch'io, e per un attimo esito, fermandomi a guardarla negli occhi, coi miei espansi, per un lungo istante. Poi, lentamente mi risveglio, girandomi a sistemare le mie cose tutte belle in ordine, quasi un fastidio, un compito gravoso, un lavoro tedioso che mi distrae da ciò che vorrei fare davvero, continuando a sorridere mentre non guardo veramente questi oggetti bensì il ricordo del suo viso, di quel gioco di sguardi, quell'alchimia che sta nascendo tra di noi. Questo è ciò che vorrei, ed ogni secondo in cui non guardo materialmente il suo viso è un istante perduto di gioia che potrei avuto avere.

    “Ah, Syon...”


    "Sei proprio cotta" mi sembra un'enorme esagerazione.
    Vero, Syon?
    Dai. Dai...
    Sogghigno tra me e me, stringendo i denti e mordicchiandomi l'interno delle labbra.
    Stupida Syon. A chi vuoi darla a bere? Altro che esagerazione: è un eufemismo!
    E mi porge il braccio. Oh, Per i Custodi! Mi porge il braccio! Mi s'illumina il viso, radiosa e gioiosa come una bambina di fronte a un lecca-lecca regalatole dal padre amorevole, e sorrido istintiva e mi si espandono gli occhi ancora di più, se possibile, e sorridendo di più e socchiudendo gli occhi in un sorriso di ringraziamento rivolto a lei mi aggancio, portando il mio braccio ad avvolgersi attorno al suo, delicatamente, gentilmente, con la mano che si appoggia lieve quasi sulla sua spalla - mi sono avviluppata troppo? Pazienza, la presa è così dolce e comoda...!

    In un batter d'occhio, col tempo che vola, siamo già lì - qui, a questo piccolo bar dagli sgabelli alti e dal bancone per fortuna poco affollato, nonostante l'ora. Lei scrive velocemente qualcosa su uno dei suoi foglietti, per poi strapparlo e porgerlo al barista.

    Un Sea Breeze, per favore.


    Sbircio dalla carta, sorridendo sorniona.
    Potrei prendermi anch'io un qualche succo di frutta. "Un succo alla pera, grazie": un classico mio. Però...
    Mhm, ho voglia di qualcosa di più leggero, anche. Più fresco, più liquido, più acquoso...?
    Cosa vorremmo, Syon? Raccontami.
    Poi, il lampo di genio.

    «Per me... Un succo alla pera con altrettanto di latte freddo. Può portarmeli anche separati e li mischio io nel bicchiere, se è più comodo! Grazie.»


    Con uno sguardo ed un tono di voce gentili cerco di rassicurare il barista, che sfido ad aver mai sentito un ordine del genere, ed infatti rimane un po' interdetto fin dall'inizio - motivo per cui mi sono affrettata a specificare che mi presto volentieri a miscelare io i due liquidi. La mia risatina che accompagna il "grazie" finale è volta a creare quella confidenza che dovrebbe lubrificare l'interazione sociale, lasciando intuire che so di essere strana io, che mi rendo conto di risultare "onerosa", perfino, talvolta, seppur in maniera minima, e che le mie richieste stravaganti sono consapevolmente tali ma non malintenzionate, ecco.
    Il barista, preso in contropiede inizialmente, fa mente locale e riesce in pochi secondi a trovare un modo per esaudire i miei desideri, assolvendo al mio ordine senza reali problemi materiali: deve solo pensare fuori dall'ordinario, entrando accidentalmente per un breve istante nel mio mondo, nel mio cervello, la mia mente così fuori dalla normalità sempre.
    Guardo Pandora, con un sorrisino sornione di nuovo, cercando e sperando in quella complicità ma anche in un certo stupore stranito di fronte alle mie particolarità peculiari.
    So di essere "strana", non convenzionale, me l'hanno detto fin da piccola, fin da bambina, a tutti i livelli dell'educazione pubblica, ma va bene così: la diversità è ricchezza, le modifiche nella società derivano proprio da chi pensa diversamente, altrimenti saremmo fermi cristallizzati e statici per sempre. Qualche innovatore deve esistere, affinché avvengano le innovazioni! Trovo oltraggiosa la xenofobia con cui certe persone, fin troppo monoculturali e pigre mentalmente, miopi, deridono il diverso, ma capisco perfettamente i meccanismi di difesa mentale che li muovono anche, e dunque al contempo porto pazienza e le evito, prediligendo circondarmi di persone più a me affini. Xenofile, "amanti dello straniero", del diverso, e so che è difficile, che è una sfida ogni volta -alcune di più, altre di meno-, ma per cos'altro vivere altrimenti? Se non per la costante crescita personale, l'arricchimento che ci viene dal confrontarci con chi non è come noi? "Nella vita non smette mai d'imparare", no?
    Ed ecco perché mi piace lei: si vede che è xenofila, si vede che è attratta dal diverso, prova curiosità per ciò che non è come lei. Come me, ad esempio: la scusa del libro l'ha usata perché le interesso io, a pelle, a prima vista. Oppure perché ha qualche altro interesse, sì, ma... Davvero? O è solo la mia insicurezza, in me stessa, che mi fa propendere per escludere l'idea ipotetica di attrarla, di interessarla? Sono peculiare, come spesso mi dicono, e ogni tanto attiro la gente: mi è capitato, mi capita, e mi capiterà, c'è poco da fare. Ogni tanto, più raramente immagino, succede. Ma succede, come in questo caso, apparentemente.

    Pago io, se non ti dispiace.
    Puoi pensarci tu la prossima volta, in caso.


    «Ma no...! Sei sicura? Heheh, va bene, d'accordo. Ti ringrazio.»


    Le sorrido, un po' in imbarazzo, chinando il capo in segno di gratitudine e sottomissione. "La prossima volta": questa frase, questo concetto, mi piace. Mi piace tremendamente: mi fa sentire al sicuro, amo come questo nuovo rapporto sembri già una certezza, almeno nella sua mente, così tanto da darlo per scontato quasi, da esplicitarlo, da intessere il legame platealmente con la mia coscienza ed approvazione. Non è solo un mio desiderio, è anche suo, e lo afferma con forza, sicura che ci sarà una prossima volta. Non posso non sentirmi sicura, non adagiarmi in questa consapevolezza di potermi affidare a lei, ai suoi desideri, perché sono come i miei, esattamente come i miei. C'è un feeling indicibile tra di noi, pur non conoscendoci: è davvero incredibile.
    Sorrido, maliziosa, vedendo di nuovo cosa sta facendo, ed apprezzandolo profondamente.

    Vieni qui spesso? Il mare sembra piacerti molto.

    «Heh, acuta osservatrice ancora una volta, noto con piacere.»


