Shaggamàdhr

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    In the Arms of Fear

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    Dai bassifondi più oscuri e distorti della psiche umana

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    Lo Shaggamàdhr è l'occhio degli spiriti.
    Non fa parte del corpo fisico, ma del corpo sottile, il secondo corpo, quello interiore.
    E quando si apre per la prima volta, il buio sparisce, e c'è solo luce, una luce senza sorgente.


    separatore

    CAPITOLO I - A TALE OF SAND

    No man loves the desert.
    We love water and green trees,
    there is nothing in the desert.
    No man needs nothing.


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    Sabbia… nient’altro che sabbia fino all’orizzonte nascosto dietro le dune.

    Sabbia… nient’altro che sabbia e deserto, ovunque Daniel volgesse lo sguardo. Anche se aveva ormai smesso da ore di cercare qualcosa con lo sguardo in quel nulla torrido. Erano infatti minuti interi che camminava senza sosta nel deserto che separava Desire da Indulgence, e dopo tutto quel tempo ormai era certo che le dune fossero tutte uguali. Tuttavia, quelli erano occhi che guardavano ormai a stento, vedendo soltanto ciò che si parava davanti a loro, seguendo il capo che oscillava troppo provato da fatica e stanchezza. Cosa percepibile anche dal suo respiro, che ansimava stanco dalle sue labbra secche e appena schiuse. Normalmente, Daniel avrebbe maledetto a pieni polmoni quell’inenarrabile coglione – così, infatti, l’aveva definito – della sua guida che doveva condurlo a destinazione, e che invece lo aveva tuttavia portato a schiantarsi con la sua jeep in una buca nascosta nella sabbia. Lo sventurato era morto sul colpo, costringendo il povero Norn a strisciare fuori dal mezzo ribaltato per finire tra le braccia del nulla più assoluto.

    Ma dopo un lungo camminare nel deserto, adesso era lì, con gola troppo secca per pronunciare alcunché, fastidiosa quasi quanto la sabbia dentro i suoi stivali, nei suoi pantaloni e tra le bende sulle sue braccia. Sabbia che dietro di lui il vento sollevava, cancellando alla svelta le sue tracce.

    «Maledizione… darei di tutto per qualcosa da bere…»

    Solo un pazzo avrebbe affrontato il grande deserto senza viveri e con poca acqua, ma non Daniel, fermamente deciso, anche dopo tutte le avversità, a raggiungere Indulgence come programmato. Purtroppo, la sua natura di Norn poco poteva fare contro l’arsura e le condizioni proibitive di quel posto, ma non era sua intenzione arrendersi. Ci sarebbe riuscito, e non gli importava quanto sarebbe costato.

    Passarono svariati minuti prima che Daniel potesse sentire qualcosa oltre al soffiare del vento e al muoversi della sabbia. Un rombo, che avanzava velocemente verso di lui diventando più forte ma mano che il tempo passava. Una piccola sagoma si muoveva all’orizzonte, e nonostante l’aria calda del deserto ondeggiasse di fronte a lui questa non svaniva, prendendo una forma sempre più definita.

    Una jeep, che si stava avvicinando a grande velocità, lasciando dietro di sé una fitta nube di polvere. Appena il mezzo arrivò vicino a Daniel, questo sterzò bruscamente, investendolo con una vera e propria onda di sabbia. Ciò non gli permise di vedere chiaramente cosa successe in seguito, comprese le tre persone che scesero dalla jeep per dirigersi nella sua direzione. Tre uomini bardati e incappucciati, vestiti con una specie di armatura, molto probabilmente dei dispositivi da loro utilizzati per sopravvivere al clima arido del deserto dell’Alto.

    Nonostante li sentisse parlare, Daniel non riuscì a capire la loro lingua; l’unica cosa che avvertì fu il calcio nella schiena di uno dei tre, abbastanza forte da farlo cadere a terra, con il viso riverso nella sabbia. Lo stesso uomo fu subito su di lui, afferrandogli i polsi e legandoli strettamente con una spessa e ruvida corda. Un trattamento che gli fece capire che quelli non erano affatto dei buoni samaritani pronti a soccorrerlo, ma alcuni dei tanti predoni che scorrazzavano in lungo e in largo per quelle dune. Forse si sarebbero limitati a rapinarlo, per poi lasciarlo a morire in qualche buca nel deserto, o venderlo a qualche mercante di schiavi. In ogni caso, se avesse permesso di fare loro quello che volevano la sua sorte non sarebbe stata di certo piacevole.