    Di nuovo, sorrido compiaciuta, guardandola con gli occhi di chi capisce che l'altro capisce, sa leggere nella mente e nel cuore dell'altro al primo sguardo. Una persona potente e versata in questa raffinata arte, rara e preziosa. Ecco cosa mi piace di lei: gioca con le menti, perché è in grado di vederle. Poche persone sanno farlo, ne ho incontrate davvero una manciata nella mia vita, probabilmente contabili sulle dita di una sola mano, massimo due. E lei, lei...
    Lei può, e finora ha usato questo suo potere solamente per avvicinarsi a me, con intenzioni che non mi sembrano affatto malvagie.

    «Sì, amo molto il mare... Lo trovo molto affine al mio carattere, e mi ricorda l'infanzia. Ci vengo molto spesso, quindi, sì: di solito per le vacanze, ma anche in qualche fine-pentamana se ne ho voglia.»

    “Vivo qui dietro, d'altronde...!”


    Le rispondo ora, con espressione dolce e rilassata, interagendo normalmente ed amabilmente. Non più quell'espressione furbesca e complice da "So cos'hai fatto", bensì pura e serena amorevolezza. Sto parlando con lei, e stiamo parlando del mare: che altro sentimento potrei mai provare?

    «E tu? Come mai sei qui? Anche a te piace l'acqua?»


    Ridacchio, lievissimamente, una mezza battuta finale ma a cui potrebbe anche perfettamente rispondere di sì, che piace anche a lei il mare, e quindi la risatina sarebbe per la buffa coincidenza. Certo, non sarebbe così una coincidenza che due persone si trovino al mare perché a entrambe piace il mare! Ma insomma, sono travolta ed inebriata dalle mie emozioni, non ragiono troppo freddamente e lucidamente, ed il calore che riversiamo nel non-verbale non è sempre collegato al contenuto del verbale, no? Spesso lo facciamo per informare l'altro, o per manipolarlo, o mille altri motivi. In questo caso, è una naturale e lieve manipolazione di socialità, volta a esprimere al contempo il fatto che non sono ostile, anzi che cerco di essere amichevole, oltre al cercare di suscitare in lei gli stessi sentimenti. Inconsciamente, certo, o automaticamente, ormai - difficile dirlo, anche perché una parte di me, quella iper-vigile e molto metacognitiva, sa cosa stiamo facendo entrambe, in ogni momento, appunto. Osservatrice, di queste due osservatrici: un macello di livelli e sopra-livelli che mi perdo facilmente e velocemente a cercare di tenerli tutti sotto controllo razionalmente; motivo per cui, con tranquillità, lascio fare al mio inconscio, che sa magistralmente come agire, come muoversi. D'altronde, è molto tempo che lo facciamo!

    ...

    I suoi occhi, e le sue labbra... E le sue mani...
    Parlo, parlo nella mia mente, parlo tanto. Ma, inesorabilmente, il mio sguardo la accompagna per mano a passeggiare per quelle lande da sogno. E non c'è niente ch'io possa dire, o fare, nessuno dubbio ch'io possa avere, che mi distrarrà mai da questa meraviglia che mi siede di fronte.

     
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    Syonara
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    Si potrebbe contarle sulle dita di una mano, le volte in cui Pandora era stata genuinamente stupita da qualcosa. Perchè lei era una donna con un certo passato, insomma, uno di quelli che rendevano non solo un po' tutto emotivamente intorpidito in ogni momento, ma anche difficile da smuovere, un po' come un lago ghiacciato. L'acqua esisteva, certo, ma tranquilla e sotto uno spesso strato, senza raggiungere mai davvero i zero gradi, protetta dallo strato superiore, e lì sotto poteva sopravvivere la vita, anche se la temperatura esterna raggiungeva il sottozero. Non più davvero un meccanismo di coping, ma una legge della natura, un principio della fisica, una parte integrante della personalità ormai impossibile da modificare. L'acqua gelava fin dall'inizio dei tempi, e avrebbe continuato per sempre, così come Pandora sarebbe sempre stata difficile da smuovere.
    Eppure.
    Eppure, in quel momento, rimase completamente scioccata, a tal punto che la sua bocca si spalancò appena, le sue sopracciglia si sollevarono e i suoi occhi assunsero uno sguardo del tutto sconvolto, impossibile da mascherare. L'aveva sentita bene, sì. La sua sorpresa non era frutto di un'incomprensione, ma proprio perchè aveva capito bene ora era sorpresa. Un piccione grasso a cui qualcuno si era avvicinato camminando troppo in fretta, una farfallina investita da una folata di vento troppo intensa, un gabbiano a cui avevano impedito di rubare le patatine, una persona investita in pieno da un'auto in corsa.
    Un latte con succo alla pera.
    Syon era evidentemente una di quelle persone che non esistevano veramente, quelle di cui si parlava nei problemi di matematica che gli presentava Michael quando gli aveva insegnato a contare. John compra quattrocentotrentasei banane e ne da trecentoventisei a Jake per fare uno smoothie. Quante banane ha John? Sì dai, quella gente che faceva richieste così stravaganti, azioni così incomprensibili da far spalancare gli occhi, perchè chi mai nel mondo avrebbe ordinato una cosa del genere? Nessuno aveva quei gusti. Erano quelle persone che facevano meme del tipo "ma sono l'unico che..." e la risposta era genuinamente sì. Cose mai esperite prima, e Pandora ne era stata completamente presa alla sprovvista.
    «Complimenti. Sei la prima persona al mondo a fare questo ordine.»
    Ridacchiò nello scrivere quella frase, a spiegare la faccia che aveva fatto fino a quel momento, in modo da farle capire subito cosa l'avesse provocata, che non si facesse dubbi. Era anche chiaro che la situazione stava divertendo tremendamente Pandora, che non la stava prendendo in giro, ma anzi, era profondamente incuriosita dalle stranezze manifestate dal fiore che le stava di fronte. Non un fiore monocolore, no, i suoi petali erano cangianti e multicolori, e in ogni punto in cui guardava c'era una nuova tonalità che attirava la sua attenzione.
    La Sievar sorseggiò il suo drink, sforzandosi a spostare lo sguardo da Syon ad una delle sue farfalle che stava riposando sul bancone, studiandone i dettagli. Erano però conosciuti e poco interessanti, linee familiari, colori spesso ripercorsi, sensazioni al tocco note, e ben presto Pandora si trovò a percorrere altre linee con lo sguardo, immaginando sensazioni al tocco e di cosa sapesse quel colore sotto la lingua, che suoni potesse produrre.
    Il complimento di lei la fece sorridere, e Pandora inclinò leggermente in avanti la testa a ringraziare. In fondo era contenta di piacerle, perchè non parlava spesso di sè stessa, conscia del timore che provocava nelle... nelle persone normali, sì. Loro avevano paura di lei, non era una novità; chi vedeva il suo lavoro per una ragione chiara e ben intuibile, mentre chi vedeva la sua mente... beh, il perchè non l'aveva mai capito, onestamente. Ma in quel momento non importava; Syon le aveva fatto un complimento, e non le serviva nient'altro per essere felice. Quel giorno, quella stagione, quella vita intera.
    «Sono d'accordo.»
    Sorseggiò con calma il suo cocktail, assaporando prima di tutto il momento e solo poi l'alcol. Syon aveva ragione: era molto simile al mare. Un sole caldo che estendeva i suoi raggi su un mondo pieno di vita, fra onde cristalline e sabbia dorata. Un enorme mistero inesplorato, così invitante eppure così profondo, così pericoloso, così potente da essere soffocante e da rendere impossibile l'aprire gli occhi, pena il venirne bruciati. Ma valeva la pena sentire il sale per vedere uno splendido anemone, un pesce unico, un corallo nascosto, una conchiglia iridescente.
    «Io?»
    Diede un colpetto al foglio con la penna, non con l'ansia di chi stava temporeggiando, ma più con il relax di chi stava pensando a come mettere le parole che seguivano.
    «Passo spesso a Hubris per lavoro. Quando ho tempo cerco di venire qui, si vedono sempre cose interessanti.»
    Era vero, anche se probabilmente non nel senso che lo avrebbe inteso una persona qualunque. Per un attimo non seppe se dire la verità, ma alla fine decise che sarebbe stato interessante vedere la reazione di quel prezioso fiore.
    «La gente qui è poco vestita. Mi piace vedere quanto riesco a capire di loro dai dettagli che si portano addosso»
    Alla fine sì, aveva deciso di dire il vero. Forse la frase era partita in modo da eterosessuale randomico, ma alla fine Pandora aveva palesato un po' della sua natura. Bevve un altro sorso di cocktail, facendo attenzione a non rovinare il rossetto verde, e con una mano carezzò una farfalla che stava sul bancone, sublimando così il desiderio di esplorare la pelle di lei. Non era ancora il momento, no. Certo avrebbe voluto, ma una vita intera passata a controllare impulsi ben meno piacevoli le tornava sempre utile.


    That Melody ♪ ♫

    ∆ "A me piace il mare, e a te?" "Io vengo qua a guardare i casi psichiatrici pascolare"

     
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    Complimenti. Sei la prima persona al mondo a fare questo ordine.

    «Oh! Ti ringrazio.»


    Rispondo ridacchiando con un finto inchino del capo, accompagnato da una rotazione della testa esageratamente elegante nonché un'alzata di sopracciglia ed un sorriso chiaramente comici, che a stento trattengono quelle risate che mi suscita il suo commento.
    Certo che sono strana, sono Syon! Lo sono sempre stata, e mi diverte quando me lo fanno notare: in negativo, di solito, aiutandomi a categorizzare subito i conformisti; in positivo, molto più raramente, sorprendendomi con la presenza di qualche xenofilo come me che sa apprezzare le cose outlier. I miei gusti sono outlier, i miei pensieri sono outlier, io sono outlier.

    Sono d'accordo.


    Le sue parole ed il suo concordare mi stupiscono piacevolmente, molto piacevolmente, lusingandomi parecchio. Non so quanto possa aver intuito del mio carattere da questo breve scambio di poche battute e gesti, e forse sono io che sto proiettando troppo il valore che io do al mare per me, ma...il fatto che anche lei mi veda simile al mare mi fa arrossire di piacere e di imbarazzo, di contentezza, lusingata appunto dal fatto di apparire così anche ai suoi occhi, alla sua mente, al suo giudizio. Anche lei pensa ch'io sia come il mare, e che il mare sia come me, e... Non posso, non posso non essere lusingata, no, davvero lusingata. L'affinità tra noi due mi aumenta inconsciamente di millemila: "Siamo proprio like-minded", ci ritroviamo a pensare, vero Syon? Già, o questo è ciò che vorremmo con tutto il nostro cuore: se sto proiettando, se sto "fillando il gap ad libitum" come dico sempre, come mi sono già accorta, ecco, in questo momento di certo non me ne accorgo. In questo momento penso solamente che lei sia come me, e pensi come me, e che mi stia facendo un complimentone davvero enorme, paragonandomi al mare. Non è solo una mia sensazione, un "mi sento come il mare", no: è proprio lei che soppesa dall'esterno e oggettivamente mi giudica come affine e similare al mare. E, per fare quest'operazione, chiaramente deve pensare come me, ragionare con i miei stessi criteri, giudicare in base alle stesse cose, e quindi deve capirmi. Che altra spiegazione ci potrebbe essere? No?
    Parto per la tangente, andando alla deriva, continuando a proiettare e caricare di cose inesistenti tutto ciò che non so di lei, riempiendo il vuoto a piacimento, in base al mio desiderio, a ciò che vorrei profondamente, e più è profondo meno ne sono conoscente, diventando estremamente poco accorta e proporzionalmente molto innamorata. I miei occhi s'illuminano prima di essere socchiusi ed abbassati dall'enorme sorriso a bocca chiusa che mi alza gli zigomi e mi abbassa la testa, guardando lei, mangiandola con gli occhi, prima di ritirarmi nel mio digiuno nascosto. Non può durare molto, molto a lungo: è lei il mio mare, adesso. Ed io ho sete, sete di quest'acqua fresca ed avvolgente e rassicurante che è lei, come un'onda improvvisa che mi prende e mi porta via...

    Io? Passo spesso a Hubris per lavoro. Quando ho tempo cerco di venire qui, si vedono sempre cose interessanti. La gente qui è poco vestita. Mi piace vedere quanto riesco a capire di loro dai dettagli che si portano addosso.


    Seguo ogni suo gesto mentre scrive, mentre pensa, mentre si cimenta in queste risposte lente, ponderate, concise ma pregne di significato.
    Chirurgiche.
    Come la sua mente.
    Ed anche i suoi movimenti, si vede, si vede nettamente, che sono precisi, seppur aggraziati. Sono calcolati, calibrati, è abituata a usare il suo corpo in maniera molto raffinata e non ha paura di muoversi: molti o sono sgraziati e rozzi, oppure sono fin troppo ritratti e "snob", per così dire. Insensibili e sordi alla vita, alla realtà, oppure paura di sporcarsi, di vivere: lei non ha nessuno di questi due tratti negativi che sembrano caratterizzare le persone che ci circondano.
    E forse è la lentezza di questo suo rispondere fisico, o forse il silenzio che l'accompagna, che mi fanno sembrare questi momenti ancora più...surreali, particolari. Una "modalità" -come le chiamo io- della mia mente, un mood non comune, che poche cose sanno suscitarmi, regalarmi: lei, a quanto pare, è una di queste.