    Con le forze letteralmente al minimo e con il viso ancora riverso nella sabbia, Daniel poté fare letteralmente un’unica cosa. Pur con le mani legate, riuscì comunque a schioccare le dita; gli altri due predoni guardarono attoniti una piccola ombra comparire in mezzo a loro, attirando l’attenzione del terzo, il quale alzò lo sguardo. Quell’ombra prese le fattezze di un piccolo angioletto stilizzato, che si guardò intorno fino a notare il proprio evocatore a terra con le mani legate dietro la schiena.

    «Padron Daniel…» Piagnucolò l’esserino, tremando leggermente. «Padron Daniel…!!»

    Ripeté prima di rilasciare nell’aria un forte urlo. Un urlo acuto, stridulo e disumano, che traforò i timpani dei tre predoni, costringendoli a coprirsi le orecchie con le mani. Daniel sfruttò questa distrazione per far scattare la lama nascosta tra le bende sulle sue braccia, riuscendo a reciderle e in tal modo a liberarsi. Mosso dall’adrenalina, Daniel scattò subito in piedi, tagliando la gola al primo predone con la sua lama, per poi puntare il braccio teso contro uno degli altri due, ancora storditi.

    «Mark!»

    A Daniel bastò chiudere la mano per evocare una gigantesca testa canina coperta di svariati occhi, che si chiuse sul predone in questione tranciandolo in due. L’ultimo predone rimase terrorizzato vedendo i suoi vestiti macchiarsi del sangue del suo compagno, la cui parte inferiore del suo corpo cadeva a terra senza vita.

    «Allora… come la mettiamo?»

    Fece Daniel, aprendo le braccia in segno di sfida. L’ultimo predone, per tutta risposta estrasse la pistola, sparando per ben due volte, i cui proiettili però si infransero contro lo strato di mana nero che Daniel evocò a protezione del suo corpo. Spazientito, il Norn evocò per tutta risposta un enorme essere da teschio animale, al quale bastò solo il movimento di un braccio per ridurre lo sventurato ad una semplice macchia sanguinolenta sulla sabbia.

    Daniel si ripulì quindi il viso e i vestiti dalla sabbia, cercando poi tra i resti dei tre predoni tutto ciò che gli potesse servire. Tutto macchiato del loro sangue, ovviamente, ma senza dubbio era meglio che rimanere bloccato lì. Appena fu il momento, infatti, il Norn si rifugiò dentro la jeep che i tre avevano usato per arrivare, tirando poi un sospiro di sollievo.

    «Così imparo a prendere viaggi economici.» rise, bevendo poi un sorso di una delle borracce che i predoni avevano generosamente lasciato all’interno del mezzo. L’acqua che gli scese lungo la gola bastò a fargli tirare un sospiro di sollievo, mentre numerosi pensieri passarono nella sua mente. Non si sarebbe mai aspettato di vivere un’avventura del genere, e pensò che senza ciò che Aleister gli aveva insegnato e la parola con cui Zander lo aveva letteralmente maledetto, forse non sarebbe sopravvissuto.

    YFEvHMb
    annotazioni
    Primo capitolo della scena postato come conseguenza del "Tiro per l'uscita dalle mura", come spostamento da Desire a Indulgence a seguito della role "Profumo di Morte".
     
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    CAPITOLO II - THE MAN WHO WALKS THE GRAVES

    You're saying I shouldn't be in a graveyard in the middle of the night, right?
    In fact, it's the safest place in the world to stay.
    That's because they're all dead.


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    L’arrivo in città, al contrario di quanto pensava, fu meno turbolento del previsto. Le guardie preposte alla sorveglianza del ponte d’ingresso capirono subito la situazione in cui Daniel si era trovato, permettendogli l’accesso alla città. Come ricordava, i prezzi degli appartamenti della città in superficie erano notevolmente inferiori rispetto a quelli dell’insediamento sotterraneo, dato che, di solito, la maggior parte degli abitanti abitava nel sistema di caverne sotterraneo. Passò circa un giorno, e, dopo essersi lavato, riposato e rifocillato, al giovane bastò esibire la sua carta Pravuil per riuscire ad entrare nella città vera e propria.

    Le strade sotterranee si snodavano come serpenti in una vera e propria rete di vie, piazze e vicoli sotterranei riccamente illuminate dalle luci artificiali, in cui lui, fortunatamente, non aveva perso ancora l’orientamento. Mentre camminava, qualcosa urtò il suo piede, una palla, lanciata per sbaglio nella sua direzione da tre bambini poco distanti, che Daniel prese dopo essersi inchinato. Vedendo quei ragazzini giocare in quel modo, gli tornò in mente il suo passato; quanto avrebbe voluto giocare in quel modo anche lui, in modo così felice e vivace, ma quello era il passato e lui aveva tutt’altro obiettivo. I bambini si avvicinarono mentre lui, sorridendo per la prima volta dopo tempo, gliela restituì, continuando a camminare.