    «...! Ha-ha-ha-ha-ha-hah...!»


    Quando finisco di leggere, mi nasce spontanea una risata gorgogliante, sorniona, profondamente divertita, come pochi sanno suscitarmi. Inarco le sopracciglia, tirando indietro la testa e spostando lo sguardo lievemente sopra la sua, fissando il vuoto del locale.

    «Sì, capisco cosa intendi: senza troppe coperture...non si possono nascondere.»


    Si legge meglio ciò che c'è sotto, già. E anche la scelta di quella copertura minima dice davvero tanto, sì: chi è più imbarazzato, chi è più audace, chi ha certe mire, chi ha altri pensieri, chi ha uno stile di vita oppure un altro, e quindi che tipo di personalità e via dicendo.
    Mi riprendo, sogghignando ancora, mentre la osservo accarezzare una delle sue farfalle sul bancone. Delicatamente, dolcemente, gentilmente, amorevolmente, con un tocco che non nuoce minimamente a quella splendida creatura, così piccola e fragile, così graziosa ed ammaliante. E per qualche momento, tra i pensieri inconsci, vorrei essere io quella farfalla... Vorrei che lei toccasse me così, in quella maniera, con quell'amore, quella "tristezza" forse? Quella malinconia, quella delicata dolcezza che vive di un sentimento ben diverso dalla passione focosa che arde tutto ciò che tocca. No: serve gentilezza, per toccare una creatura così fragile. Ed anch'io, in fondo, mi ritengo altamente fragile? Sì, probabilmente sì, ed è per questo che bramo quel tocco, così leggiadro, così accorto, così introvabile da renderlo eccezionale...
    Una sensazione, giusto una sensazione, nulla di più: tutte cose che già so, probabilmente, che ho già ripercorso mille e mille altre volte. Non c'è bisogno ch'io ne sia cosciente adesso: non c'è bisogno ch'io le elabori coscientemente e cognitivamente, perché già le vivo. Semplicemente. Le vedo, le sento, rendermene conto razionalmente è superfluo, specie ora che sono impegnata in altro.

    «È un buon allenamento, senza dubbio.»


    Il mio sguardo è malizioso, la mia testa si inclina permettendomi di guardarla dal basso, da sotto le mie sopracciglia, offrendole un'intesa che riservo a pochi. La mia bocca pure si contrae in una smorfia divertita, con un solo angolo incurvato verso l'alto, le labbra strette come in un qualcosa che non si può dire: sappiamo entrambe che queste cose non si fanno, "Non fissare le persone" ripetono sempre i genitori ai bambini piccoli, eppure invece osservare in maniera acuta e profonda è una capacità che è vitale, e proprio per quest'educazione ben pochi la sviluppano.
    È quindi estremamente stimolante ed affascinante trovare qualcun'altra in grado di farlo, perché denota un potere mentale raro appunto, peculiare.
    Il fatto che me l'abbia confessato poi così, dicendolo apertamente e senza quasi esitazione, mi fa capire che le interesso, che c'è feeling tra noi, che le piaccio abbastanza da concedermi di venire a conoscenza di un qualcosa di così delicato e prezioso, segreto. O così almeno credo, in questo momento, senza riuscire a ragionare in maniera pulita dalle emozioni.

    “Oh, per i Custodi... La sua intelligenza è davvero mozzafiato...!”


    Già. Al di là di tutti i ragionamenti razionali che posso fare al riguardo, la cosa potente e prepotente che c'è in sottofondo e attorno e dentro e sopra e ovunque è proprio ciò che sento. Ed io sento un ardore che mi brucia all'interno quando la guardo, quando la vedo, quando vedo il suo vero io, al di là di quest'involucro di carne che l'avvolge - bellissimo, dio mio, bellissimo! Ma la sua mente, oh, quella è ancora più bella, per quanto sia incredibile questa cosa! Sento, sento la potenza dentro di lei ruggire, nella sua testa, tra le pareti di quella testolina meravigliosa, tra i pensieri che vi albergano, come un motore che non si trattiene se non per ciò che vuole lei, seguendo le sue regole. Mi ruba il libro, lo usa come stratagemma, mi dice che osserva la gente, mi commenta il mio succo alla pera divertita...
    Viva, ecco cos'è. Ecco cosa manca agli altri: loro non sono vivi. Lei sì.
    Lei ha il coraggio di usare le sue armi. Non so ancora quali siano, di preciso, non la conosco affatto, eppure... Si sente, e si vede, palesemente, è lampante, che lei non è come tutti gli altri. Gli altri qui attorno, gli altri che ci circondano, quelli che incontriamo ogni giorno, a lavoro, per strada, nella nostra vita. No: lei risalta, lei ha qualcosa in più, quel quid che ti fa dire "Cavolo, così dovrebbe essere una persona! Non come loro...!", e diamine se lei me lo fa dire...!

     
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    Syonara
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    Lei rise, gioiosa, musicale, meravigliosa, e Pandora sorrise di rimando, accarezzando il contorno del bicchiere con la punta dell'indice come avrebbe voluto fare con la guancia di lei per il resto della vita. Era splendida e splendente in un modo che aveva visto soltanto raramente nella vita, piena di un fuoco inarrestabile e inestinguibile; e come il sole si specchiava nella luna illuminando la notte, anche Pandora viveva di quella luce, e il suo volto riflettè la risata di lei. Posata, pacata, lieve, ma pur sempre una risata, un suono leggero e felice, morbido e tranquillo. La crisalide era un involucro morto e vuoto, una caverna buia e profonda, ma gridando abbastanza forte era ancora possibile ricevere un lontano eco. Lei era così strana, eppure così poco impaurita dal mondo che intorno a lei era grigio e incombente, un singolo quadro variopinto abbandonato in una galleria vuota, e che per questo risaltava ancora di più, impreziosendo anche ciò che, intorno a sè, non lo avrebbe meritato. Indomabile. Indefesso. Instancabile.
    «Sei-»
    Cominciò a scrivere quella frase, pensandoci su, per qualche motivo non davvero pronta a continuare. Non si preoccupò di nascondere l'espressione del suo viso, dato che sapeva che in ogni caso lei non avrebbe avuto difficoltà a capire oltre le maschere di scaglie iridescenti che imitavano gli occhi di un predatore, aiutando la farfalla a proteggersi. Un qualunque animale sarebbe stato imbrogliato, ma ora un'entomologa la stava guardando, e la farfalla non sarebbe riuscita a nascondersi dietro tali patetici trucchetti. O non voleva farlo? Non importava. Ora Pandora non si sarebbe nascosta. Perchè la risposta all'intero discorso di lei non poteva che essere una sola.
    «Sei bellissima»
    Come un bambino che tira il sasso e nasconde la mano, non si soffermò più di tanto sulla cosa, dedicandoci un sorriso aperto e passando oltre. Sapeva anche che non sarebbe stato necessario spiegare cosa intendesse, lei avrebbe capito. Perchè sì, era stupenda; un fiocco di neve, un ricamo di ghiaccio su un ramo, il canto di un passero al mattino, l'arcobaleno generato da un prisma, un dipinto unico al mondo. Perchè era fragile, sì; cosa ci sarebbe voluto a tagliare una tela, spezzare un prisma, sciogliere la neve, schiacciare un passero fino a fracassare le sue ossicine? Ma la sua bellezza stava anche in questo, nella sua capacità di sopravvivere nonostante la sua rarità e unicità attirasse i predatori e i bracconieri. E non avrebbe potuto non dirglielo perchè non poteva non pensarlo, e se non poteva non pensarlo che senso aveva mentire? Magari lei avrebbe riso di ciò che avrebbe scritto o mille altre reazioni negative, ma non importava, era meglio una reazione negativa che l'eterno pentimento di non aver detto nulla. Aveva ancora della difficoltà, perchè quel modo di pensare gliel'aveva insegnato Michael, non era davvero proprio suo, ma con il tempo aveva imparato ad integrarlo all'interno di sè. Chissà se avrebbe funzionato, o se avrebbe dovuto di nuovo attentare ai futuri flirt del compare come vendetta? Hmmm. O forse avrebbe dovuto continuare?
    «Senti...»
    Cominciò così, di scatto, senza aspettare risposta, un semplice anticipo rispetto a ciò che stava per arrivare. Perchè sì, quel posto ormai le stava stretto, e voleva ben altro dalla conversazione. Doveva porla in modo che non sembrasse la solita psicopatica, no, doveva sembrare... Ma no. A che stava pensando? Poteva semplicemente metterla lì come le era venuta in mente inizialmente. Come avrebbe potuto dire di no, una come lei? Impossibile. Improbabile? No. Preferì impossibile. E così lo scrisse.
    «Ti va un'avventura?»
    Appoggiò i troni sul bancone, lasciando intendere che lì era tutto a posto e non serviva fermarsi ulteriormente. Se lei fosse sembrata d'accordo, si sarebbe poi alzata in piedi, porgendole la mano e invitandola a prenderla con un sorrisetto e un occhiolino. Era un'avventura che non avrebbe potuto proporre a nessun altro, ma lei portava promesse e profumo di mare e petali di ciliegio al vento, e Pandora non avrebbe potuto fare diversamente.


    That Melody ♪ ♫

    ∆ Questa è la parte in cui scappano e nessuno le rivedrà mai più. :highfive:

     
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    Spiagge del Fiero Scudo, tarda mattinata



    Sorride, lei, e ride. Sento la sua risata, di nuovo, e facendoci veramente caso ora, mi rendo conto che le sue corde vocali sembrano intatte. Ride, ride basso, ma ride "normale": com'è possibile? Non è sorda, quindi non è muta per quello, non è muta per mancanza di percezione sonora; non ha danni alle corde vocali, almeno apparenti? Forse è questo, dunque? Ha altri danni, che non fanno apparire la sua risata "strana", outlier, fuori dalla norma? O... No, mentendo? Perché mai?
    Beh, potrebbe essere capace di parlare, sì, e scegliere di non farlo per una miriade di motivi: manipolazione, voto del silenzio, mutismo selettivo... Mille cause radicalmente diverse, da quelle psicologiche a quelle psicopatologiche a quelle fisiche, senza appunto escludere sempre il mutismo da difetto anatomico congenito o acquisito davvero. No, Syon, non possiamo saperlo, non ancora: un giorno, magari, le chiederemo, un giorno scopriremo, chissà, ma adesso... Adesso la nostra attenzione è su qualcos'altro, profondamente più importante.
    Lei ride, ride con me, e questo mi scalda e scioglie il cuore in una maniera indicibile, inenarrab-

    Sei-

    «...?»


    D'improvviso, per un momento, dell'acido mi scioglie lo stomaco.
    Oh, sì, conosco molto bene questa sensazione: era molto tempo che non la sentivo. Era molto tempo che non avevo più ansia sociale. Già: solo l'amore è in grado di farmela provare. Solo l'amore è in grado di fare in modo che me ne importi qualcosa davvero, davvero abbastanza, davvero oltre quanto è sicuro e salutare per me stessa.
    "Sei...?" Sei cosa? Sei stupida, sei inadeguata, ridicola, disapprovabile. "Sei out-group per me, non mi piaci". Oh, Custodi, the bane of my existence. La rovina, il tormento, la disgrazia, il flagello della mia esistenza. Amare qualcuno, e non essere ricambiata, essere disprezzata, rifuggita, rigettata, rifiutata, essere giudicata e criticata in maniera negativa, abbandonata. Devastata.

    Sei bellissima


    ...
    Di nuovo quell'acido nello stomaco, ma stavolta è il contraccolpo: stavolta è così troppo bello che non ci credo. Però ci credo. Però non mi fido.
    Però, oh, è così bello, e così coerente. Coerente con tutto! Con tutto ciò accaduto finora, con il suo sorriso, col suo sguardo...
    Sorrido, imbarazzata, abbassando lo sguardo. Bruciando interiormente di piacere e trattenendo le lacrime, mentre il mio sorriso si espande, sicuro e radioso, espirando il mio fiato nasalmente e svuotandomi, ritrovando la quiete, l'equilibrio, in apnea...