    Il cimitero di Indulgence, la sua meta, era un posto che in pochi in città erano disposti a frequentare. Una serie di stanze e cunicoli, tutti con delle urne ordinatamente disposti in nicchie scavati nella roccia. Per far si che lo spazio comune venisse usato nel modo più ottimale possibile, tutti i morti venivano sottoposti a cremazione; chi lo volesse, poteva portare con sé l’urna del defunto nella propria abitazione, altrimenti queste rimanevano nel cimitero cittadino, a disposizione di chiunque volesse far visita ai propri cari. L’unico ad occuparsene a tempo pieno era Aleister, il becchino di Indulgence, una vecchia conoscenza del giovane Norn. Dopo averlo cercato in lungo e in largo, Daniel lo trovò seduto su una panchina, intento a sorseggiare un insipido caffè.

    «Mi chiedevo quando ti saresti fatto vivo.» disse il becchino, alzando leggermente lo sguardo. Daniel, in un primo momento, non disse niente, limitandosi unicamente a tirar fuori da una delle tasche dei suoi pantaloni la metà della Radice di Morte che si era conteso con Eirene, per poi lanciarla verso di lui. Aleister la prese al volo, annusandola leggermente prima di abbozzare un lieve sorriso.

    «Il pagamento è equo.» fece, riponendo a sua volta la radice in una delle tasche interne del soprabito.

    «Tuttavia ti rifarò la stessa domanda che ti feci in passato.» Aleister indicò un punto davanti a lui, una fioriera con dentro numerosi fiori piantati da lui o da qualcun altro passato da quelle parti, per poi fare un cenno a Daniel affinché voltasse lo sguardo verso quella medesima direzione.

    «Che cosa vedi?»

    Daniel guardò attentamente nella direzione indicatagli, scorgendo accanto alla fioriera un piccolo Huid intento ad addentare una delle foglie che sporgevano oltre il bordo della stessa.

    «Intendi l’Huid che sta masticando quella foglia?» chiese quindi il giovane, alla quale Aleister sorrise, pronunciando un sommesso «Bene» subito dopo.

    «Credo proprio che dobbiamo parlare.» disse quindi Daniel, mentre Aleister annuiva.

    «Lo credo anche io. Siediti.»

    Aleister invitò Daniel a sedersi accanto a lui, cosa che il Norn fece di buon grado.

    «Allora hai sentito una delle frasi proibite, eh? Non ti chiederò quale sia, dimmi solo: come l’hai sentita?» cominciò quindi Aleister, sorseggiando un sorso del suo caffè.

    «Da un Thanat. Che non vorresti conoscere, credimi. Uno scoppiato di prima categoria.» rispose Daniel, riferendosi ovviamente a Zander. «Che… tuttavia, ora come ora mi sento di ringraziare. È come se… mi avesse aiutato a vedere come stanno realmente le cose.»

    «Vedila così. È come se ognuno di noi avesse due tipi di occhi: l’occhio fisico e l’occhio interiore. Solo l’occhio interiore ti permette di guardare la realtà per quello che è veramente, permettendoti di vedere cose che coloro che guardano solo con l’occhio fisico non potranno vedere mai.»

    Aleister prese un altro sorso di caffè.

    «Le frasi proibite sono come messaggi subliminali con un messaggio nascosto all’interno. Queste permettono di socchiudere l’occhio interiore, quanto basta per vedere ciò che per natura non lo è.»

    Daniel sospirò di fronte a quella affermazione.

    «Capisco. Quindi è come se avessi ottenuto una nuova consapevolezza, in un certo senso.» gli rispose, alzando leggermente lo sguardo. Cominciava a capire di cosa Aleister stesse parlando, ma la maggior parte di tutta quella faccenda rimaneva per lui incredibilmente oscura.

    «Ma non ha senso. Riesco a vedere gli Huid, ma hai detto che il mio occhio è “socchiuso”. Non mi dire che...»

    Sapendo perfettamente dove il Norn volesse andare a parare, Aleister rise.

    «Hai capito bene! Vedere gli Huid è solo l’inizio. E quando il tuo occhio interiore sarà completamente aperto…» Aleister terminò il caffè in un lungo sorso, per poi alzarsi e tendere una mano davanti a lui, schioccandone le dita.

    «Potrai fare ben altre cose!»

    YFEvHMb


    Edited by D e m e n s - 16/1/2023, 12:20
     
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