    Un istante, un istante di pausa, di ignoto, di "Fill the gap ad libitum", come dico sempre, e... Per un secondo, un solo secondo, il mio cervello, così sbandato ed ubriaco di emozioni, intossicato ed estasiato e vorticante, aveva pensato a ciò che pensa sempre: cose negative, su di me. "Sei X", X=negativo, l'equazione non può essere diversa, la formula è sempre stata questa, no? No, no non è vero, dannazione: ho vissuto così tante X positive che non saprei nemmeno quantificarle. Ma il mio cervello è ormai addestrato, incatenato, a pensare che X è negativa, punto, senza dibattito. Senza contro-argomentazioni razionali, senza che... Senza che la voce della razionalità abbia veramente valore, o peso. Solitamente sì, ma...non in amore, vero? No, non in amore. E posso aver passato tutto questo tempo in maniera fantastica con infiniti segnali unicamente e coerentemente positivi, e invece... Invece non valgono niente, perché la mia amigdala spara sempre più veloce della mia corteccia, e basta un minimo spiraglio, un minimo secondo, una minima mezza frase lasciata in sospeso per un istante, e subito s'affaccia il mostro nero del terrore miope e irrazionale, del non essere adeguata, dell'essere indegna, indegna d'approvazione, d'amore. E come, come? Come potrebbe, lei, così bella, così maestosa, apprezzare me? Come potrei, io, piacerle? Sì, sì, sì: son tremila anni che mi sta dando tutti i feedback positivi del mondo! Ma cosa vuoi che contino mai? Voglio dire, no? Perché mai non dovrebbe sputarmi in faccia proprio in questo momento? Perché non potrebbe completare quel "Sei..." con un giudizio negativo? Cosa glielo impedisce?
    Oh, Syon... Se fossi più lucida, ti renderesti conto che è solo il tuo MOI, il Modello Operativo Interno, interiorizzato, da come ti hanno trattata i tuoi da piccola, e che proiettare il loro comportamento border non funziona, non è efficiente né efficace per comprendere il mondo, per leggere gli schemi e le persone, e quindi che i tuoi border ti hanno tratta così, e solo loro, e chiunque altro non è border, non necessariamente, e quindi non ha senso questa incoerenza che fin da piccola sei stata abituata ad aspettarti.
    Se fossi più lucida, sì, potrei pensare tutto questo. Invece in quel micro-frammento temporale ho solo l'ansia di non piacerle, perché lei mi piace, e maledizione se mi piace!
    E le piaccio anch'io. Sono bellissima, ai suoi occhi. Ed io...
    Io non posso non...
    Non posso non cercare bramosamente i suoi occhi, il suo viso, cercando di non ansimare, dapprima per la paura e lo spavento, poi per la gioia e la sorpresa incontenibili di essere stata smentita anche questa volta, questa volta che è l'unica volta che conta. Le mie labbra incespicano, cercando vanamente la risposta che dovrei dire, ma l'unica cosa che si risolvono di fare è di contraccambiare quel sorriso che, dolce, gentile, magnanima, mi regala lei. I miei occhi, invece, brillano di una luce grata e disperata e salvata che...non saprei descrivere -che sento solamente, troppo intensamente-, ma che un'attenta osservatrice com'è lei non avrebbe avuto difficoltà alcuna a leggere. Forse a capire, perché per quello sarebbero servite lunghe e particolareggiate informazioni sul mio passato, sulla mia storia biografica, per tracciare un profilo anamnestico, ma non per leggere, no.

    Senti...


    Mi blocca, mi precede, mi aiuta: non ho bisogno di rispondere, di trovare la risposta, di capire cosa dire, cosa è giusto. Ho una scusa in più per trattenermi dallo scattare e baciarla, qui, seduta stante, oh, Custodi miei, sì! Ho una scusa, un'altra, per tenere occupato il cervello, qualcosa con cui distrarmi: devo leggere qualcosa, deve dirmi qualcosa, e non so ancora cosa, quindi un poco mi metto a pensare a cosa potrebbe volermi chiedere adesso, un poco rimango semplicemente in attesa, coi pensieri ad un livello basso di attivazione, in sottofondo, per dedicare a lei tutte le mie attenzioni ed energie.

    Ti va un'avventura?


    I miei occhi saettano da quelle lettere ai suoi occhi ai troni sul bancone alle sue mani al suo viso al vuoto del locale che ci circonda ed infine di nuovo al suo viso, nel tentativo di capire e stare dietro a tutto ciò che sta succedendo.
    E la fisso, la fisso, cercando di capire cosa mi stia chiedendo, e che implicazioni abbia un semplice "sì". "Sì", un suono breve, e semplice, con delle conseguenze inimmaginabili.
    "E la borsa con la roba da spiaggia?"
    Sul serio. È questo il mio primo pensiero: "Ma la roba materiale che ho qui con me? Dovrei prima passare in hotel a lasciarla, no? Ma cosa mi porto dietro? Mi serve la mia carta pravuil?" e mille altre boiate incredibili che lasciano sconvolta me per prima.
    Cervello, possiamo pensare seriamente per un attimo, per favore?

    «Sì.»


    Bene. Allora pens-
    No, cazzo! Non era questo che-

    «Sì, molto volentieri.»


    ...
    Dai, Syon. Lo sappiamo entrambe. Altro che cervello e razionalità e borse e chiavi e carte e cagate varie. Dai, su. Andiamo, con lei. Con lei e basta.
    Abbiamo paura, sì. Abbiamo paura di questa sconosciuta: potrebbe fare qualsiasi cosa, potrebbe essere qualsiasi cosa, potrebbe avere qualsiasi intenzione. Abbiamo paura di qualsiasi conseguenza possa accadere, scombussolare la nostra vita. Abbiamo paura, di questi sentimenti così intensi che stiamo provando adesso.
    È una pazzia. Sì. Sì, lo sappiamo. Sì, quindi.
    Perché è tempo di overrideare le nostre paure, tutte queste cazzate: siamo venute in vacanza per staccare da questa paranoia, queste allucinazioni, questa vita di merda che ha caratterizzato il nostro recente passato. Siamo venute in vacanza, e abbiamo trovato una vacanza ancora più grande, dio mio! Lei.
    Lei.
    Questa donna incredibile, bellissima lei davvero -oh, non vedo di dirglielo anch'io! "Sei bellissima anche tu!", sì!-, che mi propone un'avventura, letteralmente. E se è una malintenzionata -cosa che palesemente tutti i segnali indicano, vero?-, ce la caveremo, ce la gestiremo, improvviseremo e sopravviveremo. Giusto? E, se non sopravviveremo, chi se ne frega? Ci va bene così: se moriamo, non sarà più un nostro problema; se moriamo, va bene così, alla mia vita non ci tengo in fondo così tanto, specie in questo periodo. Va bene così, stacco, in un caso o nell'altro.

    Lei, lei però, lei è bellissima, e m'invita ad un'avventura.

    Prendo la sua mano, alzandomi elegantemente scivolando dalla mai seduta in maniera controllata e silenziosa, la mia bibita oramai finita a mia volta. Sorrido, pensando e sentendo che va tutto bene, finalmente, una serenità tanto anelata in vita mia, attraversata da sentimenti caldi e passioni ardenti e respiri profondi e tranquilli, acquietati. Finalmente...

    «Sei bellissima anche tu. Dico davvero.»



    “Affascinante, meravigliosa, stupenda, speciale, fantastica, estasiante...”


    Mille altri aggettivi, sinonimi, m'inondano la testa, ed io la vorrei solo baciare. Baciare adesso, seduta stante, ed invece le sorrido, guardandola con intensità, un poco maliziosa, semplicemente intenta a trattenere il desiderio, immaginandomi di poggiare la mia mano sulla sua guancia, prendendola e tenendola ferma simbolicamente, mentre mi avvicino per far incontrare le nostre labbra con trasporto.
    Immagino, perché non è ancora il momento, no, non il luogo adatto, non l'occasio-... Beh, forse l'occasione sì, sarebbe anche perfetta. Ma voglio essere da sola, con lei, senza niente e nessuno a circondarci: voglio che la mia fantasia abbia ragione della realtà veramente, che la realtà si pieghi, che non sia solo la mia immaginazione a dire che siamo sole circondate da niente e nessuno. Voglio stare da sola con lei veramente.

     
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    Syonara
    ─ Spiaggia, Hubris, tarda mattinata }

    Rispose affermativamente, e per un attimo Pandora si ritrovò da sola con lei, fra le onde e la sabbia di cristallo, sirene cantanti negli abissi che si rincorrevano fra i coralli come fosse il gioco di un bambino, permeato da un'innocenza che non poteva non vedere un eterno Alveo di fronte a lui, per cui la vita era solo canto e amore, eternamente intonsi dalla sofferenza, nessuna nota stonata, un mare immenso in cui l'acqua poteva solo cullare fino al sonno e mai avrebbe affogato, soffocato, ucciso, consumato. Era un sentimento debole, distante, come il canto di un passero, il battito d'ali di una falena, l'eco di un qualcosa che non riusciva davvero a manifestarsi appieno. Eppure era lì, stava nascendo dopo l'arsura della siccità non ancora completamente dimenticata. La terra spaccata non lo sapeva ancora, magari era appena un po' consapevole, ma ai confini della coscienza, fra le ombre di una mente irregimentata che difficilmente se ne sarebbe accorta; fortunatamente, proprio perchè sul confine, era invisibile agli occhi impersonali delle guardie, e stava riuscendo a farsi strada, un po' alla volta, fino alla luce. Ci avrebbe messo molto tempo, ma ora che l'aveva presa per mano forse stava facendo un passo più avanti, e Pandora sorrise di rimando alla sua Plumeria, cogliendola per avvicinarla al cuore e portarla altrove.
    Non si perse a scrivere spiegazioni o risposte, perchè non era quello il momento, non lì, non ora, quando c'erano altri tempi e luoghi che potevano accogliere la danza della farfalla sui petali di quel radioso fiore. Pandora avanzò lungo la spiaggia tenendo per mano Syon, guidandola con calma e sicurezza lungo la battigia. Il posto non era poi così distante, massimo una decina di minuti, e avrebbero potuto iniziare ad intravedere un punto in cui la scogliera sporgeva, ponendo fine alla spiaggia almeno per un tratto per andare a rincongiungersi alle onde. Nuotare lì era complicato, e deterreva i più, ma Pandora sapeva che dove le cose si facevano complesse spesso si nascondevano i migliori segreti. Si avvicinò alla scogliera, fermandosi lì accanto e voltandosi verso Syon, lasciandole intendere che fossero arrivati.
    «Mettiti qui, per favore. Chiudi gli occhi un secondo»
    La guidò sulla propria ombra, consegnandole il proprio quaderno che non era il caso che si bagnasse, e poi le carezzò il viso, passandole le dita sulle palpebre e invitandola a seguire ciò che aveva detto poco prima. Sarebbe bastato un attimo, in cui Pandora avrebbe approfittato per concentrarsi intensamente, individuando un'ombra particolare; avrebbe poi usato la propria ombra per trasportare Syon, facendola emergere dall'altra su un letto di sabbia soffice che però stava altrove. Finalmente soddisfatta, la Crisalide si tuffò in mare, vispa e noncurante degli abiti addosso, nuotando fra gli scogli per una strada pericolosa ma conosciuta, di cui conosceva ogni insidia e ogni sicurezza. Riemerse di fronte ad una grotta, scavata nella scogliera dalla carezza eterna dell'acqua, che aveva levigato la roccia fino ad aprire quell'anfratto. Uno spesso strato di sabbia copriva la roccia sottostante, ma era evidente che quel luogo fosse poco frequentato: conchiglie di infiniti colori punteggiavano la sabbia, e la luce si rifletteva sull'acqua bassa vicino alla sabbia, proiettando onde e colori sul soffitto della grotta. La Sievar inspirò ed espirò profondamente, avvicinandosi a Syon che aveva posato poco accanto al bagnasciuga, toccandole il viso perchè riaprisse gli occhi, se non lo aveva già fatto.
    «Siamo arrivati. Il mio posticino segreto quando passo a Hubris»
    Scrisse rapida sul quaderno, per spiegare dove l'avesse portata, per non spaventarla del cambio di luogo. Ovviamente sarebbe rimasta perplessa, ma le domande potevano arrivare dopo.
    «Con l'alta marea questo posto nemmeno si vede. Credo molti non sappiano che esiste»
    Concluse così, stringendosi nelle spalle con un mezzo sorriso, scostandosi dal viso i capelli ancora gocciolanti di acqua di mare. Era fradicia, ma in quel momento non le importava. La sua attenzione era tutta per la sua Plumeria, la cui bellezza faceva impallidire qualsiasi arcobaleno riflesso, qualsiasi madreperla.


    That Melody ♪ ♫

    :fiore:

     
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    Spiagge del Fiero Scudo, tarda mattinata




    «Oh, e grazie per...il drink...»


    Aggiungo rapida ed effimera a quel silenzio fatto di sguardi e sorrisi, riempito da queste cose, senza necessitare di altro, nient'altro, di parole né dette né scritte... Il mio è un sussurro timido che viene spazzato via dalla sua mano, il calore di essa, la delicatezza: ecco cosa serve, ecco cosa riempie tutto, oltre al suo volto meraviglioso.
    Ed il suo trasportarmi tra le sabbie di questa spiaggia, mano nella mano, guidandomi, ed io fidandomi, fidandomi quasi ciecamente, col cuore che mi batte in gola e non so se è più per la paura dell'ignoto e del potenziale pericolo, oppure per la paura dell'ignoto e della potenziale grande bellezza eterna ed estatica di quest'illusione d'amore da favola, che avrà più realtà di quanta io possa mai immaginare in questi momenti, su questi passi. Danziamo sui piedi della follia, ed il naufragar m'è dolce in questo mare...

    E mi porta fino alla fine della spiaggia, dove la scogliera prende il posto della sabbia creando un muro naturale. E ci fermiamo, si volta, mi guarda, ed io non capisco niente, ma mi fido. Mi fido di lei, restando un po' guardinga, ma cosa mai può volermi fare? Uccidermi? Tutto questo irretirmi per poi farmi fuori? O rapinarmi? O chissà cosa.

    Oppure no.

    Mettiti qui, per favore. Chiudi gli occhi un secondo


    Mi scrive, e mi chiede. Chiudere gli occhi, addirittura? Rendermi così vulnerabile? Mi posiziona in un posto preciso, e non capisco cos'abbia di speciale quella porzione di spazio.
    E poi mi dà il suo quaderno.
    Chiaramente un rituale degno di un serial killer, certamente.
    E poi mi accarezza il viso, scorrendo delicatamente sulle mie palpebre. Ed io...
    Io la lascio fare. Ho il cuore in gola, gli occhi chiusi, ed un sorriso completamente ebete sulle labbra.
    Potrebbe farmi di tutto, ora. Le sto dando perfino il permesso di farmelo.
    Sono pazza, sono folle, ho proprio perso il lume della ragione in questo periodo: non avrei mai permesso a nessuno di starmi davanti mentre chiudo gli occhi. Non avrei mai permesso a nessuno di chiudermeli, senza ch'io rispondessi a tono con un "Ma eh?!!", come si permette un estraneo di venirmi a dire di rendermi vulnerabile per lui? Ma siam pazzi?
    Sì, siam pazzi, ormai è così. E quindi, così, chiudo gli occhi, seguendo le sue dita, e li tengo chiusi, col cuore in gola, sorridendo, arrossendo e sciogliendomi e diventando euforica -placidamente, sia chiaro, interiormente ecco- per quel tocco così leggiadro e dolce.

    Ed è un attimo, un istante, un singolo sussulto, un senso lieve e fugace di nausea, e... Un cambio. Un cambio di luce, ora più bassa, posso vederlo attraverso le palpebre chiuse, ora colorate di un giallo meno giallo, più scuro, che vira più sul magenta... Cos'è successo? Una nuvola davanti al sole? No, troppo rapida, e persistente, ed omogenea nella sua ombrosità... No, qualcos'altro, e sta sfuggendo al mio controllo, alla mia conoscenza, al mio sapere, al mio tenere d'occhio l'ambiente circostante. Ed ho la fortissima tentazione, il desiderio, quasi la necessità di aprire gli occhi, il bisogno, l'urgenza... Eppure non lo faccio. Perché lei mi ha detto di tenere gli occhi chiusi, ed io voglio fidarmi.
    Voglio fidarmi. È una prova di fiducia. Una prova verso me stessa: voglio dimostrarmi di sapermi fidare degli altri. Pochi, selezionati, ma... Voglio sfidarmi e battermi, farmi vedere che posso fidarmi, che non succede niente, niente di negativo, e che quindi devo smetterla di essere paranoica e malfidente, di pensare sempre male degli altri, tratto che sta peggiorando davvero troppo in questo periodo. Voglio dimostrarmi che posso fidarmi, di lei e del mondo in generale.
    E se proprio va male, pazienza. Succede. Al massimo avevo ragione. E sarà devastante, ma sarà anche uno scenario che delegheremo a quello scenario, appunto, qualora si volesse presentare.

    E quindi resto con gli occhi chiusi, finché non è lei a farmeli riaprire, con un'altra carezza amorevole sul viso. Ed il mio risveglio è...
    Oh, per i Custodi...
    È...
    Indescrivibile.
    Spalanco gli occhi, rimango a bocca aperta, le mie labbra provano un paio di volte a formare parole, ma non sanno neanche loro quali pronunciare, e così rimango muta anch'io, di fronte a quello spettacolo di luci e colori troppo variopinti, troppo cangianti, troppo iridescenti perché io possa veramente reagire.

    Siamo arrivati. Il mio posticino segreto quando passo a Hubris


    Mi scrive lei, rapida, uccidendomi dentro ancora di più.

    Con l'alta marea questo posto nemmeno si vede. Credo molti non sappiano che esiste


    Ed io sono sempre più incredula, e guardo le sue scritte, e guardo lei, e guardo il posto multicolore e così toccante e...
    E...
    Io non riesco più a trattenermi. Scoppio a piangere, sommessa e calda e sorridente e contenta e overwhelmed, sopraffatta, inondata e travolta e sovrastata e...
    E la guardo, e scuoto la testa e le stringo le mani e le porto al mio petto e...

    «È bellissimo...! Grazie...! Grazie per averlo condiviso con me...»


    Commossa, sussurro ogni parola espirando tutto l'amore e la gratitudine che mi sta facendo provare in questo momento, sentendomi in colpa al contempo per aver pensato male, perché una parte di me è stata paranoica come sempre, e provando il forte desiderio di scusarmi con lei per questo, ma riuscendo per fortuna a bloccarmi e rendendomi conto che è solo un teatrino all'interno della mia stessa mente, che lei non sa niente di tutti i miei pensieri, e che sarebbe ancora più strano se esplicitassi tutto. Almeno credo. Almeno ora. Non è questo il momento, in caso, no, no: adesso c'è solo lei, e questo spettacolo di bellezza naturale che ci avvolge, e che...che io... Io non so davvero...

    Non riesco a trattenere né fermare le lacrime davvero, commossa da tutto: dalla meraviglia che invade i miei occhi, dalla gratitudine che invade il mio cervello, da questi sentimenti così improvvisi ed intensi che mi stanno nascendo per lei...
    Come posso amare una sconosciuta? Come posso starmi innamorando così tanto...?
    ...Come può una sconosciuta comportarsi così con me, però? Come fa ad esserci quest'attrazione di fondo così incredibile che neanche a farla artificialmente uscirebbe così bene? Come può lei essere così maestosa...?

    «Sei meravigliosa, Pandora...»


    Le dico fissandola intensamente negli occhi, persa, persa per sempre, cercando vanamente di riprendermi, di ritrovarmi, di inspirare e di trattenere almeno il fiato per cercare di calmarmi, per poi espirare e rimanere in apnea come sono abituata a fare quando cerco di riacquistare il controllo di me stessa...
    Oh, il mio cuore, come batte forte ancora...! No, qui ormai non c'è più niente da fare... Vorrei vivere qui per sempre, e in questo momento per sempre, e con lei per sempre, sì, per sempre...

    “Per sempre...”


    E non so davvero cosa dirle, mi ha lasciata così senza parole, ed il mio sguardo è molto eloquente al riguardo: nemmeno lui sa che pesci pigliare, e di nuovo fa la spola tra lei e le conchiglie ed i riflessi e lei di nuovo, e via così, in loop, stavolta però con più calma, con più serenità, con più quiete e pace interiore. E la guardo, la guardo, la guardo: è lei la conchiglia più bella e preziosa qua dentro...


     
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14 replies since 23/1/2023, 00:09   261 views
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